L’ Appendicite acuta: una comune urgenza chirurgica

Dr. Marco Iacopinelli
Specialista in Chirurgia Oncologica, Generale e d’Urgenza
Fondazione HSR-G.Giglio di Cefalù
e-mail: marksurg@libero.it


 

L’appendice è una propaggine dell’intestino cieco, primo tratto dell’intestino crasso (Fig. 1 e 2).

Fig.1
Fig.2

Essa è un canale a fondo cieco in comunicazione con l’intestino e svolge un ruolo nella difesa immunitaria poiché ricca di tessuto linfatico che interviene nella difesa dell’organismo dalle infezioni.

L’appendice è di solito posizionata a livello della parte bassa destra dell’addome, subito al di sopra dell’inguine; tuttavia esistono delle varianti di posizione ed essa può orientarsi verso il basso all’interno del bacino (appendice pelvica) oppure posteriormente (appendice retro-ciecale) o risalire verso l’alto (appendice sotto-epatica, cioè che arriva sotto il fegato)(Fig.3).

Fig.3 – L’appendice si può orientare in diversi modi: posteriormente, verso il basso, verso l’alto o verso il centro.

Queste variazioni della posizione dell’appendice possono creare qualche piccola difficoltà quando essa si ammala, poiché la diagnosi può essere confusa con altre patologie di organi vicini.

Tra le tante malattie che possono colpire l’appendice, la più frequente è l’appendicite acuta.

L’appendicite acuta colpisce circa 50.000 persone all’anno in Italia.

Malattia tipica dei Paesi benestanti, rara in Africa ed Asia per motivi dietetici.

E’ la causa più frequente di peritonite in età pediatrica.

Colpisce più frequentemente bambini oltre i 6 anni e giovani adulti tra i 14-25 anni di età.

Ma cosa è l’appendicite acuta?

L’appendicite acuta è una  infiammazione ed infezione dell’appendice.

Immagine reale di una appendice normale
Immagine reale di una appendicite infiammata

 

Generalmente essa è causata da un’ostruzione interna dell’appendice, evento favorito dalla ristrettezza del diametro interno. 

Tale ostruzione è causata quasi sempre dalla penetrazione al suo interno di feci che, diventando dure, formano dei sassolini chiamati “Coproliti”  (Fig.4).

Fig.4 – Si osserva una pallina di feci penetrare all’interno dell’appendice formando il cosiddetto “coprolita” che ostruisce il tubulo appendicolare

Altre volte la causa dell’ostruzione è un ingrossamento del tessuto linfatico della parete dell’appendice che si rigonfia per combattere un’infezione presente in quel momento nell’organismo; altre volte è dovuta alla penetrazione al suo interno di un corpo estraneo come noccioli (es. semini d’uva) o calcoli provenienti dalla colecisti che sono migrati nell’intestino, parassiti intestinali o tumori dell’appendice.

Qualsiasi ne sia la causa, quando l’appendice si ostruisce al suo interno si crea una proliferazione di batteri che provocano una infezione.

L’appendicite può essere più o meno grave e pertanto si distinguono 3 gradi di evoluzione:

  • Appendicite Catarrale: è la fase iniziale, spesso regredisce con il solo antibiotico;
  • Appendicite Ascessualizzata: nei casi in cui il paziente non ha eseguito alcun antibiotico o nei casi resistenti ad esso, l’infezione va avanti formando un vero e proprio ascesso (raccolta di pus) all’interno dell’appendice;
  • Appendicite Gangrenosa: è il passo successivo, ovvero le forme di appendicite con ascesso non trattate con antibiotico o con la chirurgia evolvono quasi sempre nella forma gangrenosa. L’appendice va in necrosi, cioè muore e inizia a sfaldarsi fino a perforarsi; si ha a questo punto una propagazione dell’infezione al di fuori dell’appendice, all’interno dell’addome, cioè si ha una peritonite.

Se la propagazione si limita alla zona attorno all’appendice si ha una “Peritonite circoscritta”, quando invece si diffonde a tutto l’addome si ha una “Peritonite diffusa”.

La peritonite diffusa è una infezione molto grave che, se non trattata rapidamente, porta a morte del paziente.

Quali sono i sintomi di una Appendicite Acuta?

La sintomatologia può essere diversa da paziente a paziente e, come dicevamo prima, può dipendere anche dalla posizione dell’appendice all’interno dell’adome.

I sintomi più comuni sono:

  • Dolore addominale: in genere nasce attorno l’ombelico o sotto lo sterno e solo nelle ore successive si sposta, localizzandosi in basso a destra; altre volte il dolore nasce direttamente in tale zona; il dolore può accentuarsi con i movimenti, ma anche con il respiro profondo, con la palpazione o la tosse; il dolore all’esordio interessa solo la parte bassa dell’addome, ma nei casi di evoluzione in peritonite diffusa coinvolge tutto l’addome.

Questo in tutti i casi di posizione normale dell’appendice, posizione tipica.

