Mobbing: vessazioni sul posto di lavoro

Il termine “mobbing” (to mob = accalcarsi intorno a, assalire) si riferisce ad una serie di condotte assillanti, ad angherie, ad atti molesti e a forme comunicative astiose che in modo sistematico e costante hanno lo scopo di rendere difficile o impossibile la vita sul posto di lavoro, a una vittima designata.

E’ singolare che il fenomeno, studiato e osservato inizialmente in ambito etologico (anni ’70), derivi da comportamenti di attacco messi in atto da alcuni animali per mettere in fuga o escludere un proprio simile dal branco di appartenenza o per difendere il proprio territorio da un intruso. 

Fu lo studioso H. Leymann a traslare il concetto nell’ambito della psicologia del lavoro, definendone gli aspetti più rilevanti. Le due forme di mobbing più conosciute sono dette “verticale” e “orizzontale” ed è facile intuire come si riferiscano ad abusi e soprusi esercitati da un superiore su un subalterno o compiuti tra colleghi con pari posizione lavorativa.

In quali modi si manifesta il mobbing? I comportamenti del “mobber” (aggressore) ai danni del “mobbizzato” (vittima) consistono in provocazioni, critiche, insinuazioni, giudizi, svalutazioni, rimproveri, diffamazioni, derisioni, tali da minarne la reputazione, da indurne la squalifica agli occhi degli altri e un annesso senso di impotenza, solitudine ed emarginazione rispetto al proprio contesto lavorativo.

E’ importante sottolineare che non si tratta di situazioni conflittuali espresse o manifeste, ma di subdole manovre comunicative; il litigio infatti è un discutere su qualcosa di concreto, che si tratti di un’incomprensione o di una situazione ed avviene in modo aperto sebbene aggressivo tra due o più persone, le quali provano a far valere la propria opinione. Diversamente accade nel mobbing in cui non solo la vittima subisce gli attacchi senza poter esprimere il proprio punto di vista, ma la controversia non ha alcuna finalità costruttiva o di chiarimento tra le parti.

Il mobbing può manifestarsi sia a causa di problematiche organizzative, relazionali e comunicative insite alle aziende, sia per tratti individuali o di personalità dei soggetti coinvolti; in tal senso alcuni studi indicano il narcisismo e il disturbo paranoide come aspetti presenti nel mobber e la tendenza all’ansia, all’insicurezza, alla scarsa auto stima, alla depressione come fattori predisponenti nella personalità del mobizzato.

Il mobbing è un grave fenomeno sociale spesso definito come “terrorismo psicologico” perpetrato sui luoghi di lavoro; esserne oggetto può portare nel tempo (qualora abbia una durata superiore ai 6 mesi) a conseguenze non indifferenti per l’equilibrio psicofisico. Le vittime infatti possono manifestare disturbi dell’umore, somatizzazioni, perdita di attenzione/concentrazione/memoria, alterazioni del comportamento alimentare e dei ritmi sonno-veglia, ossessività, irascibilità ovvero gli effetti della sindrome da stress post-traumatico.

Giuliana Cardinale: