Prima Guerra Mondiale: 10 febbraio 1918. La beffa di Buccari

Il 10 febbraio di cento anni fa tre motoscafi anti sommergibili (M.A.S.) della Regia Marina, partiti dal porto di Venezia, al comando del Capitano di Fregata Costanzo Ciano, audacemente violavano la baia di Buccari, nel golfo del Quarnaro. La stretta e profonda insenatura, posta lungo la costa adriatica, a poche miglia marine dalla città austro-ungarica di Fiume, fu insieme alla città di Pola una delle più munite basi navali austro-ungariche. L’incursione dei mezzi della Regia Marina nella rada di Buccari non sortì alcun effetto, poiché i siluri lanciati dai M.A.S. contro le navi austriache poste alla fonda, furono trattenuti dalle reti di protezione. Dal punto di vista tattico-militare, l’azione dei M.A.S. non ottenne risultati sperati, mentre nella condotta austriaca si registrò uno scarso coordinamento nei sistemi di vigilanza costieri. Ciò nonostante, il raid dei Motoscafi Armati Siluranti ebbe un forte impatto sul morale della popolazione e dei militari italiani, soprattutto dopo la dodicesima battaglia dell’Isonzo, più nota come la Battaglia di Caporetto, avvenuta alcuni mesi prima. I risvolti dell’azione di Buccari pertanto rafforzarono lo spirito nelle fila italiane. In realtà, i nostri marinai erano riusciti a penetrare dove nessuno avrebbe mai potuto osare. Subito dopo l’attacco i mezzi italiani furono avvistati dalle sentinelle austriache, tuttavia uno dei MAS con a bordo gli Ufficiali, Rizzo e D’Annunzio prima di invertire la rotta per raggiungere la flotta al largo, che li avrebbe riportati nei porti nazionali, lanciarono in mare tre bottiglie sigillate con i nastrini tricolori contenenti i messaggi beffardi (1) scritti dallo stesso D’Annunzio. L’assalto all’importante base navale austriaca, passato alla storia con l’appellativo di “Beffa di Buccari”, vide protagonisti oltre a Costanzo Ciano, anche i sopraccitati militari: il neo Capitano di Corvetta Luigi Rizzo, e il Maggiore di Cavalleria, Gabriele D’Annunzio, il noto “sommo vate”. La decisione della nostra Marina di compiere un attacco nella “tana del leone” fu stabilita dopo che le ricognizioni aree e le fonti dello spionaggio, avevano accertato la presenza di navi nemiche ancorate nella base navale austro-ungarica. La missione militare di Buccari, rispetto alle analoghe operazioni compiute lungo la costa dell’Istria, fu molto ardua. In realtà non si trattò della consuetudinaria e rischiosa missione; ossia di condurre a rimorchio, tramite le torpediniere, i MAS, e rilasciarli in prossimità degli sbarramenti o alle dighe foranee, affinché i motonauti proseguissero verso l’obiettivo. Bensì, questa volta, le torpediniere per evitare il fuoco delle artiglierie costiere nemiche, annidate nel dedalo di canali e stretti, dovevano rilasciare i MAS a notevole distanza, in modo che essi da soli, districandosi nel labirinto dei fiordi, avrebbero raggiunto il vallone di Buccari. All’azione militare parteciparono i MAS 94, 95 e 96 che furono rimorchiati dai cacciatorpediniere “Abba”, “Audace” e “Animoso”. Data la pericolosità della missione, celebre fu l’arringa di D’Annunzio (2) ai ventinove marinai (3) selezionati per la temeraria operazione. Di questa epica impresa ci rimane un’opera scritta da Gabriele D’Annunzio, edita nel 1918 dalla casa editrice milanese dei Fratelli Treves: “La beffa di Buccari: con aggiunti La canzone del Quarnaro, Il catalogo dei trenta di Buccari, Il cartello manoscrito e due carte marine”. Prima dell’impresa di Buccari, il timoniere del motoscafo anti sommergibile su cui era imbarcato D’Annunzio, ispirandosi all’acronimo M.A.S. aveva creato un motto in latino: “Motus Animat Spes” (La speranza anima il movimento), ma D’Annunzio per rendere più incisivo ed energico l’acrostico, dopo un pacifico accordo con il compagno d’armi, lo cambiò repentinamente in “Memento Audere Semper” (Ricordati di Osare Sempre), e lo fece incidere su una tavoletta che era già posta davanti la ruota del timone. Abbiamo chiesto allo storico navale Virginio Trucco (4) di parlarci dell’epica impresa di Buccari che vide protagonisti nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918 tre M.A.S. nel Golfo del Quarnero.

