Mi «arrabbio» … dunque «sono»

Mi rendo conto sempre più e non solo nell’ambito clinico-professionale, che alcuni vissuti, alcune emozioni, creano difficoltà di accettazione, un certo disagio nella loro gestione e talvolta un impedimento nell’essere esternati. Così percepisco quasi una distinzione fra emozioni di serie “A” e di serie “B” o socialmente “sgradevoli” e in questa seconda categoria trovo spesso la rabbia e l’aggressività.

Esse tuttavia, appartengono a quelle umane e sane reazioni che ognuno di noi sperimenta nella propria quotidianità e che a nulla serve reprimere o ripudiare; da un punto di vista psicologico, infatti, ogni emozione ha una sua ragion d’essere e può avere una sua legittimità o dignità.

Alcune persone però, provano contrarietà o fastidio quando sono oggetto della rabbia altrui o quando sarebbe il caso di manifestare la propria; non mi riferisco alla rabbia “gratuita”, occasionale, subìta o agita come attacco immotivato, ma a quella che possiamo percepire all’interno delle nostre relazioni più significative ed importanti. Penso ai disaccordi tra partner, alle accese discussioni tra genitori e figli adolescenti o ancora ai contrasti nei rapporti d’amicizia; in questi casi di scontro, ciò che più si coglie è l’aggressività, intesa quasi sempre in senso distruttivo.

Inoltre spesso il conflitto ci disorienta, ci delude e ci spaventa perché temiamo che possa mettere a repentaglio il nostro rapporto con l’altro e perché perdiamo la fiducia nella stabilità della relazione che abbiamo costruito, come se non potesse “reggere” ai colpi della lotta.

Ma l’aggressività è davvero un’emozione negativa? O può essere utile e funzionale?

“Aggredire” deriva dal latino ad-gredere che vuol dire “andare verso” qualcuno o qualcosa; dunque già dall’etimologia, vediamo come in origine il termine ebbe un’accezione innocente, benché oggi abbia assunto l’infelice senso di “assalire”.

Per noi terapeuti della Gestalt, “aggredire”, assume un significato innovativo e audace, indica il concetto del “mordere”, significa “masticare” anziché “ingoiare”; esprime cioè, non aderire in modo acritico e passivo a comandi o aspettative altrui, ma poterli “assimilare” attraverso un’elaborazione personale e “masticata”.

E questo è SANO!

Secondo questa concezione, la rabbia diventa un’energia positiva che, come bisogno di opporsi, esprime il tentativo di affermare se stessi, di provare la validità dei propri punti di vista e delle proprie opinioni, col fine di potersi identificare e distinguere dall’altro.

Oltre i luoghi comuni e i pregiudizi, allora, arrabbiarsi non significa voler distruggere un rapporto, ma tentare di essere presenti in esso in modo attivo, con la maturità e la responsabilità di essere pienamente se stessi, pur nel rischio di non piacere all’altro.

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