Che succede al Giglio? Figuccia pone 5 domande all’assessore Razza

Che succede all’ospedale Giglio di Cefalù? Se lo chiede <strong>Vincenzo Figuccia</strong>, deputato all’Ars e leader del movimento «<strong>Cambiamo la Sicilia</strong>», che per avere risposte certe ha rivolto una interrogazione al Presidente della Regione e all’Assessore alla salute Ruggero Razza.<span class=”Apple-converted-space”>  </span>Cinque le domande che Figuccia pone all’assessore. Riguardano i requisiti che dovrà avere il nuovo presidente della Fondazione e i criteri con i quali sarà scelto, la fuga degli anestesisti dall’ospedale, le spese che il Giglio affronta per consulenze di anatomia patologica e i tempi di consegna dei referti citoistologici, le unità operative dell’ospedale che non hanno un medico responsabile con incarico quinquennale e i 140 amministrativi che vi lavorano.

<strong>La situazione</strong>. Nella sua interrogazione Figuccia inizia facendo <strong>il punto della situazione</strong> e ricostruisce la storia degli ultimi anni dell’ospedale Giglio. Parte da quel 17 gennaio 2003 quando nasceva La Fondazione Istituto San Raffaele G. Giglio di Cefalù, uno dei primi modelli in Italia di sperimentazione pubblica-privata per la gestione di un ospedale pubblico attraverso una joint venture tra la Regione Siciliana, il Comune di Cefalù, l’Azienda USL 6 di Palermo, oggi Asp, e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano. Quella fondazione nasceva con l’obiettivo di trasformare l’ospedale Giuseppe Giglio in centro di eccellenza, di ricerca, di alta specializzazione a prevalenza oncologica ma non esclusiva, attraverso il trasferimento del know-how dal San Raffaele di Milano. Nata anche con lo scopo di ridurre la mobilità sanitaria passiva dalla Sicilia verso altre regioni la sua mission è indirizzata su tre direttrici: clinica, ricerca e formazione. Ai vertici della Fondazione siedeva un consiglio di amministrazione composto da cinque membri, tre di nomina pubblica e due di nomina privata. Il direttore generale era nominato allora dal Consiglio di Amministrazione su designazione del San Raffaele di Milano.

Ultimata questa sperimentazione, scrive Figuccia nella sua interrogazione, il Cda viene commissariato e l’Assessore Regionale alla Salute nomina Commissario Antonino Mangiacavallo. Il 24 dicembre 2013 la Giunta Regionale approva con delibera le modifiche allo statuto della Fondazione e qualche giorno dopo nomina commissario straordinario Giuseppe Ferrara, già direttore sanitario dell’ospedale di Cefalù. Funzione che ha mantenuto ad interim fino a quando nel maggio del 2015 si insedia il nuovo cda con il presidente Giovanni Albano.

Con il nuovo statuto, continua sempre Figuccia, il presidente della Fondazione non viene più nominato dal Cda ma direttamente dal presidente della Regione. I soci fondatori sono la Regione Siciliana, il Comune di Cefalù e l’Asp di Palermo a cui si aggiungo i nuovi ARNAS Civico G. Di Cristina Benfratelli di Palermo e l’Azienda Ospedaliera Ospedali riuniti Villa Sofia – Cervello di Palermo.<span class=”Apple-converted-space”> </span>

Lo scorso 4 aprile la Giunta regionale approva un atto di indirizzo che ridisegna la governance della Fondazione Giglio. Vanno via l’Arnas Civico e l’Azienda Villa Sofia Cervello e si apre ad un nuovo partner privato di cui ancora non si conosce l’identità.<span class=”Apple-converted-space”> </span>

Dieci giorno dopo, riporta nella sua interrogazione Figuccia, la Fp Cgil invia una lettera alla sede di piazza Ottavio Ziino e chiede un incontro all’assessore regionale alla sanità sul Giglio.<span class=”Apple-converted-space”>  </span>In questa lettera il sindacato elenca alcuni gravi problemi dell’ospedale. Per due anni il Cda del Giglio è stato senza il direttore amministrativo e da sei mesi senza il direttore sanitario. L’adozione di atti unilaterali, invece, ha generato un clima di malessere organizzativo, che ha determinato sempre più incomprensioni fra e con il personale, disfunzioni nell’assistenza ai pazienti ricoverati, attriti tra le diverse figure sanitarie. La Cgil continua dicendo che tra le disfunzioni «il mancato rinnovo del parco tecnologico, ormai obsoleto, con particolare riferimento alle apparecchiature di radiodiagnostica e di medicina nucleare. La Pet risulta ferma da oltre 3 mesi per un guasto tecnico. E rimane un dato di fatto grave la carenza di medici e infermieri, aggravata dalla fuga di professionalità, la cui responsabilità risiede nell’organizzazione del lavoro che avviene senza una preventiva consultazione con le rappresentanze sindacali, malgrado le numerose richieste d’incontro rimaste inevase». Ed ancora in questa lettera la Fp contesta l’elargizione, «immotivata e non concordata con le organizzazioni sindacali, nel corso di questi ultimi anni, di numerosi assegni ad personam, nonostante le criticità di bilancio e l’esubero di personale amministrativo».<span class=”Apple-converted-space”> </span>

<strong>Ed ecco le cinque domande di Figuccia</strong>. Anzitutto vuole sapere per quale motivo nella delibera di Giunta dello scorso 4 aprile si scrive, a proposito di criteri e requisiti del Presidente, che non dovranno essere esaustivamente il possesso dei requisiti professionali e accademici. Figuccia per questo chiede di conoscere quali altri requisiti saranno richiesti. Il deputato chiede anche di sapere «se corrisponde al vero la notizia secondo la quale all’interno del Giglio operano 140 amministravi quando in realtà ve ne sarebbe bisogno di appena un terzo». Ed ancora vuole sapere «se corrisponde al vero il dato secondo il quale ci sarebbe una fuga di anestesisti e che per questo arrivano dal policlinico pagati profumatamente dalla fondazione con circa 1.200 euro per dieci ore di servizio». Figuccia chiede ancora «quanto vi si spende al Giglio per consulenze di anatomia patologica e quali sono i tempi di consegna dei referti citoistologici». E infine vuole sapere «quali unità operative del Giglio non hanno un medico responsabile, con incarico quinquennale, ma vengono affidate nella gestione a dei facenti funzione con incarichi di pochi mesi che non garantiscono, per questo, la continuità della programmazione sanitaria».

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