Il quartiere fuori Porta Palermo e l’infondata “leggenda” dell’origine del Carnevale di Termini Imerese

La Porta Palermo fa parte della nuova cinta muraria costruita nella seconda metà del ‘500, su impulso dato dall’imperatore Carlo V che, venuto in Sicilia nel 1535, si era reso conto della necessità di migliorare e ampliare le difese delle città costiere, soggette a scorrerie dei pirati barbareschi.

A Termini, fu realizzata una robusta cortina muraria della lunghezza di circa 3,8 km con ben 10 porte civiche d’accesso (oggi, purtroppo buona parte di esse scomparse o accorpate da strutture edilizie o talune, rese irriconoscibili dall’incuria umana) tuttavia, oltre alla predetta Porta Palermo furono costruiti altri nove passaggi d’ingresso alla cittadina: Porta di Santa Caterina (o di S. Giovanni o della Fossola), Porta Caccamo (o di Girgenti), Porta Barratina (o Euracea o di Bellomo), Porta Messina (o di Pescara), Porta del Caricatore, Porta della Sanità, Porta della Dogana (o Marina), Porta Pescheria, ed infine Erculea o Felice (aggiunta nel 1636).

Le porte, oltre ad assicurare un efficace sistema difensivo, furono un valido deterrente per il controllo dei viaggiatori e delle merci che affluivano in città.

Infatti, le mercanzie in entrata, rappresentavano, mediante il pagamento del dazio, una delle fonti di introito fiscale della Termini del XVI sec.

Quando la Porta Palermo fu costruita, esternamente ad essa, c’era solamente campagna ed una mulattiera che permetteva di arrivare ai Mulinelli (o Molinelli) ed ai giardini del fiume S. Leonardo.

La pianta topografica di Gabriele Castiglia (1), disegno ad inchiostro acquerellato, risalente al 1836, attesta che oltre Porta Palermo esisteva soltanto qualche casupola rurale.

Quindi il quartiere, oggi esistente fuori Porta Palermo, tra la via omonima e la Fossola, cominciò a essere edificato solo successivamente, nella seconda metà dell’800 ed agli inizi del’900.

Pertanto, dall’analisi della cartografia del Castiglia si evince con estrema chiarezza e senza ombra di dubbio alcuno, l’inesistenza nella parte nord-occidentale della cittadina imerese di nuclei abitativi posti «extra moenia» di Porta Palermo.

Una fantasiosa “leggenda metropolitana”, che circola da più di vent’anni a questa parte, sostiene che le origini del carnevale termitano si legherebbero alla presenza, durante il dominio borbonico, nel “quartiere” di Porta Palermo della famiglia Napoliti o Napolitì (alla quale è intestata una stradina), ritenuta di origine partenopea e che sarebbe stata promotrice, assieme ad altre famiglie di analoga ascendenza, del carnevale termitano ai suoi albori (quindi, anteriormente al 1876, data di fondazione della prima associazione termitana che curava la manifestazione carnascialesca).

La pianta del Castiglia (1836) e quella dei Mortillaro (1858) dimostrano chiaramente che il quartiere fuori Porta Palermo è sorto successivamente al dominio borbonico e del resto sappiamo che già nel 1876 esistette la “Società del Carnevale” e quindi, la leggenda è priva di consistenza e crolla come un castello di sabbia.

In realtà, il termine lessicale Napoliti non fu altro che il soprannome (‘nciuria) di una famiglia cognominata Giuffrè (alla quale si sarebbe dovuta intitolare la via Napoliti), le cui presunte origini partenopee sono attualmente prive di supporto documentario e basate su presunte “tradizioni orali”.

Come ebbi modo di scrivere tempo fa, su questa testata giornalistica, prima del Carnevale del 1876 a Termini, gli eventi carnascialeschi si festeggiavano di già.

Tuttavia, esse, erano solamente festicciole “circoscritte”, organizzate da amanti del divertimento entro le consuetudinarie “quattro mura”, nemmeno lontanamente paragonabile al carnevale di Palermo, documentato sin dal Cinquecento e basato su uno sfarzo esteriore, retaggio della dominazione spagnola.

Infatti, abbiamo notizie dei festeggiamenti che si svolgevano nella capitale del Regno di Sicilia, proprio negli anni 1544 e 1549, e riportate negli atti del Senato palermitano, in riferimento al divieto delle maschere utilizzate nel periodo carnascialesco (2).

