Cefalù dice addio alla storica “lancicedda” di Salvatore Battaglia: una tradizione che si spegne al porticciolo

Giorno di tristezza e nostalgia per la famiglia Battaglia e per la comunità di Cefalù. Dopo oltre quarant’anni, la storica “lancicedda” di Salvatore Battaglia, un simbolo di tradizione e di legame con il mare, lascia definitivamente il porticciolo della marina, segnando la fine di un’epoca di legno e salsedine che ha caratterizzato la vita e la storia dei pescatori locali. Costruita a Porticello su richiesta di Salvatore e con il sostegno di sua moglie e dei figli, la barca è stata una presenza costante nella marina cefaludese, diventando un’icona per i cittadini e i turisti, oltre che un ricordo tangibile di un tempo in cui le barche erano parte viva della comunità e delle tradizioni marinare.

Una storia familiare e una passione per il mare che attraversa le generazioni

Quando Salvatore Battaglia, originario di via Veterani, commissionò la costruzione della “lancicedda”, immaginava un futuro legato al mare e alla vita semplice e autentica dei pescatori. Accompagnato dall’amico Pino Catanese e dal suo inseparabile “Settebello”, Salvatore portò la barca alla marina di Cefalù, dove divenne parte della vita quotidiana della famiglia Battaglia e di tanti altri. Negli anni, la barca non fu solo uno strumento di pesca, ma anche un simbolo di dedizione, ereditato dai figli, che fino a oggi si sono impegnati a curarla con amore, come faceva il padre.

Con il tempo, la “lancicedda” si era guadagnata un posto speciale nella comunità. Era amata non solo dai pescatori, ma anche dalle coppie di sposi che sceglievano di scattare le loro foto su quella barca carica di storie e tradizione. Protagonista di alcune riprese cinematografiche, la “lancicedda” divenne un’attrazione e un simbolo per chi voleva respirare l’atmosfera autentica della Cefalù marinara.

Il tramonto di un’epoca: addio al legno, benvenuta plastica

Oggi, però, la decisione di ritirare la barca segna una svolta malinconica. Le imbarcazioni in legno come la “lancicedda” sono diventate sempre più rare, soppiantate da moderni scafi in plastica, attrezzati per ospitare ombrelloni e sedie a sdraio, ma privi dell’anima che queste barche portavano con sé. “Un’epoca di plastica”, così la descrive la famiglia Battaglia, rimpiangendo quel legno consumato dalle intemperie e dall’odore di mare che ha segnato intere generazioni di cefaludesi.

La storia della “lancicedda” non è solo quella di una barca che oggi va in pensione, ma il racconto di un cambiamento culturale e paesaggistico che ha interessato l’intera costa di Cefalù. Alla marina, un tempo popolata di gozzi e reti dei pescatori, oggi restano poche tracce di quell’antica semplicità, con molti pescherecci trasferiti al nuovo porto di Pessuliana. La marina si è trasformata, e con essa anche il modo di vivere il mare e il legame con esso.

Un’eredità che vive nei ricordi e nella memoria della comunità

Nonostante la decisione di salutare la “lancicedda”, la famiglia Battaglia ha mantenuto viva l’eredità di Salvatore. Fino al 2017, anno della sua scomparsa, Salvatore si era preso cura di quella barca con dedizione, e dopo di lui i figli hanno fatto del loro meglio per mantenere viva la sua memoria. Oggi, anche se la “lancicedda” lascia il porticciolo, resta nei cuori di chi ha condiviso con essa momenti speciali, di chi ha assistito alla vita semplice dei pescatori, di chi ha trovato nel legno della barca un pezzo di storia di Cefalù.

L’addio a questa barca simbolica è il commiato a un mondo che si allontana sempre di più, ma che resterà vivo nelle fotografie, nelle cartoline, nelle storie di chi l’ha vissuto. Mentre le nuove generazioni guardano al mare attraverso un filtro moderno, la “lancicedda” e la storia della famiglia Battaglia ricordano la bellezza di un’epoca passata e l’importanza di custodire la memoria di chi ha vissuto e amato il mare con autenticità e rispetto.

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