Il senso di colpa

“Non dovevo fare ciò che ho fatto, non merito più nulla. È tutta colpa mia”. Queste le tipiche frasi di chi sente la colpa quando si infrange il codice morale derivato dalla non osservanza di regole e divieti acquisiti sin dall’infanzia. Giudizi e rimproveri emergono dal “giudice” che abita in ciascuno di noi e, con fare rigido e moralistico, rende la vita grigia e consumata dal peso che si scatena. Solitamente la colpa si percepisce come un zavorra che schiaccia il petto, quasi ad impedirne il respiro e quindi l’autentico sentire delle emozioni; infatti, quando si è troppo severi e rigidi con se stessi le relazioni con l’altro si inquietano e perdono di spontaneità, tutto è veicolato da un se moralistico che funge da guida. Il se è mortificato dal non avere adempiuto alle “norme imposte” e quindi non merita. I giorni passano arricchendosi di pensieri finalizzati all’autopunizione ed all’autorimprovero e a volte, con fare onnipotente, si pensa che “…è tutta colpa mia”, addossandosi la responsabilità. Ci si dimentica cioè che l’essere umano è si unico nella sua soggettività, ma non l’unico essere responsabile dell’accadimento; è cioè impotente e con questo deve fare i conti. Solitamente chi si sente in colpa tende a dare la colpa all’altro, ossia non guarda in faccia la realtà e non si assume le proprie responsabilità. Facciamo un esempio, ci si sente in colpa perché si ha un amante ma, nonostante ciò, non si riesce ad interrompere la relazione extraconiugale. Questo è il tipico esempio di un individuo che non si pente, ne si assume le responsabilità. Troppo doloroso pentirsi, aprirsi all’altro disarmandosi delle proprie difese, vergognandosi di se. Liberarsi dalla colpa è una scelta coraggiosa e molte volte è necessario farsi aiutare perché il senso di colpa cronico crea un dolore insostenibile, impossibile da reggere; ritrovarsi con le spalle al muro, schiacciati da un’anima resa nera che vorrebbe ritornare a risplendere di luce propria, comporta un attraversamento di se e delle relazioni primarie e, solo dopo avere sentito il dolore ed essere stati da lui attraversati, si può sentire l’autentico pentimento che apre ad una comunicazione vera e spontanea del se in relazione con l’altro.

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