E’ morto don Antonio Riboldi. Per due anni ha collaborato con cefalunews

E’ morto don Antonio Riboldi. Era diventato vescovo emerito di Acerra ma per tutti era don Antonio. È morto, a 94 anni, il prete che si fece voce dei terremotati del Belice, in Sicilia, che vivevano al freddo nelle baracche e che fu pastore in terra di camorra. Si è spento a Stresa, in Piemonte, nella casa dei rosminiani dove si trovava dalla scorsa estate.

Don Riboldi è stato uno dei primi vescovi a utilizzare Internet nel 1997. Le sue omelie arrivavano a migliaia di persone. Per due anni ha curato una propria rubrica su cefalunews.

E’ stato vescovo di Acerra dal ’78 al 2000. Era stato nominato il 25 gennaio 1978 dal Beato Papa Paolo VI ed ha fatto il suo ingresso il 9 aprile dello stesso anno. Sede vacante da 12 anni, ad Acerra c’è da rianimare la vita ecclesiale e da sostenere l’intera comunità tra le problematiche di un momento che richiede la difesa della dignità della persona. Attento fin dal primo momento alla vita e ai problemi di ogni giorno delle persone, l’azione più impegnativa per complessità e per durata è il contrasto alla camorra. Storica la marcia che negli ’80 porta migliaia di giovani ad Ottaviano, città del capo indiscusso Raffaele Cutolo. “Meglio ammazzato che scappato dalla camorra”, disse don Riboldi ricordando la risposta della mamma al suo timore quando viveva sotto scorta. La vita diocesana riprende vigore grazie al carisma e all’impegno di monsignor Riboldi: fiore all’occhiello sono gli annuali convegni diocesani, momenti forti di vita ecclesiale e grazie ai quali arrivano ad Acerra illustri relatori tra cui il cardinale Carlo Maria Martini. Lo stesso Riboldi ricordava spesso con sano orgoglio lo stupore che gli aveva confessato l’arcivescovo di Milano di fronte a tanta vitalità, nonostante le piccole dimensioni della diocesi. Per la sua lotta alla camorra, Don Riboldi ha vissuto sotto scorta.

Pubblichiamo l’ultimo contributo di don Riboldi pubblicato su cefalunews l’8 dicembre del 2006. Portava come titolo: Nostalgia di innocenza.

Credo sia un dono per tutti i miei amici, il fare festa insieme per la solennità dell’Immacolata Concezione, nostra Mamma, Guida e Maestra. Il pensiero, o ancora meglio lo stupore, corre verso questa ‘donna’, concepita senza peccato originale e, quindi donna tutta luce, intelligenza, dolcezza, profondità d’amore, bellezza, in una parola, la Donna dal volto e dall’ animo candido e innocente.

“Tota pulchra es”, Maria – sei bella in tutto o Maria – canta oggi la Chiesa. La solennità dell’Immacolata è una di quelle più sentite da tutti, anche non credenti. Pare impossibile che su questa terra, che non è proprio il ‘terreno’ adatto per questa totale bellezza, sia apparsa, vissuta – nella comune esperienza di creature fatte, come afferma il Concilio nella ‘Gaudium et Spes’, di gioie e di speranze, di sofferenze e di angosce – una donna unica, che ha condiviso con Gesù tutto quello che noi ogni giorno viviamo, senza tuttavia farsi sporcare da una sola zolla del nostro quotidiano fango. Maria era la donna preservata dal peccato originale, ossia senza la conoscenza della triste eredità lasciataci dai nostri progenitori, per attuare quell’immenso disegno di amore del Padre, di recuperare noi alla santità, ossia a quel candore di vita, che è di chi è chiamato a fare parte della schiera celeste.

Maria ha visto in faccia e nella esperienza cosa significhi vivere tra di noi. Basterebbe ripensare al Natale di Gesù nella grotta, già al suo nascere rifiutato da noi; alla vita pubblica di Gesù, contestato da alcuni, cercato per necessità da molti, osannato e subito abbandonato e rinnegato persino dai suoi; al Suo dono della vita sulla croce, la sola via per farci tornare a essere figli di Dio, recuperando la nostra bellezza interiore, e in quel momento così tragico al suo fianco ‘stava la Madre e il discepolo prediletto con alcune donne’ …noi dove eravamo? Eppure chi di noi non ha in fondo un desiderio immenso a cui non sa dare forse neppure il nome e che si chiama: ‘nostalgia dell’amore del Padre’, ossia voglia di bellezza, dolcezza, luce, come in Maria? Quando con estrema sincerità, ci guardiamo ‘dentro’, in quello specchio che è l’anima, ci vediamo talmente piagati e sporchi, da provare disgusto e, nello stesso tempo, desiderosi di essere ‘puliti’, innocenti, come quando siamo stati battezzati.

Proviamo ribrezzo per il fango che pare sommergerci in ogni realtà della vita, personale e pubblica, deformando la voglia di verità, eppure a volte pare troviamo ‘gusto’ a continuare a sporcarci, anche se poi sentiamo che questa non è la vita che vorremmo. E guardiamo con grande nostalgia i santi, quanti, attorno a noi, sembra portino i segni dell’autentica bellezza di vita. Diceva, un giorno, il Cardinal Schuster: “La gente che non vive la fede, quando ci vede uscire da Messa, non ci guarda neppure, perché forse non portiamo i segni della Bellezza che Gesù Eucaristia ci dona nella Comunione. Così come non si ferma davanti a tante nostre manifestazioni: il mondo ne offre di più attraenti. Ma quando incontra un santo si ferma, quasi avesse trovato ciò che vorrebbe”. Ed è vero.

“Dobbiamo essere capaci – ci diceva il grande Paolo VI – di vivere da buoni cristiani e, direi, da santi, anche in mezzo ad un mondo corrotto e tentatore. Guarda che il mondo che incontri è pieno di stimoli malvagi e cattivi, è pieno di veleni: bisogna che noi stessi ci difendiamo. E a questo proprio ci invita il mistero dell’Immacolata Concezione. La purezza di Maria è una purezza concepita dal primo istante, profondamente inserita nell’essere e nella storia di questa creatura eccezionale. Dobbiamo portare la nostra purezza e il nostro amore della virtù, non tanto e non solo negli atti esteriori, ma nel cuore, dove nascono i nostri pensieri, dove veramente siamo noi stessi: lì dobbiamo essere amorosi di Dio, lì desiderosi di essere buoni e puri, lì cercare di filtrare le impressioni cattive che nascono dentro e fuori di noi e cercare che lì la fiamma del proposito cristiano sia tranquilla, luminosa, pura. E se non riusciamo da noi, ecco che il mistero di purezza e di vittoria, ci mette sulle labbra questa invocazione: ‘Madonna, dacci la forza, dacci la virtù: dacci Tu ciò che ci manca’, e Maria, che non è estranea e lontana da noi, ma che ci è Madre, a chi l’invoca dà questa forza e bellezza e gioia”. (Omelia del 13 dicembre 1966).

Non resta a noi che spalancare la nostra porta alla grande voglia di infinito, di bellezza, di santità, senza spaventarci se qualche volta cadiamo, sapendo che Lei, la Mamma, è pronta a darci una mano per sollevarci, ma che non si spenga mai in nessuno la nostalgia della Bellezza, che è in fondo il senso della nostra creazione. Vorrei con voi, oggi, Solennità dell’Immacolata, pregare la Mamma Celeste con una semplice preghiera di Papa Benedetto XVI, nostro amato Pontefice.

“Ave Maria, piena di Grazia, il Signore è con te. Tu sei la Dimora di Dio con gli uomini. In te il Verbo ha unito in Sé la mia umanità. Ecco i tuoi figli, o Mamma: educaci ad accogliere pienamente la volontà del Padre e a vivere nello Spirito Santo, l’unità del Padre e del Figlio. Insegnaci a dire, con Te e come Te, il nostro sì, nelle grandi scelte, come nei piccoli atti del nostro vivere quotidiano. Conduci la Tua famiglia alla fonte dell’acqua della vita, perché bevendola possiamo essere figli di Dio e Dio sia il nostro Dio. Asciuga ogni lacrima dai nostri occhi: consola ogni pena, lutto e lamento e rialza chi è caduto”.

 

 

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