Il sogno si è realizzato lo scorso 10 settembre, a Berlino, dove davanti a 50mila spettatori ha diretto una partita di Bundesliga: l’Hertha, la squadra di casa, ha messo i biglietti a metà prezzo per le tifose donne e il presidente della federcalcio tedesca Reinhard Grindel si è presentato allo stadio per seguirla. «Io non mi sento una pioniera, per me è la normalità e vorrei lo diventasse per tutti», ha dichiarato al New York Times Bibiana Steinhaus, classe ’79, che si è avvicinata al mondo dell’arbitraggio a 15 anni seguendo le orme del padre, seppur la madre si sia rifiutata presto di assistere alle sue partite a causa degli insulti che le arrivavano dagli spalti.
In poco tempo ha raggiunto i massimi livelli: la finale di Coppa del mondo femminile nel 2011, quella olimpica l’anno successivo, poi l’ingresso nel calcio maschile nelle divisioni minori e infine come assistente del primo arbitro. Che fosse una predestinata lo si era capito dall’autorità con cui mesi fa si era tolta dalla spalla la mano del polemico Pep Guardiola o come aveva sorriso a Frank Ribery che – scherzando – aveva provato a scioglierle le scarpe. Siparietti che non hanno scomposto l’impassibile Bibiana: «Non so se certi episodi sarebbero accaduti anche se fossi stato un uomo». Di certo non avrebbero creato un simile clamore mediatico.