Pensiero magico

Chi di noi non ha letto il proprio oroscopo almeno una volta nella vita e da questo si sia lasciato influenzare? O magari, vi è capitato di non uscire di casa il venerdì 17? O ancora, non transitare sotto un ponte mentre passa un treno? Queste ed altre credenze sono spiegate da quello che noi psicologi chiamiamo pensiero magico con il quale si intende una modalità di elaborazione del pensiero in cui manca una relazione causale tra soggetto e oggetto (Wikipedia).
La ricerca classica sul pensiero magico risale agli studi dell’antropologo inglese Frazer (1911) il quale ha cercato di dare una spiegazione ai rituali magici messi in atto dalle tribù indiane in Columbia; lo stesso avrebbe spiegato tali pratiche come governate dalla legge della somiglianza, secondo la quale le cose simili si influenzano reciprocamente, e della contaminazione, la quale afferma che le cose che sono state almeno una volta in contatto tra loro continueranno in seguito ad esercitare un’influenza reciproca.
Gli studi di Frazer hanno inevitabilmente influenzato le teorie evolutive, da Freud a Piaget; infatti, quest’ultimo avrebbe individuato il pensiero magico quale caratteristica principale del bambino nell’età che va dai 2 ai 7 anni circa, ossia in quella che lo stesso chiama stadio pre-operatorio.
Il pensiero magico sarebbe quindi una modalità primitiva ed infantile della quale neanche gli adulti sono immuni, presente in forma potenziale. Per esempio, perdere un aereo che poco dopo è coinvolto in un incidente induce la persona a costruire una trama di pensiero dove un disegno salvifico sia stato messo in atto e si stia attualizzando, ossia si tende a trovare un nesso di causalità ed una spiegazione razionale e logica laddove non v’è casualità.
Un altro esempio di applicazione del pensiero magico lo si ha quando desideriamo intensamente qualcosa che, in un modo o nel’altro, si realizza e tale attualizzazione la associamo alla forza del desiderio avuto. Ad esempio, desiderare intensamente di trovare un ragazzo, attualizzare dei rituali e alla fine conoscere una persona, legarsi ad essa e pensare che “siccome questa conoscenza è arrivata proprio ora, allora è quello giusto”.
Chi adotta prevalentemente il pensiero magico tende a giustificare razionalmente, o ancora mettere in relazione di causalità, fatti ed elementi che ad un esame obiettivo, non lo sono affatto. Chi adotta tale modalità non è certamente dotato di razionalità ed obiettività e facilmente inducono in errore complicando le relazioni interpersonali.
Per i nostri antenati il rito della danza della pioggia associato al sacrificio di un animale e vedere questi due fatti in una connessione di reciprocità e di causalità era certamente l’unico modo per far loro sperimentare la percezione di controllo di un mondo governato dal caos e dall’assenza totale di regole. Oggi non è più così, le cose avvengono si perché le desideriamo intensamente ma il fatto stesso di desiderare qualcosa ci mette nelle condizioni di una disponibilità relazionale. Così una persona che desidera tanto una figura accanto a se si mette probabilmente nelle condizioni di avverare ciò o, in altre parole, si orienta nel mondo nella direzione che ritiene buona per avvicinarsi all’oggetto del desiderio. Si attualizza in altre parole, ciò che noi psicologi chiamiamo la profezia che si auto-avvera ma questa, cari lettori, è un’altra storia!

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