Genova e i ritardi del Mef

Un comunicato della presidenza del Consiglio è stato diramato a proposito delle coperture per il Decreto Legge su Genova. “Quanto alle notizie diffuse – si legge nella nota di Palazzo Chigi – sul decreto emergenze e sulle presunte carenze di coperture finanziarie che sarebbero all’origine di ritardo nella sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, si precisa che queste notizie non corrispondono al vero”. “Gli interventi in conto capitale sono integralmente finanziati. Parimenti, quelli di parte corrente sono integralmente finanziati per il 2018 e, in parte, per gli anni successivi. Per la parte residua, sarà data copertura nella prossima legge di bilancio, che sarà presentata al Parlamento il 20 ottobre. In definitiva, nessun ritardo per l’avvio delle misure di sostegno contenute nel decreto tant’è che dal Mef hanno appena confermato di avere terminato le valutazioni di propria competenza e che il decreto legge sta per essere inviato al Quirinale”, conclude il comunicato di Palazzo Chigi.

Decreto legge su Genova, la Ragioneria non lo blocca

Fonti del Mef oggi, a proposito del decreto Genova, avevano affermato che “la Ragioneria Generale dello Stato non ha bloccato il decreto, ma lo sta sbloccando”. Questo per smentire ”categoricamente” indiscrezioni riportate da un sito. Il decreto – viene spiegato – è arrivato “senza alcuna indicazione degli oneri e delle relative coperture”. E “i tecnici della RGS stanno lavorando attivamente per valutare le quantificazioni dei costi e individuare le possibili coperture da sottoporre alle amministrazioni proponenti”.

Fonti Mef: verso bollinatura prossime ore Probabilmente

“nelle prossime ore (stanotte o domani mattina) ci sarà la bollinatura del decreto Genova quindi la trasmissione al Quirinale”. È quanto si apprende da fonti Mef . “L’interlocuzione tra amministrazioni – si spiega – ha portato risultati. I suggerimenti sulle coperture elaborati dalla Rgs sono in corso di recepimento nell’articolato”.

Commissione Mit su cause crollo ponte Morandi

Oggi sono inoltre state diffuse parti della relazione degli ispettori del ministero dei trasporti. Tre ipotesi, in ordine decrescente di probabilità, perché “allo stato delle informazioni, non possono trarsi conclusioni definitive su quale sia stata la causa prima”. È l’analisi della commissione ispettiva del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sulle cause che hanno portato al crollo del ponte Morandi a Genova, lo scorso 14 agosto. Impossibile giungere a conclusioni più certe, scrivono i tecnici, anche a causa del mancato permesso dalla Procura di Genova a eseguire saggi, prelievi e sezioni degli elementi crollati e dei tronconi del ponte rimasti ancora in piedi. La prima ipotesi, si legge nella relazione, è che “il crollo si origina nella parte di impalcato posto ad est della pila 9, verosimilmente nell’impalcato cassone, dal lato sud. L’impalcato tampone lato est perde l’appoggio ovvero entra in crisi strutturale e rovina al suolo unitamente al mezzo pesante di 44 tonnellate in quel momento in transito, che rovina sull’impalcato tampone”. Di conseguenza, “gli effetti statici e dinamici indotti sugli stralli e sul sistema equilibrato della pila 9, ne causano i collassi. L’impalcato tampone lato ovest, perso l’appoggio, rovina al suolo”. Altra opzione, meno probabile della prima, per i tecnici del Mit è che il crollo origini “dall’impalcato a cassone del sistema bilanciato, nella metà ad ovest delle antenne della pila 9. Una delle sezioni poste tra il traversone dello strallo sud e i puntoni dei cavalletti, ancora lato sud, collassa”. Conseguentemente, il collasso “si estende fino a interessare l’intera sezione trasversale dell’impalcato. Collassano quindi le due porzioni di impalcato (…). L’impalcato tampone ovest, a causa di perdita dell’appoggio, rovina al suolo”. Poi tocca all’impalcato tampone est. Terza e ultima ipotesi in ordine di verosimiglianza è che il crollo parta dallo “strallo sud ovest del sistema bilanciato, a causa della riduzione di sezione per corrosione dello strallo stesso. La parte ad ovest della pila 9 dell’impalcato si torce e si separa in due parti. Segue la rovina al suolo”. Infine, conclude l’analisi della commissione, “diverse sezioni ed elementi strutturali delle porzioni rovinate avevano sicurezza insufficiente o incognita. La causa prima del crollo può trovarsi anche nella loro combinazione, ovvero in una concomitanza di cause”.

