Discorso del Venerdì Santo del Vescovo

Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.[1]

In latino, la parola “ferita” si dice vulnus da cui la parola “vulnerabile”. Vulnerabile, infatti, è colui che è esposto alla possibilità di essere ferito, violato, colpito, percosso, offeso. «Quanto dolore costano i nuovi esodi! Quanta crudeltà si accanisce su chi fugge: i viaggi della disperazione, i ricatti e le torture, il mare trasformato in tomba»[2].
E i più vulnerabili sono sempre i più piccoli, i più fragili e gli indifesi. Pensate alle violenze sui bambini; pensate alle ferite inflitte ai piccoli dalle guerre e alle gravi mutilazioni per le mine antiuomo disseminate in vaste aree del pianeta.
Dio, sulla croce, diviene vulnerabile, assume nella sua carne la fragilità dei piccoli e degli ultimi.
Innalzato sulla croce, il Figlio di Dio si lascia ferire dall’amore; si rende vulnerabile.
Dalle ferite sul corpo del Cristo risorto penetra la luce divina dell’amore; dalle sue piaghe siamo stati guariti. Chiunque crede che solo da queste ferite può penetrare la luce e la vita, rinasce a vita eterna, viene alla luce. Solo nell’amore si diventa luminosi. Chi perde la vita per amore dona la vita.
Colui che si rende impenetrabile ha scelto invece di non restare ferito. Ha scelto di non amare e, quindi, rimane nell’oscurità, nelle tenebre e nell’ombra della morte. La “via dolorosa” viene percorsa quest’anno «insieme a tutti i poveri, agli esclusi dalla società e ai nuovi crocifissi della storia di oggi, vittime delle nostre chiusure, dei poteri e delle legislazioni, della cecità e dell’egoismo, ma soprattutto del nostro cuore indurito dall’indifferenza. Signore, facci la grazia di non rimanere insensibili al loro pianto, alle loro sofferenze, al loro grido di dolore perché attraverso di loro possiamo incontrarti»[3].

Vogliamo incontrare il dolore del mondo col cuore di Maria tua Madre.
Contempliamo le piaghe del Crocifisso e preghiamo facendoci prestare le parole da una saggia monaca benedettina, l’Abbadessa Anna Maria Cànopi, deceduta il giorno della festa di San Benedetto:

Signore Gesù,
inchiodate al legno della croce
le tue mani grondano sangue,
versano amore nei nostri cuori,
su tutto il mondo.
Quelle mani di bambino
che si sono affidate a Maria,
quelle mani di giovane
che hanno lavorato
lasciandosi addestrare da Giuseppe,
quelle mani che hanno accarezzato
tanti bambini,
che hanno toccato
e guarito tanti malati,
che tante volte
ci hanno tratto fuori dai flutti del male,
quelle mani che, alzate al cielo,
hanno pregato per noi,
quelle sante mani
che ci hanno spezzato il pane di vita,
noi le abbiamo inchiodate
e sempre ancora le inchiodiamo.
Ma tu non stancarti, Signore,
di tenerle stese davanti a tutto il mondo
come un mendicante, finché tutti ritorniamo a te
per ricevere dalle tue mani ferite
l’amore che perdona,
rigenera e salva. Amen.

✠ Giuseppe Marciante

[1] Is 53,5.
[2] Suor Eugenia Bonetti, Meditazione per la Via Crucis 2019 con il Santo Padre.
[3] Ibidem.

Gandolfo Albanese: