Francesco Faciano: Orazione panegirica per le feste del VI centenario della morte del Beato Agostino O.S.A.

Il 25 luglio del 1620, le reliquie del Beato Agostino Novello (1240 circa – Siena 19 maggio 1309), consegnate a P. Giuseppe Li Maistri Conventuale, giunsero da Siena nella rada di Termini. I resti sacri, chiusi e sigillati in una scatola di legno furono affidati all’Arciprete della Maggior Chiesa, il reverendo Don Giulio Regna, Protonataro Apostolico. Lo straordinario evento fu festeggiato con entusiasmo e gioia nella pianura della Marina e della Pescheria, alla presenza di moltissimi sacerdoti (chierici, sia secolari che regolari), delle autorità civili e militari e di un numeroso popolo.

Seicento anni dopo quell’avvenimento, ossia, nell’anniversario della morte del Beato (1309-1909), il Sac. Francesco Faciano (1873-1958) recitò nel Duomo di Termini Imerese, il 25 agosto del 1909, l’orazione panegirica della vita del Beato Agostino Novello.

Oggi siamo in grado di presentare ai nostri lettori, qui, per la prima volta, alcuni ampi stralci tratti dal discorso solenne pronunciato dal Faciano, poi raccolto in una pubblicazione edita a Termini Imerese nel 1909.

[…] Comecchè siano trascorsi ben sei secoli dalla sua dipartita da questa valle di lagrime al regno dei celesti il suo nome, circonfuso della sublime radiosa aureola della santità, vive ancora in mezzo a noi.

      Di lui ci parlano le tradizioni del popolo, gli archivii civici, gli scritti dei letterati, le piazze della città, le sacri pareti e le colonne dei tempi, le sue preziose reliquie, e soprattutto la storia di seicento anni di culto sentito ed universale che noi e i padri nostri gli abbiamo prestato […].

[… Il Beato Agostino fu grande per la scienza nel secolo, per la sua giustizia nella corte di Napoli, per la pietà nella religione: di tal grandezza volendo fuggir la gloria, dalla gloria vera fu inseguito, raggiunto e coronato agli occhi degli uomini e di Dio […].

[…] Eletto compagno del Generale, il B. Clemente da Osimo, modifica per comando del Pontefice Nicolò IV, le costituzioni del suo Ordine; e poscia viene elevato all’alto onore di Confessore del Papa, e penitenziere Apostolico.

     Per ben dieci anni, solo dolente di star lontano dal sacro ed amato recinto del convento, presta i suoi servizi e dà i suoi savii consigli ai Pontefici Nicolò IV. Celestino V. e Bonifacio VIII. Senza perder di vista il pensiero della perfezione, per cui brama unirsi all’eterno suo principio. Finalmente nel capitolo generale tenuto a Milano nel 1298 a voti unanimi è eletto Priore Generale dell’ordine. Così il Signore volle premiare anco in terra l’umile virtù di Agostino, ponendo sulle sue tempia quella corona do gloria che egli aveva fuggito. Sua meta suprema però era la visione beatifica di Dio. Gli onori della terra, comecché nell’ordine religioso ed ecclesiastico, non lo affascinano, né lo dilettono, che anzi sono stimati da lui più pericolosi che quelli del mondo cui abborre: non ama comandare, ma ubbidire, non essere servito, ma servire, non stare in mostra, ma nascosto, negletto, dimenticato.

     Prega quindi, scongiura e a gran fatica ottiene di tornare alla solitudine, alla cara solitudine dove è la culla del suo amore per Dio e per gli uomini.

     Lì, mentre ascende egli con le sue meditazioni sino al trono luminoso della divinità, vola con la sua carità a fianco dei suoi fratelli. Fonda infatti l’ordine dei Chierici Ospidalieri di S. Maria la Scala di Siena, in servizio dei poveri, degli infermi e dei pellegrini; ne formula e dà le regole, ne chiede ed ottiene dal Pontefice Bonifacio VIII. L’approvazione con grandissimi privilegi.

     Com’angelo di carità, corre dovunque a portar conforto, aiuto consiglio e sollievo, ove la miseria, il morbo, il bisogno mordono aspramente imortali. Ma già il suo corso è consumato; il paradiso li chiama a sé per conferirgli il guiderdone dovuto ai suoi meriti.