Autostrade: “Da Commissione mere ipotesi da verificare”

In relazione ai contenuti della relazione della Commissione ispettiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sul crollo del Ponte Morandi, Autostrade per l’Italia in una nota evidenzia che “la relazione stessa non tiene in alcun conto gli elementi di chiarimento forniti dai tecnici della Concessionaria nel corso delle Audizioni rese su richiesta della Commissione”. “Inoltre i tecnici della società non hanno avuto finora la possibilità di accedere ai luoghi sottoposti a sequestro da parte della Procura di Genova e quindi di svolgere le analisi e le indagini necessarie per ipotizzare dinamiche e cause del crollo, che peraltro non vengono chiarite neanche dalla Commissione (i cui membri hanno avuto, invece, libero accesso ai luoghi) – prosegue la nota -. In questo contesto le responsabilità ipotizzate dalla Commissione a carico di Autostrade per l’Italia non possono che ritenersi mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare, considerando peraltro che il comportamento della Concessionaria è stato sempre pienamente rispettoso della legge e totalmente trasparente nei confronti del Concedente”. In merito ai numerosi elementi della relazione resi noti alla stampa, le strutture tecniche di Autostrade per l’Italia chiariscono rispetto alla contestata assenza del documento sulla valutazione della sicurezza che “tale documento (ai sensi dell’OPCM 3274 del 2003) è prescritto soltanto per infrastrutture situate nelle zone sismiche 1 e 2, mentre non è prescritto nelle zone 3 e 4 al cui interno è collocato il Ponte Morandi”. “È importante precisare anche che la comunicazione inviata dalla società al Ministero il 23 giugno 2017, citata dalla relazione come addebito omissivo, aveva tutt’altro oggetto riguardando i criteri di monitoraggio e non la valutazione della sicurezza”, evidenzia la società. Per quanto riguarda la presunta “minimizzazione” degli interventi di manutenzione contestata alla società, Autostrade per l’Italia ricorda “di aver speso circa 9 milioni di euro negli ultimi 3 anni e mezzo per aumentare la sicurezza del ponte e che nel periodo 2015-2018 sono stati realizzati sul ponte ben 926 giorni-cantiere, pari ad una media settimanale di 5 giorni-cantiere su 7. Circa la contestata interruzione di interventi strutturali sul viadotto dopo il 1994, a seguito della realizzazione di interventi molto importanti negli anni precedenti, la società ricorda – sulla base delle informazioni fornite dalle strutture tecniche – che gli interventi effettuati prima del 1994 erano essenzialmente correttivi di errori di progettazione e di costruzione del Ponte Morandi, superati appunto con l’intervento del 1994”. “Da allora la situazione è stata costantemente monitorata dalle strutture tecniche ed ha portato nel 2015 alla decisione di realizzare l’intervento di retrofitting del ponte. Per quanto concerne le accuse della relazione relativamente ai tempi di progettazione dell’intervento di retrofitting troppo lunghi, alla gestazione esclusivamente interna del progetto e alla non accuratezza della programmazione dei lavori, Autostrade per l’Italia ricorda che allo sviluppo del complesso progetto hanno contribuito – oltre a SPEA – il Politecnico di Milano e la società EDIN. Nessun elemento di rischio e urgenza è emerso dai progettisti, né dalla Commissione del Provveditorato alle Opere Pubbliche che ha valutato e approvato il progetto – prosegue la società -. Per quanto riguarda la contestazione di mancata accuratezza del progettista nel valutare lo stato di conservazione degli stralli, che sarebbe stata frutto di una valutazione ottimistica e non basata su un’analisi diretta della riduzione della sezione, le strutture tecniche della società ricordano che le analisi sugli stralli affogati nel calcestruzzo erano possibili solo per via indiretta attraverso le prove riflettometriche. Le analisi diagnostiche erano allegate al progetto ed hanno avuto una valutazione di non pericolosità da parte di tutti i tecnici, interni ed esterni alla società, che hanno potuto realizzarle ed esaminarle”. “Circa la contestata scelta – contenuta nel progetto – di eseguire i lavori in costanza di traffico, la società ricorda che le modalità operative previste dal progetto approvato dal Ministero nel 2018 erano analoghe a quelle seguite negli anni 1991-1993 per interventi analoghi e mai contestate, e che queste comunque prevedevano varie fasi di chiusura del ponte al traffico. Tutto questo in assenza di elementi di urgenza e di rischio. È importante aggiungere inoltre che il Provveditorato aveva valutato il progetto di retrofitting ‘ben redatto e completo in ogni dettaglio, studiato in modo metodologicamente ineccepibile non solo alla luce delle verifiche delle strutture esistenti, degli effetti del degrado constatati, dei rinforzi, ma anche tendendo in considerazione la grande mole dei dati di monitoraggio e controllo raccolti via via negli anni precedenti’ – evidenzia Autostrade per l’Italia -. Circa invece la contestata decisione di non chiudere al traffico il ponte, si ricorda che tale decisione non è stata assunta dal Direttore di Tronco di Genova, non sussistendo allo stato le condizioni di rischio che la giustificassero sulla base delle analisi e dei monitoraggi eseguiti. Inoltre sono integralmente rigettate dalla società le contestazioni sull’inadeguatezza delle procedure di controllo da sempre applicate, attraverso il contratto di convenzione con SPEA attivo dal 1985. Il sistema di controllo, sottoposto all’esame del Concedente ancora nel 2017, è totalmente conforme con gli obblighi di legge e non è mai stato oggetto di alcun rilievo da parte del Concedente”.

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