Le emorroidi: una malattia che colpisce il 50% delle persone

Dr. Marco Iacopinelli
Specialista in Chirurgia Oncologica, Generale e d’Urgenza
Fondazione HSR-G.Giglio di Cefalù
e-mail: marksurg@libero.it


La malattia emorroidaria è molto frequente nella popolazione. Si calcola che circa il 50 % delle persone ne soffra, arrivando addirittura all’80% in età anziana, sebbene molti siano asintomatici (cioè non abbiano alcun disturbo).

Cosa sono le emorroidi?

Le emorroidi sono una malattia che colpisce le vene “emorroidarie”; queste sono delle vene normalmente presenti nel canale anale di tutti noi (Fig.1),  ma talvolta esse si possono ammalare diventando delle “vene varicose” (cioè vene dilatate e tortuose) al cui interno si ha ristagno di sangue.

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Fig.1 – Canale anale

Come si formano le emorroidi?

 Le vene emorroidarie perdono elasticità e tono, sfiancandosi e dilatandosi irreversibilmente; inoltre, la struttura legamentosa che le sorregge viene meno ed esse iniziano a prolassare all’esterno.

Quali sono le cause?

Come sempre c’è una predisposizione genetica; altri fattori sono:

  • la gravidanza: aumento della pressione addominale venosa, dovuto alla presenza dell’utero gravido;
  • sforzo da parto;
  • stipsi: continui sforzi alla defecazione;
  • età: fisiologico invecchiamento delle vene (la malattia, infatti, aumenta con l’età).

Quali sono i sintomi delle emorroidi?

  • il prolasso: fuoriuscita delle vene varicose all’esterno dell’ano (Fig.2); il prolasso non sempre è presente;
  • il sanguinamento: è il sintomo più frequente. Il sangue è sempre di colore rosso vivo e in concomitanza della defecazione. Le cause: il trauma dovuto al passaggio di feci e lo sforzo che fa gonfiare e rompere le vene emorroidarie. Se il sanguinamento è abbondante o dura da molto tempo, può provocare anemia.
  • Tenesmo: il paziente avverte un senso di peso all’interno come se l’evacuazione non fosse completa;
  • Prurito;
  • Piccole perdite (muco, ano umido).

I sintomi possono essere presenti in percentuale variabile e non per forza tutti contemporaneamente.

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Fig.2 – nodulo emorroidario esterno

Le emorroidi possono essere più o meno gravi, dipende dallo stadio del prolasso.

Normalmente si distinguono 4 stadi di malattia, dove il primo stadio è il meno grave:

  • emorroidi di 1° grado: le vene si trovano all’interno dell’ano “sempre”;
  • emorroidi di 2° grado: le vene si trovano all’interno dell’ano e fuoriescono all’esterno solo durante la defecazione, tuttavia rientrano spontaneamente subito dopo;
  • emorroidi di 3° grado: le vene fuoriescono all’esterno al momento della defecazione ma non rientrano spontaneamente; occorre che sia l’individuo a spingerle dentro al termine della defecazione;
  • emorroidi di 4° grado: le vene fuoriescono all’esterno dell’ano permanentemente e qualsiasi tentativo di rientrarle è inefficace.
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Fig.3 – Stadi di Malattia
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Fig.4 – Emorroidi di III°-IV° grado

Cosa è la crisi emorroidaria?

E’ una situazione in cui le emorroidi si trovano all’esterno e fanno molto male (con dolore trafittivo e pulsante). La causa è la trombosi dei noduli, cioè il sangue si è coagulato al loro interno. In questo caso, i noduli diventano molto duri e appaiono di colore bluastro o violaceo (Fig.5). Si cura eseguendo in anestesia locale una piccola incisione sul nodulo eliminando il coagulo (con immediata risoluzione dei sintomi) oppure adottando un trattamento con pillole e creme che favoriscono lo scioglimento del coagulo (ma occorreranno almeno 3-4 giorni di terapia prima di sentirsi meglio e almeno 2 settimane per la risoluzione completa) (Fig.6).

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Fig.5 – Trombosi di nodulo emorrodario
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Fig.6 – Noduli emorroidari in fase di guarigione

Come si curano le emorroidi?

L’utilizzo di pillole dette “flebotoniche” (cioè che migliorano il tono della parete venosa) e creme ad azione locale da un beneficio minimo e temporaneo. Dal momento che la genesi del problema è strutturale, l’unico trattamento che potrà risolvere la malattia è l’intervento chirurgico, tutto il resto è solo un palliativo.

Negli anni si sono succedute numerose tecniche chirurgiche per il trattamento delle emorroidi.

Oggi la tecnica più utilizzata per il trattamento delle emorroidi è la Tecnica di Longo (Fig.7a e 7b)

Questa tecnica non asporta le emorroidi ma permette di riportarle nella loro sede naturale, cioè le riposiziona all’interno correggendo il prolasso. Le emorroidi vengono rimesse dentro e fissate con delle microclips al titanio usando una suturatrice circolare (fig.7a). Si tratta di una tecnica rapida, eseguita in anestesia spinale (col paziente sveglio, “addormentato” dall’ombelico in giù);

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Fig.7a
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Fig.7b

La tecnica di Longo ha numerosi vantaggi:

  • Il paziente nel post operatorio non avverte dolore ma al massimo un lieve fastidio anale;
  • La dimissione avviene in breve tempo (One-Day Hospital: il paziente operato nel pomeriggio, dorme una notte in ospedale e viene dimesso il mattino dopo);
  • I tempi di recupero sono rapidissimi; 
  • Le complicanze sono rare.

In alternativa alla tecnica di Longo, solo nei casi gravissimi (emorroidi di IV° grado, molto voluminose) si torna ad utilizzare una delle tecniche più antiche ed efficaci: la tecnica di Milligan-Morgan (Fig.8a). Questa tecnica asporta completamente i noduli emorroidali e le ferite vengono lasciate aperte, guarendo lentamente (Fig. 8b). E’ una tecnica sempre eseguita in anestesia spinale, ma il post-operatorio è estremamente doloroso a causa delle ferite aperte, inoltre si hanno continue perdite di sangue fino a guarigione avvenuta (alcune settimane).

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Fig.8a – Tecnica di Milligan-Mirgan. I noduli emorroidali vengono asportati.
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Fig. 8b – Le ferite residue dopo asportazione dei noduli emorroidali con tecnica di Milligan-Morgan

L’utilizzo di trattamenti non chirurgici (creme, pillole) può andare bene solo nelle fasi iniziali di malattia, ma ad ogni modo dovrebbe dirlo lo specialista, mentre è molto comune il trattamento fai-da-te, cioè i pazienti si autogestiscono.

Seppur si tratti di una patologia benigna, anche nella malattia emorroidaria il concetto è sempre lo stesso: più tardivo sarà l’intervento, più alta sarà la possibilità di recidiva, oltre alla necessità di ricorrere ad un intervento chirurgico più cruento per poterle eliminare.

 

 

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