Papa Francesco: l’evangelizzazione non si fa in poltrona

«L’evangelizzazione non si fa in poltrona» basandosi su «teorie», ma lasciando fare allo Spirito Santo. Lo stile giusto è andare verso le persone ed essere loro vicini, partendo sempre dalle «situazioni concrete»: quasi «un corpo a corpo» che si fa con la vita e la parola. È un «trattato» semplice e diretto sull’evangelizzazione quello proposto da Papa Francesco nella messa celebrata giovedì 19 aprile a Santa Marta.

«Dopo il martirio di Stefano — ha fatto presente Francesco riferendosi espressamente ai racconti degli Atti degli apostoli proposti in questi giorni dalla liturgia — scoppiò una grande persecuzione a Gerusalemme: i cristiani erano perseguitati e anche Paolo andava con loro, e li prendeva da casa, da una parte all’altra». Così, ha affermato il Papa, «i discepoli si dispersero un po’ dappertutto, per tutte le regioni della Giudea, della Samaria».

Proprio «quel vento della persecuzione» ha fatto in modo «che i discepoli andassero oltre», ha confermato il Pontefice rilanciando questa immagine efficace: «Come fa il vento con i semi delle piante, li porta oltre e semina, così è successo qui: loro sono andati oltre, col seme della parola, e hanno seminato la parola di Dio». Così, ha aggiunto, «possiamo dire, un po’ scherzando, è nata Propaganda fide».

È «da una persecuzione, da un vento» che «i discepoli portarono l’evangelizzazione». Lo conferma, del resto, proprio il «passo che oggi abbiamo letto», tratto dagli Atti (8, 26-40). Un brano che «è di una bellezza grande», ha osservato il Papa definendolo «un vero trattato di evangelizzazione: così evangelizza il Signore, così annunzia il Signore, così vuole il Signore che evangelizziamo».

Francesco ha indicato «tre parole chiave» per comprendere fino fondo il senso e il modo dell’evangelizzazione. Anzitutto, ha rilevato, «è lo Spirito che spinge» e «dice a Filippo “àlzati”, prima parola; “accostati”, seconda parola; e terza parola, “parti dalla situazione”».

Esattamente «con queste tre parole si struttura tutta l’evangelizzazione», ha affermato il Pontefice. È lo Spirito, infatti, «che incomincia e sostiene l’evangelizzazione». Perché «l’evangelizzazione non è un piano ben fatto di proselitismo: “Andiamo qui e facciamo tanti proseliti, di là, e tanti…”». In realtà, ha precisato Francesco, «è lo Spirito che ti dice come tu devi andare per portare la parola di Dio, per portare il nome di Gesù». Perciò «incomincia dicendo: “àlzati e va’”» in quella direzione. Con la consapevolezza che «non esiste un’evangelizzazione “da poltrona”». Dunque «“àlzati e va’”, in uscita sempre, “vai”, in movimento, vai nel posto dove tu devi dire la parola».

Il Papa ha voluto ricordare «tanti uomini e donne che hanno lasciato la patria, la famiglia e sono andati in terre lontane per portare la parola di Dio». E molti di loro «tante volte» non erano neppure «preparati fisicamente, perché non avevano gli anticorpi per resistere alle malattie di quelle terre, e morivano giovani, a quarant’anni o morivano martirizzati».

A questo proposito Francesco ha condiviso il racconto di «un grande cardinale» — che «è vivo ancora, bravo, bravo» — il quale ha l’incarico di andare nelle terre di missione. E, ha raccontato, «quando lui va in quei posti, la prima cosa che fa è andare al cimitero e guardare i nomi dei missionari e la data della morte: tutti giovani». Per quel cardinale «tutti questi vanno canonizzati: sono martiri, martiri dell’evangelizzazione».

Insomma, ha rilanciato il Pontefice, «vai, non preoccuparti», tenendo ben presente che la «prima parola di una vera evangelizzazione è “àlzati e va’”». Perciò, ha raccomandato, «non portare il vademecum della evangelizzazione, perché non serve». Va invece vissuta la «seconda parola: “accostati”». Che significa «vicinanza». Dunque, ha suggerito il Papa, «accostati per guardare cosa succede». Proprio come «fa Filippo. Vede quel carro che viene e lo Spirito gli dice: “Va’ avanti e accostati” per vedere cosa succede lì dentro». Gli Atti raccontano che «Filippo corse innanzi». Si mise a correre, dunque, «e udì che quel signore che era nel carro, un ministro dell’economia, leggeva Isaia». Filippo «ascoltò bene e intuì, per la grazia dello Spirito Santo, che quell’uomo non capiva bene». E «lì Filippo sentì che doveva fare l’altro passo: lo Spirito dice: “vai avanti ancora”». Così «comincia a parlare e la domanda è: “capisci quello che stai leggendo?”». Ecco che l’uomo fa salire «Filippo sul carro» per dirgli che non era capace di capire, perché nessuno glielo aveva spiegato. E «Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo, “parte dalla situazione”»: ecco la «terza parola».

Dunque «“àlzati”, “accostati”, “parti dalla situazione”: non partire dalla teoria» ma da «quella domanda che lo Spirito suscita. Non si può evangelizzare in teoria». Perché «l’evangelizzazione è un po’ corpo a corpo, persona a persona: si parte dalla situazione, non dalle teorie».

Con questo stile Filippo «annuncia Gesù Cristo e il coraggio dello Spirito lo spinge a battezzare» il suo interlocutore: «Va’ oltre, va’, va’, fino a che senti che è finita la sua opera».

«Così si fa l’evangelizzazione» ha rilanciato il Papa, riproponendo le «tre parole» che «sono chiave per tutti noi cristiani», chiamati a «evangelizzare con la nostra vita, con il nostro esempio e anche con la nostra parola».

E allora «àlzati, accostati, vicinanza, e parti dalla situazione, quella concreta: un metodo semplice, ma è il metodo di Gesù» che «evangelizzava così, sempre in cammino, sempre sulla strada, sempre vicino alla gente e sempre partiva dalle situazioni concrete, dalle concretezze».

Dunque, ha ricordato il Pontefice, «si può evangelizzare soltanto con questi tre atteggiamenti, ma sotto la forza dello Spirito: senza lo Spirito neppure questi tre atteggiamenti servono; è lo Spirito che ci spinge ad alzarci, ad accostarci e a partire dalle situazioni».

In conclusione Francesco ha invitato a pregare «oggi per tutti noi cristiani che abbiamo l’obbligo di evangelizzare, la missione di evangelizzare». Che il Signore «ci dia la grazia di essere ascoltatori dello Spirito e avere questi tre atteggiamenti: essere in uscita: andare; essere in vicinanza alla gente; e partire non dalle teorie ma dalle situazioni concrete».

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