Ruggero: il giovane re dimenticato e quelle parole profetiche di don Liborio Asciutto

Aveva 59 anni quando è morto il 26 febbraio 1154 a Palermo. Re Ruggero aveva appena 36 anni quando inizia la costruzione della Cattedrale di Cefalù. Sarebbe dovuta essere il mausoleo di famiglia. Vicino al coro dei canonici, nel centro della navata centrale, aveva fatto collocare, infatti, due sarcofagi che avrebbero dovuto accogliere le sue spoglie e quelle del figlio che avrebbe regnato dopo di lui. Quando muore, però, re Ruggero viene sepolto nella Cattedrale di Palermo. Il suo corpo sarebbe dovuto arrivare a Cefalù dopo la consacrazione della Cattedrale. Così non è stato. Federico II, infatti, fece trasportare i due sarcofagi a Palermo e li fece collocare nella Cattedrale. In uno vi fu seppellito lo stesso Federico e nell’altro vi fu traslato il corpo di re Ruggero. 

Del volto di Ruggero a Cefalù non sono rimaste molte tracce. Sappiamo di una raffigurazione che ritraeva il Re, incoronato e in vesti regali, mentre con la mano destra donava la Cattedrale a Cristo. Faceva parte di una serie di cinque dipinti che si trovavano nella parete di una delle torri della facciata della cattedrale adibita a campanile. Dei cinque dipinti non c’è traccia. Nel corso del ‘600 quattro di queste cinque raffigurazioni vennero riproposte su tela e collocate nelle pareti laterali del bema della cattedrale entro quattro grandi nicchie rettangolari. Sono stati rimossi durante i lavori di restauro ed oggi si trovano nella sagrestia. La prima di queste tele mostra Ruggero II mentre dona la Cattedrale al Salvatore. Il fatto che riporti in basso lo stemma del vescovo Marco Antonio Gussio (1644-1650) fa supporre che che si deve a questo vescovo la loro commissione. Questa tela è una delle poche immagini che Cefalù si ritrova del suo re Ruggero (nella foto).

A riproporre il volto di Ruggero ai cefaludesi, dopo alcuni studi, è stato l’artista Salvo Salvato. Lo ha mostrato ai cittadini nel corso di una mostra allestita nell’ottagono di Santa Caterina durante le festività natalizie del 2010. Il volto di questo Re faceva parte di una Statua alta sei metri. Per tre anni l’opera era rimasta nei magazzini di Palazzo Riso a Palermo. Proprio alla vigilia del Natale del 2010 era stata portata a Cefalù perché il 26 febbraio del 2011 si sarebbe dovuta collocare al Molo. Così non è stato. Quella Statua non è stata mai collocata ed oggi si ritrova distrutta ed abbandonata fra i confini della città di Cefalù.

A distanza di otto anni riproponiamo una riflessione di don Liborio Asciutto, pubblicata da cefalunews nel febbraio del 2011, quando la statua si doveva collocare al Molo, territorio della parrocchia da lui guidata.

«Quando ho saputo dell’iniziativa di porre al molo la Pietra della Memoria e ho visto la statua di Ruggero ne sono stato entusiasta. Mi colpiva la ieraticità del volto regale e trovavo estremamente consono l’abbinamento col molo, luogo d’ingresso dal mare verso la città». Per don Liborio la collocazione di quella statua rappresentava «un elemento senz’altro arricchente per il turismo di Cefalù, così come lo sono state le vetrate di Michele Canzoneri per la cattedrale e come lo sarebbe, se sarà realizzato, il portone proposto nel bozzetto di Pomodoro: il moderno che si lega al passato e apre a nuovi orizzonti». Per il Parroco dell’Itria il discorso sulla Pietra della memoria spingeva a guardare a tutta la città di Cefalù. «Allargando il discorso, non dovremmo interrogarci sul senso della nostra Città, su ciò che la caratterizza nel suo profondo e dalle sue origini? Le opere in essa realizzate, la sua struttura, la sua posizione non ci indicano forse dei percorsi da intraprendere o da perseguire? Spesso sono tornato sul ‘sogno di Ruggero’ quale riproposizione utopica ed ecumenica del suo far convivere cristianesimo e islam; ma questo potrebbe essere solo un piccolo tassello da connettere ad altri tasselli, per fare di Cefalù una città-laboratorio di idee e progetti che si concretizzino in realtà effettive di crescita e di sviluppo».

E don Liborio, quasi profeticamente, così chiudeva allora la sua riflessione: «Non possiamo non constatare con amarezza come, di decennio in decennio, Cefalù non solo non si è abbellita di nessuna opera esterna (monumenti, piazze, opere d’arte), ma la sua ‘immagine’ si è sempre più deteriorata e degradata. Forse, accanto ad una Pietra della Memoria, occorrerebbe pensare ad una Pietra del Riscatto, che spinga Cefalù a credere in sé e a risollevarsi».

Gandolfo Albanese: