1941. La Notte di Alessandria

Nella notte fra il 18 e il 19 dicembre 1941 i mezzi d’assalto della Regia Marina, i celeberrimi siluri a lenta corsa (SLC) familiarmente chiamati “maiali” appartenenti alla X Flottiglia MAS, penetrando nella base militare inglese di Alessandria d’Egitto, compirono una delle più gloriose imprese della Marina Militare italiana. In realtà settantaquattro anni fa, gli SLC identificati con i numeri 221, 222 e 223 addentrandosi nella principale sede operativa della “Mediterranean Fleet” riuscirono a provocare seri danni alla flotta britannica, immobilizzandola per parecchi mesi nel Mediterraneo orientale. In questa leggendaria azione furono colpite la grande petroliera norvegese Sagona, la nave da battaglia “HMS Queen Elizabeth”, e la gemella “HMS Valiant”. Gli Artefici dell’Impresa di Alessandria furono: il Tenente di Vascello Luigi Durand de la Penne, il Capo palombaro Emilio Bianchi (morto all’età di 103 anni lo scorso 15 agosto), il Capitano Armi Navali Vincenzo Martellotta, il secondo Capo palombaro Mario Marino, il Capitano del Genio Navale Antonio Marceglia e il palombaro Spartaco Schergat. A seguito di questa eroica impresa italiana, Winston Churchill Primo Ministro del Regno Unito, scrisse: «Sei incursori equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l’equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell’“Asse”» (1). Abbiamo chiesto allo storico navale Virginio Trucco (2) di parlarci della famosa “Notte di Alessandria” (3) in cui sei uomini appartenenti a “la Decima” tennero in scacco con i loro siluri a lenta corsa, la principale base navale inglese.

