La profezia che si autoavvera

La profezia che si autoavvera o che si autoadempie è un meccanismo psicologico che ha a che fare con la credenza o convinzione, su di se o su gli altri, ritenuta vera o presunta tale per il fatto di manifestarsi nella realtà frequentemente.
Per essere più chiari facciamo un esempio: immaginiamo un ragazzo di 15 anni che crede di essere incapace e incompetente e che, per esempio a scuola, per distrazione commetta tanti errori da indurre il gruppo classe e gli insegnanti a rimproverarlo continuamente. Tali rimproveri fanno emergere delle emozioni negative in lui quali rabbia, collera e sensi di colpa. Per non sentire più tali emozioni negative immaginiamo che il ragazzo decida di impegnarsi ad essere più attento e a non distrarsi più, compito che certamente richiede molta energia e impegno che, a lungo andare, lo stancheranno al punto da sentirsi molto stressato; i livelli di stress raggiunti non aiutano certo nella concentrazione e via via porteranno il ragazzo a commettere più errori di quanti ne avesse già commessi, concludendo dunque che è davvero incapace ed incompetente. Si crea in tal modo un circolo vizioso dal quale risulta davvero difficile uscire.
Tale meccanismo non è patologico in senso stretto ma si configura come una modalità che sta alla base del mantenimento e del perpetrarsi dEi disturbi. Ad esempio una persona depressa, con una visione della vita triste “leggerà” tutti i fatti connotandoli di tratti depressivi o in altre parole vedrà sempre “il bicchiere mezzo vuoto” piuttosto di rintracciare la parte migliore anche dalle cose più dolorose.
Una persona convinta che non esista l’altra metà non si aprirà mai al mondo o in altre parole non si metterà nella disponibilità relazionale di vedere e farsi notare. Il meccanismo si configura allora come insidioso anche per il fatto che quando ci si convince di qualcosa, difficilmente siamo disposti a metterlo in discussione, specie quando si ripete inesorabilmente.
Questa riflessione ci porta allora ad un altro interrogativo che ha a che fare con il modo in cui percepiamo la realtà, le chiavi di lettura che si utilizzano e le interpretazioni che si fanno. In altre parole, quali pensieri guidano la nostra percezione? Sarebbe ottimale vivere senza alcun preconcetto, ma ciò è impossibile; d’altra parte possedere delle forti convinzioni può essere pericoloso e allo stesso tempo leva per agire.
A tal proposito esemplificativa è la metafora di Watzlawick: l’infelice che vede il bicchiere mezzo vuoto percepito dal gioioso mezzo pieno. Entrambi hanno ragione ma il primo convinto nella propria idea, al finire dell’acqua avrà sete e tenderà a biasimare il bicchiere vuoto, mentre il secondo, profetizzandolo mezzo pieno sarà fiducioso che lo stesso si riempia.
Due prospettive diametralmente opposte o in altre parole le due facce della medaglia, che fanno chiarezza sul potere delle convinzioni e delle credenze e di come questi meccanismi guidano le relazioni e ne determinano l’infausta o al contrario favorevole fine.

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