Malik: il Tar si pronuncia sul ricorso di Salvo Cimino contro il Comune di Cefalù

Abbiamo ricevuto un comunicato a firma di Salvo Cimino, Carlton srl, che pubblichiamo. Al comunicato è allegata la sentenza del Tar che pubblichiamo.

«Storica sentenza del TAR di Palermo in merito alla vicenda Maljk che ha visto il più importante Lido del lungomare di Cefalù subire un sequestro nel 2016. Con la suddetta sentenza 352 del 2019 il tribunale amministrativo regionale ha definitivamente posto fine ad una vicenda che vedeva paradossalmente la ditta imputata di violazioni edilizie, paesaggistiche e del genio civile. Nel definire la vicenda il TAR ha sancito che lo stabilimento balneare ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 15 del 2005 può stare aperto tutto l’anno e che le violazioni edilizie in realtà non sussistevano né tantomeno le asserite violazioni paesaggistiche e del genio civile. Peraltro la sentenza è intervenuta proprio lo stesso giorno in cui si celebrava a Termini Imerese il processo penale a carico di Cimino Giovanni imputato dei reati in questioni per l’ennesima volta considerato che già lo stesso era stato in precedenza assolto da una sentenza del giudice Gallo del tribunale di Termini Imerese. Proprio nell’udienza del 7 febbraio 2019 davanti il giudice monocratico dottor Luigi Bonacqua il test del UTC del Comune di Cefalù ha confermato quanto ha stabilito il tribunale amministrativo con la suddetta sentenza. Il prosieguo del dibattimento è fissato per il 6 giugno 2019 ma ormai in base al principio cristallizzato dal tribunale amministrativo la vicenda può considerarsi all’epilogo. il precedente del tribunale amministrativo ha una notevole importanza per Cefalù atteso che finalmente questo principio dell’apertura degli stabilimenti balneari per tutto l’anno al fine di consentire la destagionalizzazione dei flussi turistici riguarda anche la cittadina Normanna tenuto conto che fino ad oggi Paradossalmente nonostante in Sicilia fosse applicato dappertutto veniva messo in discussione».

Ecco il testo della sentenza nel ricorso di Cimino Salvatore contro il Comune di Cefalù.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3037 del 2016, proposto da Cimino Salvatore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Immordino, Giuseppe Immordino e Giuseppe Nicastro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Immordino in Palermo, viale Libertà n. 171;

contro

Comune di Cefalù in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Leonardo Raso, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via F. Li Donni n. 7;

per l’annullamento

– dell’ordinanza n. 12 del 5.9.2016 di ingiunzione di demolizione di due gazebo e dell’ampliamento del locale deposito, ubicato nel lato Sud/Ovest della pedana, meglio descritte nella relazione tecnica datata 17.3.2016;

– nonché degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cefalù;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2018 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, il Sig. Cimino Salvatore, in proprio e nella qualità di amministratore delegato e legale rappresentante della Carlton S.p.A., ha esposto che:

1) la società Carlton S.p.A. è titolare della concessione demaniale marittima n. 227 del 24.7.2009 per la gestione di uno stabilimento balneare nel Comune di Cefalù, sul Lungomare G.Giardina (al fg. di mappa n. 5 p.11e 1, 14, 949 e 950), con lo specifico “scopo di realizzarvi una pedana con struttura provvisionale metallica e piano di calpestio in legno parzialmente coperta, sulla quale verranno istallate le opere indicate all’intero della presente licenza, destinata a stabilimento balneare nelle ore diurne ed a locale bar di sera, con annessa attività di fitness e ristorazione, nonché l’estensione all’intero anno dell’esercizio della concessione ex art. 2 L.R. n. 15/05, per la prosecuzione delle attività collaterali alla balneazione”;

2) con autorizzazione edilizia n. 25 del 29.7.2009 la predetta società veniva autorizzata al mantenimento dello stabilimento balneare denominato “Lido Maljk”;

3) con nota del Comune, di risconto alla nota della ditta del 3.6.2015, il Settore Edilizia Privata comunicava che la validità temporale dell’autorizzazione edilizia è esplicitamente correlata alla scadenza della CDM n. 227/2009 (valida fino a tutto il 31.12.2020) e “non risulta necessario l’emissione di ulteriore provvedimento a titolo di proroga (da intendersi automaticamente concessa fino a tutto il 31.12.2020)”;