All’inizio del gennaio 1918, gli aerei che compivano missioni di bombardamento e ricognizione sulla costa istriana, fotografarono nella baia di Buccari una corazzata classe Habsburg alla fonda ed alcuni piroscafi ormeggiati al molo. L’osservazione delle foto da parte del Comando Marina di Venezia fece nascere l’idea di tentare un forzamento della base. Il momento era grave, la ritirata di Caporetto è una ferita ancora aperta, diversi Generali sono stati rimossi, cresce il disfattismo, un impresa del genere risolleverebbe il morale delle truppe. L’idea è appoggiata da Gabriele D’annunzio, fattosi assegnare alle squadriglie di MAS, egli giudica l’impresa alla stregua di una beffa, gli austriaci lo temono per come riesce a galvanizzare gli uomini e per le sue continue imprese che hanno ridicolizzato l’Austria, tanto da aver messo una taglia di ventimila corone d’oro. L’impresa inizia a prendere forma, vengono scelti i MAS 94, 95 e 96 tutti del tipo Orlando, che entrano in bacino per le manutenzioni del caso e l’aggiunta di serbatoi ausiliari. Per tutto il mese di gennaio le cattive condizioni del mare bloccano il via, la sera del giorno 9 febbraio viene impartito l’ordine che da l’avvio alla missione; partenza prevista per le ore 09.00 del giorno 10, il MAS 94 è assegnato al STV Adriano Ferrarini, il 95 al TV Profeta De Santis, sul 96 imbarcano Ciano, Rizzo e D’Annunzio. La mattina gli equipaggi schierati ascoltano un breve discorso del poeta, poi si tolgono gli ormeggi. Fuori dalle ostruzioni di Venezia i tre MAS vengono presi a rimorchio dai tre caccia “Animoso”, “Audace” e “Abba”, la navigazione procede tranquilla in mezzo ad una nebbia tanto fitta da far temere per la riuscita della missione, D’Annunzio si addormenta contro le gabbie delle bombe di profondità utilizzando un salvagente come cuscino. Alle 19.00 si avvista l’isola di Unie ed i tre caccia lasciano il rimorchio alle torpediniere “18OS”, “13OS” e “12PN” uscite da Ancona per rimorchiare i MAS sotto la costa istriana, la nebbia s’infittisce ancora tanto che non si scorge la costa, all’imboccatura del Quarnaro il mare inizia a restringersi, si passa il Canale della Galiola, dove mesi prima si è incagliato il sommergibile Pullino, la nebbia inizia a diradarsi, si va avanti è scesa la notte e D’Annunzio steso sul suo giaciglio improvvisato osservando la notte senza luna esclama “a te le corna diventano nere a noi le armi chiare” poi si alza e si avvicina al timoniere, il volontario motonauta Angelo Procaccini, questi aveva posto  a protezione del timone una piccola tavoletta di legno e quella sera vi aveva scritto prendendo spunto dalla sigla dei MAS il verso latino “ Motum Animat Spess” (la speranza anima il movimento) sottopose la frase al poeta se idonea come motto, D’Annunzio non la ritenne adatta ad una nave da guerra ed a marinai pronti ad osare l’inosabile, dettò al timoniere la frase “Memento Audare Semper” (ricordati di osare sempre), nacque così il motto dei MAS, mantenuto dalla Marina fino agli anni 80 per le proprie squadriglie di siluranti.

Ormai da diverse ore i MAS sono in acque nemiche, allo stretto della Farasina le torpediniere lasciano il rimorchio, i MAS accendono i motori termici che benché silenziati dagli scarichi subacquei sembrano produrre un rumore assordante, si passa sotto le batterie di Prestenizza di cui si intravedono i cannoni, dopo 15 ore di navigazione, la formazione accosta a dritta, si spengono i motori termici e si innestano quelli elettrici, la baia di Buccari viene imboccata, prima il MAS 96, segue il 94 ed infine il 95 in formazione ravvicinata superano Porto Re tenendosi a pochi metri dalla costa, dopo un’ora le ricerche della corazzata danno esito negativo, mentre D’Annunzio infila dentro a tre bottiglie avvolte dal nastro tricolore il suo messaggio “In onta alla cautissima flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i Marinai d’Italia, che ridono di ogni sorta di reti e di sbarre pronti sempre ad osare l’inosabile…”. Alla fine si avvistano i 4 piroscafi in fondo alla baia, i MAS si portano in vicinanza delle  navi e lanciano i siluri, 2 il 94, 2 il 95 ed  1 il 96, purtroppo non esplodono bloccati dalle reti parasiluri che circondano le navi, Ciano ordina il lancio dell’ultimo siluro  dopo pochi secondi il boato, la baia s’illumina a giorno per l’accensione dei riflettori su tutta la costa, Ciano ordina l’inversione di rotta e di dirigere a tutta forza verso casa, D’Annunzio lancia le bottiglie in acqua. I Mas passano sotto la batteria di Prestenizze che controlla lo stretto della Farasina, ma sono colpi sparati alla cieca, passano i MAS 96 e 95, ma non si vede il 94 Ciano ordina di invertire la rotta per recuperarne l’equipaggio e i MAS ritornano indietro, intanto il MAS 94 riparata l’avaria al motore riprende la corsa sentendolo arrivare Ciano ordina di dirigere per il rientro e per la 4 volta i MAS sfidano le batterie nemiche. Da Fiume gli austriaci fanno uscire tre caccia per cercare d’intercettare  gli attaccanti durante il rientro a Venezia, ma i nostri avevano previsto la cosa  ed era già deciso di dirigere su Ancona dove i MAS giungono verso le 08.00 del mattino dell’11, all’incirca alla stessa ora una bottiglia con il nastro tricolore giunge al comando della marina di Pola. Purtroppo l’unico siluro è esploso contro una banchina provocando solo lievi danni ad un Piroscafo, ma l’impresa è riuscita.

