Lui è Pierpaolo Occorso. E’ un giovane medico di Petralia Sottana che da anni è impegnato in varie missioni all’estero. Da alcune ore sulla pagina Facebook racconta la sua esperienza di vita accanto a chi soffre nel mondo. «Sono orgogliosamente siciliano. Amo la mia terra, anche con tutte le sue contraddizioni. Sono cresciuto nella zona delle Madonie, in un piccolo paese dell’entroterra, in provincia di Palermo. E proprio a Palermo, una volta finite le scuole superiori, mi sono iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia. Erano gli inizi degli anni Novanta…in quegli anni nasceva anche Emergency». In quegli anni Pierpaolo comincia a collaborare con una piccola associazione siciliana. Prima destinazione: Chiapas, in Messico, durante la rivoluzione zapatista. »È lì che ho conosciuto Stefania, la donna di cui sono innamorato, e dove ho scoperto che anche la medicina, in situazioni di crisi, può “fare resistenza”. Ne ero così convinto che una volta tornato in Sicilia ho deciso di iscrivermi a Medicina. Poi sono ripartito per il Messico, per la specialità in pediatria. In America Latina io e Stefania abbiamo trascorso 17 anni della nostra vita. Lì è nata anche nostra figlia, Sofia».
In questi giorni Pierpaolo si trova in Afghanistan, ad Anabah, dove segue i bambini in ogni fase della cura. «Lo facciamo perché la vulnerabilità di ognuno è la vulnerabilità di tutta la società, e va protetta. Quando muore un bambino, si disintegra la possibilità di una famiglia. Si mutila un pezzo di futuro. E quando muore una madre, si disintegra il nucleo della famiglia. Perdiamo tutti. Cerco di trasmettere questo ai nostri colleghi, agli studenti che vogliono imparare… a tutti. Dall’infermiere in sala al cleaner che si occupa di tenere pulito ogni spazio dell’ospedale. Lo faccio cercando di superare le barriere, le prime timidezze e quando incrocio lo sguardo delle madri. In quel momento capisco di avercela fatta. Lo capisco quando anche i nuovi pazienti e i loro familiari cominciano a chiamarmi nel modo in cui mi conoscono qui: Pierpaolo, “il dottore magro”».