Pertanto, il Carnevale di Termini Imerese (oramai ampiamente svelato essere l’erede diretto dell’antico carnevale di Palermo) ha una data di nascita ben precisa, l’anno 1876, e per la quale lo qualifica ineccepibilmente e con grande nostro orgoglio termitano, un carnevale storico!

Tale peculiarità, è confermata dal cosiddetto “Proclama” (3) della “Società del Carnevale”, la primigenia associazione per la promozione e l’organizzazione del Carnevale a Termini Imerese; un sodalizio molto affine a quella di un’altra antica associazione di Palermo, oramai estinta, e denominata anch’essa “Società del Carnevale”, che ebbe la sua sede nel Palazzo del Barone Grasso (4) al civico 287 di via Maqueda.

Il Proclama della “Società del Carnevale” di Termini Imerese fu rinvenuto casualmente a Palermo nel 2017 a casa di Vilma Scaffidi Patiri, pronipote dell’etnologo Giuseppe Patiri, (1846-1917), quest’ultimo, referente a Termini Imerese dell’antropologo, Giuseppe Pitrè (1841-1916).

Questa “tumultuosa” vicenda carnascialesca ha visto, mediante uno studio scientifico documentato, tenacemente e pervicacemente portato avanti dallo scrivente, sistematicamente demolire una per una, le presunte notizie “storiche” ed “etnoantropologiche”, ridottesi a mere “leggende metropolitane”, relative al Carnevale di Termini Imerese, costellate dagli arcinoti e strombazzanti sostantivi: “antichità”, “mistero” e “certezze delle certezze” ed altre amenità.

Per concludere, mi piace riportare per i lettori, l’amareggiato richiamo lanciato dal Generale Mario Piraino, circa l’origine etimologica del soprannome Napoliti (il cui argomento peraltro è attinente al mio sopracitato capoverso), pubblicato nel suo profilo tramite un noto social network il 3 marzo del 2017.

Come è noto il Piraino è il nipote prediletto dello storico locale Prof. Giuseppe Navarra (1893-1991, autore del libro postumo, edito nel 2000 dalla casa editrice GASM, ed intitolato “Termini com’era”, 352 pp.).

«VERITÀ INCONFESSABILI,

FINITO IL CARNEVALE,

PER CHI VIVE A TERMINI IMERESE ,

COSA SIGNIFICA: NAPOLITI ?

Giusto per fare un minimo di chiarezza, davanti a tante fantasie del carnevale, mi permetto di ricordare agli storici e/o narrator cortesi, o presunti tali, che, a mio avviso, il nome “Napoliti”, deriva dal termine greco Neapolis (Νεάπολις) che significa «città nuova» e cioè abitanti della città nuova di Termini Imerese, quella fuori le mura, ed infatti, fuori Porta Palermo, esiste la via dei napoliti che può avere un significato storico da individuare nella contrapposizione tra napoliti e palepoliti e cioè abitanti dell’antica Palepolis («città vecchia»).(5)

Il carnevale è finito, finiamola, siamo in quaresima, a buon intenditore poche parole».

(1) Gabriele Castiglia, fu “Capomastro delle Fabbriche della Città  di Termini”, cioè civico architetto, ed autore della Pianta geometrica della città di Termini e delle vedute campestri (museo civico di Termini Imerese).

(2) Vedi Villabianca, Diarij, t. 13 pp. 78-79. In G. Pitré, “Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano” Volume I.

(3) G. Longo – 2017 “Proclama” del 1876 di Giuseppe Patiri per la Società del Carnovale, in Termini Imerese.

(4) G. Longo – 2016  “Le Società carnascialesche di Palermo e di Termini Imerese”.

(5) “Neapoliti. “Tolomeo nel nominare le diverse tribù, che nel suo tempo popolavano la Sardegna, notò i neapoliti, e vedesi chiaro che l’ordine istesso nel quale riferì i nomi, indica questo popolo abitatore de luoghi, intorno a quali era la città di Neapoli”. (dal Dizionario Geografico Storico – Statistico – Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna. Compilato per cura del Professore. Goffredo Casalis Dottore di Belle Lettere. Vol. VIII. Torino 1841. G. Maspero Librajo e Cassone e Marzorati Tipografi).

Foto a corredo dell’articolo: Porta Palermo, nel primo Novecento, con i cancelli collocati nel 1883.

Giuseppe Longo
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