Il paziente con Hiv: aspetti psicologici

Proprio come un fulmine a ciel sereno, sapere di avere contratto il virus dell’HIV squarcia le vite e apre alla morte. Incredulità, negazione, dubbio sono le prime reazioni psicologiche provate per l’individuo non appartenente a gruppi a rischio. Reazioni quali attesa e conferma del sospetto si ritrovano in tossicodipendenti e omosessuali i quali vivono con il timore di avere contratto il virus e, la certezza di averlo, rappresenta l’ultimo atto che da conferma al dubbio. Superata questa prima e breve fase, il paziente con HIV si trova dinanzi la prima difficoltà, ossia comunicare al partner o ai familiari con i quali vive, la diagnosi. Essere sieropositivi non significa avere l’AIDS, ne tantomeno morirne; infatti, grazie alle terapie antiretrovirali, si può certamente contenere l’evoluzione del virus avendo però la certezza di non potere mai guarire. La vita del sieropositivo diventa complessa, perché è necessario che tuteli il partner o i familiari da un eventuale contagio: così avere rapporti sessuali non protetti non sarà certamente possibile, o sarà necessario prestare adeguata attenzione ad eventuali ferite o perdite di sangue. Queste ed altre precauzioni consentono di condurre una discreta qualità di vita ma solo se il partner o i familiari accettano la condizione. Spesso ciò non accade, ed il paziente vive all’interno della sua casa sentendosi un ospite, al punto da scegliere di andare via. Ecco perché il sieropositivo teme l’isolamento sociale, perché si scontra quotidianamente con l’ignoranza e il pregiudizio. Le condizioni psicopatologiche e personologiche preesistenti la comunicazione della sieropositività determinano la qualità e tipologia di reazioni scaturite e spesso l’isolamento sociale lascia il posto all’isolamento esistenziale; gli anni trascorrono andando alla ricerca di eventuali comportamenti a rischio quasi da “meritare questa punizione” giungendo a profondi stati auto/etero lesivi o vivendo in uno stato di profonda depressione o ancora sviluppando rabbia e aggressività così da contagiare gli altri, “i sani”. La tipologia di reazioni è davvero infinita ed è necessario chiedere aiuto, poiché una relazione psicoterapeutica può essere l’ancora e l’unico approdo di salvezza. Uno psicoterapeuta, che sceglie di “stare accanto”, si sente impotente dinanzi al dramma del paziente sieropositivo e poche o nulle sono le risposte che egli può dare. Ma spesso accade che il solo accogliere, sostenere e accompagnare dona la speranza e migliora la qualità di vita del paziente affetto dal virus dell’HIV che potrà così rintracciare nuovamente la serenità perduta e ri-costruirsi nuove relazioni autentiche.

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