Montecassino nel 70° anniversario della distruzione dell’abbazia (15 febbraio 1944-15 febbraio 2014)

Il 18 maggio 1944, dopo estenuanti attacchi, la bandiera polacca del 12° Reggimento dei lancieri Podolski, sventolava sulle rovine dell’antica abbazia di Montecassino. Terminava così una delle battaglie più aspre e sanguinose della Seconda Guerra Mondiale e apriva agli Alleati una breccia nella Linea Gustav.

La battaglia di Montecassino (ovvero le quattro battaglie che furono combattute nell’ambito della Campagna d’Italia: 24 gennaio – 11 febbraio 1943, 15-18 febbraio 1943, 15-25 marzo 1943, 11-18 maggio 1943) fu intrapresa dagli Alleati, subito dopo l’Operazione Shingle, nell’intento di aprire un varco lungo la Linea Gustav e raggiungere Roma. Indubbiamente, questa Linea fortificata, costituì uno dei baluardi più difficili da espugnare. La Linea Gustav era situata sui fiumi Garigliano e Rapido, e con il suo determinante rilievo, Montecassino che diventerà l’epicentro della battaglia, ne fece chiaramente una posizione chiave, un vero e proprio occhio vigile sulla valle. Quest’altura (520 m.) facilitò le truppe tedesche a controllare due importanti percorsi per l’accesso alla Capitale: la Valle del Liri e il tratto costiero tirrenico. La linea difensiva Gustav comprendeva un nutrito sbarramento, composto di recinzioni di filo spinato, campi minati, fortini scavati nella roccia, posti di osservazione e bunker muniti di mitragliatrici o cannoni. In questa possente barriera impenetrabile, su un rilievo a dominio della vallata, era posta l’antica Abbazia benedettina di Montecassino, fondata nel 529 da San Benedetto da Norcia. Il cenobio distante poche centinaia di metri dagli avamposti tedeschi, era cinto da una zona neutrale avente un raggio di trecento metri. Il perimetro fu fatto tracciare dal Generale Albert Kesselring su richiesta della Santa Sede. Ovviamente questa “zona franca” non poteva essere oltrepassata da nessun militare. Inoltre, in previsione che l’abazia potesse subire dei danni, i tedeschi misero in sicurezza (trasportandoli a Roma in casse anonime con i propri automezzi), le più importanti opere d’arte conservate nel cenobio: libri, pergamene, documenti d’archivio, dipinti, raccolte di monete e il tesoro di San Gennaro. Come per gli edifici chiesastici e i monumenti di notevole interesse artistico italiani anche Montecassino ebbe l’immunità degli attacchi militari (3) purtroppo, in seguito, quest’accordo non resse. Il primo assalto a Montecassino avvenne due giorni dopo lo sbarco ad Anzio (1) per opera del II Corpo d’Armata statunitense e del Corpo di spedizione Francese. L’offensiva Alleata in questa prima fase si dimostrò un vero disastro, a contrastarli fu il XIV Corpo corazzato tedesco al comando del Generale Frido von Senger und Etterlin, ossia il responsabile della linea difensiva “Gustav”. Dopo quest’azione, l’avanzata degli Alleati si era arrestata. In conseguenza di ciò, il Generale Harold Alexander (comandante di tutte le forze alleate presenti in Italia) per sbloccare l’impasse createsi, decise di impiegare nella seconda offensiva sia le truppe indiane del Generale Francis Tuker che quelle neozelandesi del Generale Bernard Freyberg. Fu proprio quest’ultimo a chiedere un attacco aereo sull’Abbazia di Montecassino (sebbene altri autorevoli storici siano propensi nell’attribuire al Generale Tuker la richiesta per il bombardamento) nella convinzione che all’interno dell’edificio vi fosse un osservatorio tedesco, ma non fu così (2). Il 15 febbraio del 1944 bombardieri pesanti B17, Mitchell B25, e Marauder B26, al comando del maggiore Bradford Evans, in diverse ondate sganciarono tonnellate di bombe riducendo in un mucchio di macerie l’abbazia. Il bombardamento aereo si dimostrò utile soltanto ai tedeschi che trasformarono quei cumuli di macerie in una vera e propria roccaforte. Dopo il bombardamento, le divisioni neozelandesi e indiane tornarono nuovamente all’attacco ma furono nuovamente respinti dai paracadutisti tedeschi annidati tra le macerie. Un nuovo tentativo per far capitolare Montecassino fu quello di bombardare dal cielo la città di Cassino che rappresentava il fulcro della Linea Gustav. Al lancio delle bombe seguì un nutrito fuoco di artiglieria e infine l’attacco delle truppe. Gli scontri che si susseguirono furono i più cruenti delle complessive quattro battaglie. Invano fu il tentativo degli Alleati di spingersi all’assalto con i carri armati, questi ultimi furono bloccati dalla grande quantità di detriti disseminati e anche dai crateri provocati dai loro bombardamenti. Pertanto, anche il terzo attacco falliva, gli Alleati avevano subito gravissime perdite. A questo punto Alexander decise di preparare l’Operazione Diadem, nota anche come la Quarta battaglia di Montecassino. Le truppe del Generale polacco Władysław Anders ebbero il compito di prendere d’assalto l’abbazia, mentre il XIII Corpo del Generale inglese Sidney Kirkman avrebbe attaccato nella valle del Liri. Gli Alleati iniziarono l’offensiva con un tremendo fuoco di sbarramento, i combattimenti da ambo le parti si fecero serrati, la resistenza tedesca fu accanita. Successivamente il XIII Corpo avanzò verso la valle Liri, mentre la 71ª Divisione tedesca posta a sud di Cassino cominciò a cedere, favorendo così lo sfondamento della Linea Gustav. Dopo circa cinque mesi di battaglia, gli Alleati oltrepassarono l’arcigna linea di sbarramento. Sebbene la Linea Gustav fosse stata spezzata, rimaneva solamente Montecassino che fu presa dai polacchi il 18 maggio 1944. Le truppe tedesche la sera prima si erano ritirati da Montecassino per attestarsi più a nord, sulla Linea Hitler, rinominata in seguito Linea Senger. La via verso Roma era spianata e oramai l’Alto Comando Alleato era impegnato a organizzare lo sbarco in Normandia. Per questo intervento militare, chiamato, in codice “Operazione Neptune” furono tolte dal fronte italiano le divisioni più esperte per sostituirle con altre dotate di minor esperienza. Si presentava di lì a poco la più grande invasione anfibia della storia.

(1) Giuseppe Longo “22 gennaio 1944: gli alleati ad Anzio”
(2) (…Il Generale Frido von Senger und Etterlin, comandante del Corpo d’Armata schierato nel settore e membro laico dell’Ordine di San Benedetto, non permise loro di utilizzare l’edificio del monastero per la difesa, ma i crepacci e le rupi della montagna fornirono tutte le postazioni necessarie per tenere a bada gli Alleati…) John Keegan “Uomini e battaglie della seconda guerra mondiale”.
(3) “In conformità alle necessità militari, dovrà essere rispettata la posizione della Chiesa e di tutti gli istituti religiosi e si dovranno fare tutti gli sforzi per preservare gli archivi locali, i monumenti storici e gli oggetti d’arte”. Citato in Felice Borsato “La strada per Roma: perché lo sbarco di Anzio e la distruzione di Cassino”.

Si ringrazia per le indicazioni documentarie e iconografiche il Colonnello Mario Piraino, Storico Militare.

Foto: L’abbazia di Montecassino distrutta a seguito dei bombardamenti Alleati

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longoredazione

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