     Aggravato dagli anni, dalle fatiche, dalle penitenze, colpito da morbo letale, se ne sta sul letto di morte, aspettando l’alba della sua liberazione. Tiene fisso al cielo lo sguardo, stretto alla destra un crocifisso: ha pallida, ma ilare il volto, qualche lagrima gli inumidisce il ciglio; è il pianto della gioia per le lotte superate e le vittorie ottenute nel campo della vita: è la lagrima della letizia che gl’inonda il cuore al pensiero che fra breve si congiungerà col suo Dio, nel pelago infinito della felicità.

    Un fascio di luce irradia la sua faccia, e forma con i suoi raggi sul di lui capo il diadema della gloria, che adorna i giusti: un profumo di paradiso si spande dal suo corpo quasi spento.

    Quando l’ora è giunta: Dio mio, esclama Agostino, affissando le pupille sul suo Signore crocifisso, o Dio mio «nelle vostre mani raccomando il mio spirito», è consumato dall’amore, nell’amplesso degli angioli custodi, nel bacio divino muore.

    Muore, come aquila, che rompendo la gabbia che la chiude, scioglie i vanni per volare sublime, attraverso gli eterei spazii, come schiavo che spezza le catene per vivere di libertà, come eroe che canta ai popoli l’epopea del trionfo.

    Ma se la Parca inesorabile spense la scintilla della vita nelle spoglie del più illustre figlio di questa terra, non seppellì nel freddo campo dell’oblio il suo nome immortale.

    Egli vive e vivrà sempre nella Chiesa che gli tributa gli onori degli altari, vive nella coscienza di coloro che ne conoscono i meriti insigni, e la santità vive soprattutto nel cuore, nella memoria del popolo termitano che ne esperimenta la benefica protezione e lo proclama vera ed impareggiabile sua gloria.

    Invano la cruda Parca morte diffonde ovunque e nebbia d’oblio sulle cose umane; radiante di luce sorge Agostino dal nero e silenzioso avello dei secoli e con soffio vitale accende nei petti un fremito d’amore che avviva i cuori. La sua virtù ancor oggi, energia possente per il vero, e il bene e piove dai firmamenti eccelsi un nimbo fiorito di celesti grazie.

    Signori una visione misteriosa si schiude oggi al mio spirito. Una stella io veggo brillare nel cielo di Termini, sui raggi della quale si legge a caratteri fiammanti: caro nostra, et frater noster est […].

IMPRIMATUR

PETRUS BOCCONE VIC. GEN.

 

Bibliografia e sitografia

Francesco Faciano,Orazione panegirica in onore del Beato Agostino Novelli”, Termini Imerese, 1909.

Rocco Cusimano, “Brevi cenni di storia termitana”, Palermo 1926.

Giovanni Liotta, Il Beato Agostino Novello”, Palermo 1977.

Dalle ricerche storiche di Agostino Balsamo, B. Agostino Novello nel 680° anniversario della sua morte”, Bagheria, 1989.

AA.VV. “2009. 1309 – 19 Maggio 2009 VII Centenario della Nascita al Cielo. Festeggiamenti in onore del beato Agostino Novello Patrono della città di Termini Imerese”.

Giuseppe Longo, 2021, “Il 600° anniversario della morte del Beato Agostino nelle pagine di storia termitana del Canonico Rocco Cusimano”. Cefalùnews, 8 giugno.

Giuseppe Longo, 2021, “Per i seicento anni dalla morte del B. Agostino Novello: Il fausto giorno del 19 maggio nel ricordo di Francesco Faciano”. Cefalùnews, 13 ottobre.

Giuseppe Longo, 2021, “Tracce agostiniane a Termini Imerese: Il culto del Beato Agostino Novello, la sua canonizzazione nel 1759, e un suo ritratto “ritrovato”. Cefalùnews, 22 ottobre.

Giuseppe Longo, 2021, “Il Beato Agostino Novello e i festeggiamenti in suo onore, comunemente noti come ’U Fistinu”. Cefalùnews, 3 novembre.

Giuseppe Longo, 2021, “Termini Imerese e i festeggiamenti del 1868, antesignani del Festino (‘U Fistinu). Rinvenuto il manifesto-programma”. Cefalùnews, 4 novembre.

 

Si ringrazia Eduardo Giunta Fotografo (per la riproduzione illustrativa inserita nel testo).

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longoredazione

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