Il 150° anniversario della nascita di Gabriele D’Annunzio

Quest’anno (oramai prossimo alla fine) ricorre il 150° anniversario della nascita di Gabriele D’Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863) uno dei maggiori esponenti del decadentismo europeo. Soprannominato Il Vate, fu un esponente di spicco della letteratura italiana del Novecento, è altresì noto per le sue imprese militari, nonché per le sue “movimentate” storie d’amore.

Gabriele D’annunzio (1863-1938) principe di Montenevoso, (titolo aristocratico conferitogli dal Re d’Italia Vittorio Emanuele III, con Regio Decreto del 15 marzo 1924, su suggerimento del primo Ministro cav. Benito Mussolini) fu uno scrittore, giornalista, poeta e ancora, politico e drammaturgo. Le opere d’annunziane composte da svariati generi: novelle, romanzi, prose rievocative e d’arte, opere teatrali, poemi, liriche, s’ispireranno di volta in volta a modelli diversi.  D’Annunzio, iniziò la sua carriera di scrittore sin da ragazzo, con una raccolta di versi dal titolo “Primo vere”, volume pubblicato nel 1879. Il suo soggiorno a Roma durato dieci anni (1881-1891) gli permise di entrare in contatto con l’ambiente letterario e giornalistico della Capitale, e sempre nell’Urbe avverrà la sua “conversione” al Decadentismo. Il pescarese collaborò a Roma con la rivista letteraria e satirica Capitan Fracassa con lo pseudonimo di Mario de’ Fiori. I sui articoli furono pubblicati sulle principali riviste del tempo: il periodico a carattere letterario, la “Cronaca Bizantina”, il quotidiano, la Tribuna e il settimanale politico e letterario il “Fanfulla della Domenica”. La lunga permanenza nella città capitolina permise a D’Annunzio di partecipare alla vita mondana, in un alternarsi di avventure amorose, duelli, grandi passioni e infedeltà. In realtà la relazione con la giovane duchessa Maria Hardouin dei duchi di Gallese (dopo una fuga clamorosa in treno dei due amanti verso Firenze), si concluse con il matrimonio riparatore, avvenuto nel 1883. Otto anni dopo, il “Vate”, incalzato dai creditori, si trasferì a Napoli. Già da tempo il suo matrimonio era in crisi, e nella sua vita era subentrata un’altra donna, un amore adulterino con l’affascinante giornalista Olga Ossani. Nella città partenopea vi rimase due anni e lì ebbe modo di comporre il romanzo “L’innocente”. Inoltre, sempre a Napoli, collaborò con le testate giornalistiche locali, in particolare al Corriere di Napoli e al Mattino. La grande passione per le donne, lo portò a intrecciare nuovi rapporti sentimentali.

Gabriele D’Annunzio mentre legge nel suo studio alla Capponcina. Archivio Fondazione Vittoriale degli Italiani, da Wikipedia

 

Il clima intellettuale napoletano gli fu propizio, per avvicinarsi alla musica di Richard Wagner, e conoscere attraverso le sue opere, il concetto wagneriano del Superuomo. Al di là della conoscenza operistica del grande musicista tedesco (di cui ricorre quest’anno il bicentenario della nascita) la diffusione della filosofia nietzschiana, in particolar modo il tema dell’oltreuomo, spingerà D’Annunzio a studiare il pensiero di Friedrich Nietzsche, ma solo negli aspetti più superficiali. In realtà la figura del Superuomo introdotta dal filosofo tedesco Nietzsche, ebbe grande favore nella cultura decadentista europea. D’annunzio, affronterà sovente questo tema, sia nei suoi romanzi sia nelle sue opere teatrali. Egli lo identificherà come un personaggio alquanto convenzionale che disdegna la folla anonima, e che sogna le grandezze del glorioso passato, tanto da spingerlo verso un avvenire di grandezza. Intanto a causa delle difficoltà economiche, D’Annunzio dovette lasciare anche Napoli, e nel 1893 si trasferirà in Abruzzo. Due anni dopo è in stampa il romanzo “La vergine delle rocce” dove esordisce con la sua teoria personale del Superuomo. Nello stesso anno, intraprese la relazione con l’attrice teatrale Eleonora Duse, quest’ultima lo incoraggerà a lavorare per il teatro. Da questo momento D’Annunzio intraprese un’intensa produzione teatrale. Le opere principali in questo campo furono: “Francesca da Rimini”, “La figlia di Jorio”, “La fiaccola sotto il moggio”, “La nave”. L’influenza di Nietzsche nelle opere dannunziane sarà palpabile nei romanzi “Le vergini delle rocce”, “Il fuoco” e nel “Forse che sì forse che no”. Nel 1897 D’Annunzio sperimenterà la carriera politica. Sarà eletto alla Camera dei Deputati nel Collegio di Ortona a Mare, schierandosi a Destra. Successivamente, a causa delle misure repressive del governo Pelloux, occupò il posto a Sinistra. A fine legislatura non sarà più eletto. Nel 1898 D’Annunzio si trasferì a Settignano nei pressi di Firenze dimorando nella lussuosa Villa de La Capponcina. Per sottrarsi ai creditori dovette abbandonare la splendida Villa nel 1910 e riparò in Francia. Dimorò fra Parigi e Arcachon, e in quest’ultima località, in uno chalet, vi soggiornò con la sua nuova amante, la contessa Natalia de Golubeff.

Enrico Marchiani, Ritratto di Gabriele d’Annunzio in uniforme da Ardito. Dipinto esposto al Museo D’Annunzio Eroe del Vittoriale da Wikipedia

 

Nel maggio del 1915 rientra in Italia per sostenere la campagna interventista, partecipando al conflitto come volontario in azioni audaci: “La beffa di Buccari” e “Il volo su Vienna”. Quattro anni dopo, in spregio al trattato di pace, a capo di un gruppo di legionari, D’Annunzio marcia su Fiume, istituendovi un governo militare provvisorio, la “reggenza del Carnaro”.

 

Il volantino lanciato su Vienna da Wikipedia

 

Dopo il Trattato di Rapallo che proclamava Fiume città libera, il Vate si ritirò dalla politica attiva, rifugiandosi a Villa Cargnacco (una contrada di Gardone Riviera) con la sua ultima compagna, l’affascinante e passionale pianista, Luisa Baccara. Le opere dannunziane degli ultimi anni, si riveleranno permeate da un tono più raccolto e intimo, quasi melanconico: “Contemplazione della morte”, “Leda senza cigno”, “Notturno” e “Il libro segreto”. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse sulle colline di Gardone Riviera, all’interno del suo Vittoriale che fu dichiarato monumento nazionale nel 1925. Il vate morì il 1° marzo del 1938 compianto dai fedelissimi.

 

Il Mattino Illustrato 7-14 marzo 1938 – Anno XVI

 

A conclusione dell’articolo, mi piace riportare uno stralcio della lettera che Gabriele D’Annunzio indirizzò al suo grande amore, la giornalista Elvira Natalia Fraternali. “Non so che darei per averti qui tra le mie braccia… Fuori il sole abbaglia; si sente il rumore del mare; in un vaso i gigli mandano un profumo acutissimo spirando; le cortine dei balconi  ondeggiano come vele in un naviglio. Io ti chiamo, ti chiamo, ti chiamo”.

Foto di copertina: Gabriele d’Annunzio, da Wikipedia

Giuseppe Longo

giuseppelongoredazione@gmail.com

@longoredazione

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