Lotta alla mafia: parla l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi

La Chiesa «deve vigilare affinché l’esercizio del ministero di annuncio della misericordia di Dio non sia strumentalizzato dal mafioso, ad esempio durante la sua latitanza, e non si configuri, di fatto, come copertura o favoreggiamento di quanti hanno violato e talvolta continuano a violare la legge di Dio e quella degli uomini. Nel caso del mafioso, la conversione comporta un impegno fattivo affinché sia debellata la struttura organizzativa della mafia». Lo afferma in un’intervista al Sir l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi.

Per mons. Michele Pennisi il contrasto a ogni forma di mafia è diventato negli anni un tratto distintivo del suo episcopato. Anche per questa ragione ha accolto con piacere l’iniziativa della diocesi di Locri-Gerace, dove sabato 7 ottobre si è tenuta la Giornata di preghiera per la conversione dei mafiosi.

“È compito della Chiesa – sostiene l’arcivescovo – sia aiutare a prendere consapevolezza che tutti, anche i cristiani, alimentiamo l’humus dove alligna e facilmente cresce la mafia, sia indurre al superamento dell’attuale situazione attraverso la conversione al Vangelo, capace di creare una cultura antimafia fondata sulla consapevolezza che il bene comune è frutto dell’apporto responsabile di tutti e di ciascuno”.

I cattolici devono impegnarsi in prima persona nel contrasto alla mafia?
Alla comunità cristiana si richiedono dei gesti originali che portino a una prevenzione dei reati collegati col fenomeno mafioso impegnandosi per la diffusione di una cultura della legalità e all’educazione a non fare del denaro e della ricerca smodata del potere gli idoli a cui sacrificare tutto a partire dalla vita delle persone.

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