«Anche quest’anno, il 19 dicembre, la Marina Militare celebra su tutte le sue unità navali e basi, il ricordo della Notte di Alessandria. La celebrazione voluta dall’attuale Capo di Stato Maggiore, Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, nel giugno 2013, ricorda l’ardita missione compiuta dagli uomini della 10ª MAS, che riportarono in condizioni di inferiorità la flotta britannica in Mediterraneo. La missione iniziò il 3 dicembre 1941 con la partenza da La Spezia del sommergibile Scirè, al comando del Capitano di Fregata Junio Valerio Borghese con a bordo i 3 SLC contenuti in cilindri stagni. I siluri a lenta corsa arrivarono a Lero (isola dell’arcipelago del Dodecaneso) il 9, lì erano giunti in volo anche gli equipaggi dei mezzi, assieme ad un nucleo di tecnici, che poco dopo sottoposero i mezzi a un’accurata revisione. Il sommergibile ripartì da Lero alla volta di Alessandria il giorno 14. Il 18 dopo aver attraversato in immersione i campi minati a protezione della base, si posò sul fondo e furono assegnati gli obiettivi. Al SLC 221, equipaggio: (T.V Luigi Durand de la Penne e C° palombaro di 1ª cl. Emilio Bianchi, la corrazzata Valiant). Al SLC 222 equipaggio: (Capitano G.N. Antonio Marceglia e Sc. palombaro Spartaco Schergat, la corrazzata Queen Elisabet). Al SLC 223 equipaggio: (Capitano A.N. Vincenzo Martellotta e Sc. palombaro Mario Marino, una grossa petroliera presente nel porto). Il Capitano Martellotta protestò, chiedendo di operare contro, un’imbarcazione militare, a questo punto fu autorizzato dal comandante Junio Valerio Borghese, ad attaccare un’unità militare, solamente se si fosse trattata di una portaerei. Intorno alle 20.30 il sommergibile Scirè si portò in affioramento, a 1,5 miglia per 356° dal fanale esterno del porto commerciale di Alessandria d’Egitto, gli equipaggi di riserva; Ten. D.M. Luigi Feltrinelli e Sc. palombaro Luciano Salvatore e il S.Ten. Medico Giorgio Spaccarelli e il Sc. palombaro Armando Memoli, aiutarono gli equipaggi titolari a estrarre gli SLC dai cilindri di trasporto. Il T.V. Durand de la Penne, in qualità di capo spedizione e in base alle precedenti esperienze, si accordò con i compagni per effettuare la navigazione di avvicinamento in superficie, senza l’utilizzo dei respiratori. Iniziarono così l’avvicinamento in formazione, con Durand de la Penne al centro, Martellotta a dritta e Marceglia a sinistra. Giunti in vista del porto, ed essendo in anticipo, aprirono i tubi porta viveri e consumarono una veloce cena. Al termine, ripresero la propria rotta, dopo 5 minuti, avvertirono lo scoppio della prima bomba (gli inglesi, messi in allarme dalle precedenti incursioni a Gibilterra, avevano aumentato la sorveglianza, utilizzando motoscafi che a intervalli irregolari gettavano piccole bombe di profondità) pertanto, i tre SLC, si avvicinarono alle ostruzioni, fino a sentire le voci delle sentinelle sul molo; avvistando il motoscafo lanciabombe inglese. A questo punto il SLC 221 si portò in affioramento, cioè con la sola testa del pilota fuori dall’acqua. Mentre l’equipaggio SLC 221 era intento a studiare il modo di superare le ostruzioni retali, videro avvicinarsi delle sagome scure. Si trattava di tre cacciatorpediniere che rientravano alla base. La decisione fu subito presa, e nonostante la possibilità di essere scoperti si affiancarono ai tre caccia ed entrarono nel porto sulla loro scia. Dopodiché i tre mezzi si separano ognuno verso il proprio bersaglio. De La Penne verso le 2.00 del 19 dicembre si trovò a 30 m. dalla corazzata Valiant, Il SLC 221, dopo aver superato le reti antisiluro in superficie, si immerse a 7 metri. Poco dopo, il mezzo urtò contro la carena della nave, l’impatto fece precipitare sul fondo il siluro a lenta corsa. Si tentò invano di far ripartire il mezzo: un cavo di acciaio si è aggrovigliato nell’elica. Pertanto, con un grande sforzo, e in soli 40 minuti, si riuscì a trascinare il “maiale” sotto la nave, tuttavia stremato dalla fatica, salì in superficie. Avvistato dalle sentinelle inglesi, Durand de la Penne fu catturato assieme a Bianchi. Portati alla presenza del comandante, si rifiutano di indicare la localizzazione delle mine. I due marinai furono rinchiusi in un locale sotto la linea di galleggiamento della Valiant.  Però, dieci minuti prima dell’esplosione, Durand de la Penne, chiese di parlare con il comandante inglese al quale comunicò che la nave è oramai perduta e gli consigliò di dare l’ordine di evacuarla. Rifiutandosi di nuovo a rivelare l’ubicazione della carica, fu riportato nella cala, lì non trovò più Emilio Bianchi: gli inglesi li avevano separati per convincerli a parlare. Dopo pochi minuti avvenne l’esplosione, che scardinò il portello della cala. A questo punto Durand de la Penne, raggiunse la coperta, e trovandovi anche Bianchi, raggiunsero insieme la poppa e da lì osservarono la nave da battaglia “Queen Elisabeth” (che si trovava a circa 500 metri dalla Valiant) esplodere pochi minuti dopo. Nel frattempo, dopo la separazione del gruppo, il Capitano G.N. Marceglia, effettuò un attacco perfetto. A 300 m. dalla Queen Elizabeth, si immerse, superò le reti antisiluro attraverso un varco, raggiunse la fiancata della nave, assicurò il cavo di sospensione alle alette antirollio, sganciò la testa di guerra, e si allontanò. Dopo aver affondato il proprio mezzo, riuscì insieme al suo secondo a uscire dal porto. Furono catturati la sera del giorno seguente, presso la città egiziana di Rosetta. Anche il Capitano A.N. Martellotta, eseguì un perfetto attacco. Dopo aver perlustrato il porto alla ricerca della portaerei, attaccò una grossa petroliera e dopo averla minata, si allontanò, spargendo delle bombe incendiarie nella speranza di appiccare il fuoco al combustibile sulla superficie del mare. Anche lui, dopo aver affondato il suo mezzo cercò di uscire dal porto, ma fu fermato e arrestato. Al momento dell’esplosione, oltre alla petroliera, fu gravemente danneggiato anche il cacciatorpediniere Jervis, che si era affiancato alla nave cisterna. Sei uomini su tre mezzi avevano gravemente danneggiato 4 navi, le uniche corazzate della Mediterranean Fleet. Esse furono messe fuori servizio per molti mesi, la Valiant tornò parzialmente operativa solo a metà del 1942, mentre la Queen Elisabeth, fu sommariamente riparata ad Alessandria e nel giugno del 1942, venne inviata a terminare i lavori negli Stati Uniti, rientrando in squadra solamente nel giugno del 1943».

(1) Winston Churchill, “La Seconda Guerra Mondiale”, vol. IV, Verona, Mondadori Editore, 1959.

(2) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A. Lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).

(3) Mezzi che parteciparono alla Notte di Alessandria: [SLC: Lunghezza: 7,30 m, propulsione: motore elettrico da 1.6HP, armamento carica esplosiva di circa 300 Kg, Velocità massima: 3 nodi, autonomia 15 mn a 2.50 nodi, equipaggio: 2 uomini]. [Sommergibile Scirè: sommergibile serie 600 (59 unità) classe Audua, costruito nel cantiere OTO-Muggiano La Spezia, varato il 6 gennaio 1938 entrato in servizio il 25 aprile 1938. Dislocamento: in superficie 697 T, in immersione 856. Lunghezza ft 60.18, larghezza 6.45, immersione 4.66, profondità di collaudo 80 m. propulsione. 2 motori diesel Fiat da 1500HP e 2 motori elettrici Magneti Marelli da 800HP, velocità in superficie 14 nodi in immersione 7.5 nodi, autonomia in superficie 3180 mn a 10 nodi in immersione 74mn a 4 nodi, equipaggio 4 ufficiali e 44 sottufficiali e comuni, armamento 6 tubi lanciasiluri (4 a prora e 2 a poppa) 1 cannone da 100/47 2 mitragliere da 13.2mm. Fu affondato il 10/08/1942 dalla corvetta Islay davanti al porto di Haifa, mentre si apprestava a forzarne il porto].

Foto a corredo dell’articolo: Una foto d’epoca dell’SLC. SLC, o maiale, in navigazione subacquea

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longoredazione

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