  • Se l’appendice è orientata posteriormente (forma retro-ciecale), il dolore sarà non solo in basso a destra ma anche posteriormente al lombo destro; può essere riferito come mal di schiena e il paziente può aver dolore anche alla gamba destra e ai movimenti di essa, per contatto tra appendice e i muscoli posteriori;

 

  • Se l’appendice risale lateralmente verso l’alto in direzione del fegato, il dolore può localizzarsi in alto al fianco destro, sotto la costa, simulando una infiammazione della colecisti o una colica biliare;

 

  • Se l’appendice scende verso il basso nel bacino, l’appendicite può confondersi con una infiammazione dell’utero;

Altri sintomi sono:

  • Febbre: da 37,2 a oltre 39°C, a seconda della gravità dell’appendice. Più grave è l’infezione e più alta sarà la febbre.

  • Nausea e vomito: l’infiammazione disturba il transito intestinale con conseguente nausea e a volte vomito;

  • Perdita dell’appetito: anche in questo caso la causa è il transito intestinale rallentato;
  • Meteorismo (gonfiore addominale dovuto alla ritenzione di aria nell’intestino);
Meteorismo (intestino pieno di aria)
  • Stipsi o diarrea;
  • Incapacità ad espellere gas e feci: blocco intestinale che si verifica nei casi di infezione grave, cioè nella peritonite.

 

Come si fa diagnosi?

La diagnosi si basa sulla raccolta delle informazioni riferite dal paziente (anamnesi) e sulla visita clinica.

La visita del paziente è l’esame più importante, poiché consente non solo di orientarsi sulla diagnosi, ma anche di capire la gravità dell’appendicite.

Può essere utile eseguire un prelievo di sangue (per valutare i globuli bianchi e la proteina C reattiva), ma nella pratica clinica a volte si osservano quadri di grave peritonite in presenza di globuli bianchi poco aumuentati, pertanto gli esami di laboratorio sono importanti ma non influenzano la decisione del chirurgo.

Una ecografia dell’addome (spesso non dirimente) ed una visita ginecologica possono essere eseguiti, nei casi dubbi, per escludere altre patologie che possono confondersi con una appendicite.

La diagnosi di appendicite è in definitva prevalentemente “clinica”.

Tra le malattie che possono essere confuse con un attacco di appendicite acuta abbiamo:

  • malattie ginecologiche: infiammazione pelvica (PID), scoppio del follicolo, infezione della tuba destra, dolori pre-mestruali, etc.;
  • malattie urologiche: infezioni delle vie urinarie, calcoli, etc.;
  • malattie intestinali: enterite, tumori, colecistite, etc.;

In assoluto la diagnosi differenziale più difficile è però con le malattie ginecologiche, al punto che esse, potendo dare dei quadri di peritonite sovrapponibili ad una appendicite acuta, a volte spingono il chirurgo a portare la paziente in sala operatoria a causa dei forti dolori (“addome acuto”) per poi scoprire che il problema è invece ginecologico, nonostante tutti gli esami diagnostici eseguiti prima dell’intervento fossero negativi; in questi casi si parla di “appendicite bianca”.

 

Come si cura l’appendicite acuta?

Il trattamento dipende da fattori diversi. Può essere conservativo oppure chirurgico.

Il primo caso viene generalmente riservato alle forme lievi di appendicite per lo più al primo episodio e consiste nel trattare il paziente con antibiotici, qualche giorno di digiuno ed idratazione. Nella maggior parte dei casi il quadro infettivo regredisce ed il paziente guarisce.

Quando il quadro clinico è più severo, oltre ad iniziare la terapia antibiotica che comunqe va fatta sempre, il paziente va operato.

Il paziente va operato anche nei casi lievi in presenza di recidive, cioè pazienti che hanno avuto più di un attacco di appendicite guarito senza intervento. E’ infatti pericoloso insistere a “raffreddare “ con antibiotico quelle appendiciti che continuano a recidivare, perché si espone il paziente a dei rischi, cioè che al successivo attacco non sia così fortunato e possa giungere alla peritonite.

L’intervento chirurgico fino a qualche anno fa veniva eseguito con tecnica aperta, praticando un taglietto lungo circa 8 cm nella parete addominale in proiezione dell’appendice.

Incisione di McBurney (intervento tradizionale, ormai abbandonato)

Oggi l’intervento tradizionale è stato abbandonato e viene condotto in quasi la totalità dei casi con tecnica mini-invasiva laparoscopica.

Tecnica moderna, mininvasiva laparoscopica

 

Raramente si è costretti a praticare invece una incisione mediana ed aprire l’addome, se non in quei casi di grave peritonite diffusa coinvolgente anche altri organi addominali dove risulta necessaria una toilette dell’addome più approfondita.

L’intervento standard consiste nell’asportazione dell’appendice e nella toilette dell’addome.

Si pratica una piccola incisione della zona dell’ombelico e attraverso essa si introduce una telecamera. Successivamente si praticano altre due piccole incisioni attraverso cui si introducono n. 2 strumenti operatori.

In pratica, si va a legare l’appendice alla base di impianto nell’intestino, sezionare, introdurla in un sacchetto e tirarla fuori.

Legatura e sezione dell’appendice
Appendice asportata

L’intervento si conclude con la toilette della cavità addominale che viene ripulita dell’eventuale pus e lavata accuratamente.

L’intervento chirurgico dura mediamente circa 60 minuti. La ripresa è in genere rapida, ad ogni modo dipende dalla gravità dell’appendicite.

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