Omelia per il Giubileo del Settore Est

Carissimi fratelli e sorelle, quando vi ho visti così numerosi, non vi nascondo che mi sono commosso profondamente. Ho detto: “questo è il popolo santo di Dio, questo è il popolo consacrato al Signore!”. Ho pregato per voi, perche il Signore, ricco di misericordia, ascolti le vostre preghiere e vi soccorra nelle necessità.

Questo pellegrinaggio alla Chiesa Cattedrale è come l’andare in casa della mamma. Questa Chiesa in modo particolare è definita Madre di tutte le Chiese: siamo stati tutti partoriti alla fede dalla Madre Chiesa: una, santa, cattolica e apostolica. Essa ha la sua più bella icona in Maria, la Madre di Gesù.

Siamo venuti con un grande desiderio interiore, espresso dall’antifona d’ingresso e dal salmo responsoriale: il tuo volto, Signore, noi cerchiamo, non nasconderci il tuo volto, mostraci il volto della misericordia del Padre, mostraci il tuo volto e noi saremo salvi! Se il Signore distoglie il suo sguardo, l’uomo resta immerso nella tristezza del peccato e nella morte. Siamo venuti qui in questa Chiesa Cattedrale, come i discepoli che sono saliti con Gesù sul monte Tabor a pregare.

Fa’, o Signore, che i nostri occhi non siano oppressi dal sonno, il cuore vegli, i nostri orecchi siano attenti alla voce della tua Parola, perché possiamo contemplare lo splendore della tua gloria.

L’Evangelista Luca racconta che, mentre Gesù era in preghiera, «il suo volto cambiò d’aspetto». Non è una metamorfosi, perché non cambiò la sua identità, ma dall’interno una luce ne rivelò la gloria, la bellezza.

In modo paradossale Cristo è «il più bello tra i figli dell’uomo e sulle sue labbra è diffusa la grazia» (Sal 44), ma allo stesso tempo «non ha apparenza, né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto» (Is 53, 2).

È qui la trasfigurazione: lo splendore della bellezza si sprigiona dal volto dell’Uomo dei dolori, uno davanti al quale ci si copre la faccia. È il volto di colui che «è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità […] per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce» (Is 53). Ecco “il suo esodo”, la Pasqua di Cristo, oggetto del dialogo con Mosè ed Elia. Ecco il volto della misericordia.

La sua veste divenne candida e sfolgorante.

La veste bianca ci richiama la resurrezione (Lc 24,4) di cui la trasfigurazione è un’anticipazione. Sant’Agostino spiega che i suoi vestiti sono la sua Chiesa. «Che c’è di strano se mediante il vestito bianchissimo viene simboleggiata la Chiesa, dal momento che sentite dire dal profeta Isaia: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, lì farò diventare bianchi come neve” (Is 1, 18)?. Dunque anche se i peccati commessi dagli uomini di Chiesa fossero di colore rosso scarlatto, la sua Sposa avrebbe comunque un abito candido e rilucente grazie al Sole, Cristo». (Aug., Discorso 78)

Ho saputo dai vostri cari parroci che vi siete preparati a questo pellegrinaggio giubilare con intense catechesi, ma soprattutto avete sperimentato la misericordia e la tenerezza di Dio accostandovi al sacramento della Riconciliazione. San Gregorio di Narek ha definito la riconciliazione “sorella del battesimo”, Sant’Efrem il Siro definisce la penitenza “un’arca misericordiosa”.

Il rito siriaco della Penitenza conclude l’assoluzione indicando come frutto della penitenza il recupero della vita battesimale: “fa’ che su di lui la veste del Battesimo, che ricevette dall’acqua e dallo Spirito, sia nuova, splendida e più fulgente di gloria”.

Anche noi trasfigurati.

Nella seconda lettura l’Apostolo Paolo ci ha confermati nella speranza che «Il Signore Gesù Cristo […] trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 21). Ciò che si è realizzato in Gesù, nostro Capo, deve completarsi in noi, che siamo il suo Corpo. Non si deve pensare che la trasfigurazione si produrrà solo nell’aldilà, dopo la morte. La vita dei santi e la testimonianza dei martiri c’insegnano che, se la trasfigurazione del corpo avverrà alla fine dei tempi con la resurrezione della carne, quella del cuore ha luogo ora su questa terra, con l’aiuto della grazia.

Possiamo domandarci: “Chi sono gli uomini e le donne “trasfigurati”?”

La risposta è di San Giovanni Paolo II, nella beatificazione di 233 martiri spagnoli: «Sono quelli che seguono Cristo nella sua vita e nella sua morte, s’ispirano a Lui e si lasciano inondare dalla grazia che Egli ci dà; sono quelli il cui nutrimento è compiere la volontà del Padre; quelli che si lasciano guidare dallo Spirito; quelli che non antepongono nulla al Regno di Cristo; quelli che amano gli altri fino a versare il proprio sangue per essi; quelli che sono disposti a dare tutto senza esigere nulla in cambio; quelli che, in poche parole, vivono amando e muoiono perdonando» (11 marzo 2001).

Carissimi, il Giubileo si celebra per rinvigorire la nostra vita cristiana, per vivere nella memoria costante di Cristo, per non dimenticare il Battesimo. Papa Francesco ci ha tracciato un programma per essere misericordiosi come il Padre, un programma di vita tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace; esso è sintetizzato in pochi versetti del Vangelo di Luca «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e

non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,37-38). Solo Dio può giudicare, perché solo lui sa cosa c’è nel cuore di ogni uomo. Condannare significa uccidere la speranza del riscatto. Perdonare è moltiplicare il dono.

Dare è la declinazione del verbo amare. Mi piace far derivare la parola misericordia dal verbo latino miseri-cor-dare, dare il cuore ai miseri, ai peccatori, ai sofferenti, agli ultimi. Per celebrare il Giubileo non basta fare il pellegrinaggio e passare la Porta Santa: occorre compiere opere di misericordia.

Dar da mangiare agli affamati Dar da bere agli assetati Vestire gli ignudi
Accogliere i forestieri Assistere gli ammalati Visitare i carcerati

Seppellire i morti

Consigliare i dubbiosi
Insegnare agli ignoranti
Ammonire i peccatori
Consolare gli afflitti
Perdonare le offese
Sopportare pazientemente le persone moleste
Pregare Dio per i vivi e per i morti

Vi auguro, carissimi, di realizzare nelle vostre comunità la Chiesa dei volti, ossia la Chiesa che cura le relazioni, accogliente, solidale, amica degli uomini e delle donne del nostro tempo. Amen.

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