La festa della Pentecoste nella tradizione bizantina

La solennità della Pentecoste ci porta a vivere nuovamente il dono gratuito dello Spirito santo, la nascita della Chiesa, la nascita della nostra vita in Cristo. Una delle opere più conosciute del teologo bizantino Nicola Cabasilas (XIV secolo) porta precisamente come titolo La vita in Cristo, e non è altro che un commento ai sacramenti dell’iniziazione cristiana — battesimo, cresima ed eucaristia — e in più della consacrazione dell’altare, applicati alla vita del credente. Per ogni cristiano, la vita in Cristo è la vita nella Chiesa, la vita — il dono dello Spirito santo — che ci viene dato per mezzo dei sacramenti. Quindi non tanto la vita del cristiano, quanto la vita in Cristo; cioè non soltanto quello che il cristiano fa, deve fare, può fare, quanto quello che Cristo per mezzo dello Spirito fa, opera nel cristiano. In tutte le liturgie orientali si sottolinea, in ognuno dei sacramenti, il ruolo dello Spirito santo e quindi l’importanza dell’epiclesi, cioè della sua invocazione.

Ogni ora di preghiera, nella tradizione bizantina, inizia con un’invocazione dello Spirito; esso è sempre e ovunque presente. Ma parlare dello Spirito non è facile. Lo era già per i padri della Chiesa. Essi volentieri si soffermano non tanto su quello che lo Spirito è ma su quello che fa e opera in noi; lo stesso Credo di Nicea-Costantinopoli del 381 lo chiama soltanto «Signore e Datore di vita». I padri e la liturgia evitano immagini direi azzardate e troppo antropomorfiche per parlare dello Spirito santo. Poi c’è un fatto anche centrale che i padri pure sottolineano: nella vita cristiana, lo Spirito non ci rivela il proprio volto ma quello di Cristo; lui ci porta alla verità piena di Cristo. Nella storia della nostra salvezza, lo Spirito di Dio è sempre presente nei momenti iniziali: all’inizio, nella creazione lo Spirito di Dio alleggia sopra le acque; poi lo Spirito di Dio alleggia su Maria; finalmente, nella Pentecoste, lo Spirito santo alleggia sopra la Chiesa nascente.

La tradizione bizantina, specialmente nei testi liturgici della domenica di Pentecoste e del giorno seguente, il lunedì dedicato appunto allo Spirito santo, è assai sobria in quanto alle definizioni applicate allo Spirito e piuttosto gli applica alcune immagini a partire dalla sacra Scrittura. E soprattutto contempla quello che lo Spirito santo fa, porta a termine nei cristiani. Le immagini che troviamo applicate allo Spirito sono soprattutto quelle del fuoco e della luce: «Questa festa in cui il fuoco del Paraclito è sceso sulla terra ed è giunta la sua luce. Lo Spirito che brucia quello che è macchiato» E ancora, l’immagine della luce ma applicata a tutta la Trinità: «Luce è il Padre, luce il Verbo, luce lo Spirito santo».

La liturgia invece si sofferma a lungo a indicare quello che il santo Spirito fa, cioè come agisce nella vita della Chiesa. Lo Spirito che illumina e santifica: «Il santissimo Spirito, al Padre coeterno, che illumina e santifica le anime nostre. È giunta la luce del Paraclito che illumina il mondo». Lo Spirito che fa diventare teologi, capaci di parlare di Dio, di parlare a Dio e con Dio, coloro che non ne erano in grado: «Lo Spirito ha insegnato la sapienza agli illetterati. Ha reso teologi i pescatori. Li udivano esprimersi in lingue straniere, come lo Spirito concedeva loro; da illetterati che erano, erano divenuti sapienti. Pescatori diventati sapienti per il dono dello Spirito».

Vorrei soffermarmi su qualche tropario della festa che sono delle vere e proprie professioni di fede, scaturite dai grandi concili ecumenici del IV e V secolo. Uno dei tropari del vespro del giorno seguente la Pentecoste, lunedì dello Spirito santo, è quasi una parafrasi del credo niceno costantinopolitano: «Lo Spirito santo è luce, vita e viva sorgente spirituale; Spirito di sapienza, Spirito di intelligenza, buono, retto, intelligente, Spirito che ci guida, e ci purifica dalle colpe; Dio e deificante; fuoco che procede dal fuoco, Spirito che parla, opera, e distribuisce i carismi; Spirito mediante il quale tutti i profeti, gli apostoli di Dio e i martiri, sono stati corroborati; straordinaria novella, straordinaria visione, fuoco che si divide per distribuire carismi». Lo Spirito santo ancora che è coeterno al Padre e al Figlio, vita e fonte di vita, il dono stesso e la fonte dei doni da lui elargiti: «Lo Spirito santo da sempre era, è e sarà, perché mai ha avuto un principio, né mai cesserà di essere, ma sempre è posto insieme al Padre e al Figlio e con essi annoverato: vita e creatore di vita; luce ed elargitore di luce; buono per essenza, e sorgente di bontà; per lui è conosciuto il Padre ed è glorificato il Figlio, per lui da tutti è riconosciuta l’unica potenza, l’unica unione, l’unica adorazione della santa Trinità».

Due tropari del vespro della festa sono entrati nella celebrazione quotidiana della liturgia bizantina. Il tropario: «Re celeste, Paraclito, Spirito di verità che sei presente in ogni luogo e tutto riempi, tesoro di beni e datore di vita, vieni e abita in mezzo a noi, purificaci da ogni macchia e salva, o Buono, le anime nostre»; è un testo che recitato all’inizio di tutte le ore dell’ufficiatura bizantina, diventa un’epiclesi sulla Chiesa orante. Poi il tropario: «Abbiamo visto la vera luce, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste, abbiamo trovato la fede vera, adorando l’indivisibile Trinità: essa infatti ci ha salvati»; viene cantato ogni giorno dopo la distribuzione dei santi doni nella comunione eucaristica. Il dono della comunione al Corpo e il Sangue di Cristo ricevuti nella divina liturgia: perché i santi doni sono proprio questo, dei doni che vengono ricevuti dalla Chiesa e da colui, il vescovo o il sacerdote che li celebra e li distribuisce, non presi ma accolti con riverenza nel cuore dei fedeli affinché diventino loro stessi Corpo e Sangue del Signore; il dono della comunione ci apre alla confessione della vera fede, nella santa Trinità.

Un ultimo tropario, inoltre, che oltre a essere una confessione di fede trinitaria — in Oriente la Pentecoste è una festa allo stesso tempo trinitaria e pneumatologica — è un testo che dà del Trisaghion, il canto al Dio santo, forte e immortale, una lettura trinitaria molto bella: «Venite, popoli, adoriamo la Divinità nelle tre ipostasi: il Figlio nel Padre insieme al santo Spirito. Il Padre infatti ha eternamente generato il Figlio coeterno e con lui regnante, e lo Spirito santo era nel Padre, glorificato insieme al Figlio; una sola potenza, una sola sostanza, una sola divinità che noi tutti adoriamo dicendo: santo Dio, che tutto hai creato mediante il Figlio, con la sinergia del santo Spirito; santo forte, per il quale abbiamo conosciuto il Padre e per il quale lo Spirito santo è venuto nel mondo; santo immortale, o Spirito paraclito, che dal Padre procedi e nel Figlio riposi. Trinità santa, gloria a te».

di Manuel Nin, l’Osservatore Romano

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