(1) “In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”. da www.marina.difesa.it

(2) «Marinai, miei compagni, questa che noi siamo per compiere è una impresa di taciturni. Il silenzio è il nostro timoniere più fido. Per ciò non conviene lungo discorso a muovere un coraggio che è già impaziente di misurarsi col pericolo ignoto. Se vi dicessi dove andiamo, io credo che non vi potrei tenere dal battere una tarantella d’allegrezza. Ma certo avete indovinato, dalla cera del nostro Comandante, che questa volta egli getta il suo fegato più lontano che mai. Ora il suo fegato è il nostro. Andiamo laggiù a ripigliarlo». «Ciascuno dunque oggi deve dare non tutto sé ma più che tutto sé, deve operare non secondo le sue forze ma di là dalle sue forze». «Lo giurate? compagni, rispondetemi! » e come lo scoppio d’una fiamma repressa. «Lo giuriamo! Viva l’Italia!»

(3) Elenco dei Trenta di Buccari:

1° equipaggio: Il capitano di fregata Costanzo Ciano da Livorno. Il capitano di corvetta Luigi Rizzo da Milazzo. Il volontario motonauta Angelo Procaccini da Mestre. Il capotorpediniere Giuseppe Volpi da Viareggio. Il sottonocchiere Benedetto Beltramin da Donada. Il marinaio scelto Giuseppe Corti da Ponza. Il fochista scelto Edmondo Turci da S. Arcangelo di Romagna. Il fochista Menotti Ferri da Massa Fiscaglia. Il torpediniere Achille Martinelli da Montalcino. Il volontario marinaio Gabriele D’Annunzio da Pescara d’Abruzzi.

2° equipaggio: Il tenente di vascello Profeta Odoardo De Santis da Chiusi. Il capotimoniere Gino Montipò da Sassuolo. Il capotorpediniere Arturo Martini da Napoli. Il marinaio scelto Salvatore Genitivo da Favignana. Il marinaio Raffaele Esposito da Conca Marini. Il cannoniere scelto Galliano Furlani da Fano. Il torpediniere Oniglio Calzolari da Pitelli. Il fochista scelto Antonino Macaluso da Palermo. Il fochista Virgilio Gaddoni da Massa Lombarda. Il torpediniere Vincenzo Gaggeri da Casale Monferrato.

3° equipaggio: Il sottotenente C. R. E. Andrea Ferrarini da Mantova. Il capotimoniere Vincenzo Lazzarini da Viareggio. Il sottonocchiere Emilio Davide da Finalmarina. Il marinaio Paolo Papa da Trapani. Il sottocapo torpediniere Cesare Dagnino da Sestri Ponente. Il sottocapo torpediniere Domenico Piccirillo da Vietri sul Mare. Il cannoniere scelto Umberto Biancamano da Gallipoli. Il cannoniere scelto Angelo Rittore da S. Bartolomeo del Cervo. Il fochista Saverio Badiali da Spezia. Il fochista Mario Allegretti da Terni.

(4) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A. Lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).

Testi consultati da Virginio Trucco: Navi e Marinai volume II, Compagnia Generale Editoriale S.p.A. Le audaci imprese dei MAS di Ettore Bravetta Casa Editrice Giacomo Agnelli 1930.

Foto a corredo dell’articolo: Motoscafi armati in alto mare. Bologna, Museo Civico del Risorgimento. (www.storiaememoriadibologna.it). Piantina Beffa di Buccari. (www.tes.com)

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longoredazione

 

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