4) il progetto otteneva il N.O. della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo con nota prot. n. 720/TOP del 25.5.2009 nonché il N.O., dell’Ufficio del Genio Civile di Palermo con nota prot. n. 7703/09 del 5.6.2009;

5) a seguito di accertamenti effettuati dal Locale Commissariato di P.S. di Cefalù emergeva che “la struttura balneare risulta realizzata sostanzialmente conforme all’autorizzazione edilizia n. 25/2009, ad eccezione dei due gazebo in legno delle dimensioni di circa ml. 2,9×1,95 e di ml. 2×2, collocati sul lato Nord della pedana nella zona scoperta, non previsti nel progetto autorizzato e del lieve aumento di circa mq. 1,5 della superficie del locale deposito ubicato nel lato Sud Ovest della pedana”.

6) conseguentemente, l’Amministrazione comunale emetteva l’ordinanza n. 12 del 5 settembre 2016 con la quale veniva ingiunta la demolizione dei suddetti abusi “in quanto attuati in difformità dei provvedimenti autorizzativi rilasciati (Comune, Soprintendenza, Genio Civile etc.)” e “si obbliga, il Signor Cimino Salvatore, al rispetto delle prescrizioni di cui al parere della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo, protocollo n° 720/Tup del 25.05.2009, Pos. BB.NN. 89298, e del Genio Civile di Palermo – Opere idrauliche, protocollo n° 7703109 del 05.06.2009, entro il termine di giorni novanta (gg. 90) dalla data di notifica della presente (…)”.

Di tale provvedimento il ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva, formulando due motivi di ricorso.

Con il primo ha dedotto che nessuna adeguata istruttoria tecnica sarebbe stata autonomamente disposta dal Settore Edilizia Privata che si sarebbe limitato a richiamare le risultanze della relazione del Locale Commissariato di P.S. di Cefalù; inoltre sia per i due ipotizzati “gazebo” (in realtà “Balè” smontabili) che per il contestato lieve ampliamento di mq 1,5, non sussisterebbe neanche una parziale difformità del titolo abilitativo, sicché non sarebbe stata ipotizzabile neppure la sanzione pecuniaria (tantomeno l’ingiunzione a demolire).

Con il secondo, in via meramente subordinata, ha lamentato che, del tutto incomprensibilmente, l’Amministrazione avrebbe ritenuto di ordinare la demolizione dei due balè e del modestissimo ampliamento (in realtà, pensilina) essendo noto che in Sicilia, in virtù del disposto di cui all’art. 20 L.R. n. 4/2003, tali opere “non sono soggette a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerate aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma”.

Per resistere al ricorso e sostenere la legittimità del provvedimento impugnato si è costituito il Comune di Cefalù.

Con ordinanza del 13 gennaio 2017 n. 95, il Comune di Cefalù è stato onerato di fornire “documentati chiarimenti, anche mediante fotografie, in ordine ai fatti di causa, con particolare riferimento agli accertamenti effettuati in ordine alla precarietà e amovibilità delle opere di cui è contestata l’abusività”.

Con ordinanza del 13 marzo 2017 n. 307, la domanda cautelare di parte ricorrente è stata accolta “limitatamente ai due gazebo predetti”.

In vista dell’udienza di merito il ricorrente ha depositato memorie e documenti.

Alla pubblica udienza di discussione, presenti le parti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione il ricorso con il quale la società Carlton S.p.A. – premesso di essere titolare di concessione demaniale marittima (n. 227 del 24.7.2009) per la gestione di uno stabilimento balneare nel Comune di Cefalù e di autorizzazione edilizia (n. 25 del 29.7.2009) al mantenimento dello stabilimento balneare denominato “Lido Maljk” – ha impugnato l’ordinanza n. 12 del 5 settembre 2016 con cui il Comune di Cefalù ha ingiunto la demolizione dei due gazebo e del presunto ampliamento del locale deposito, ubicato nel lato Sud Ovest della pedana.

Detto provvedimento trae origine dagli accertamenti effettuati dal Locale Commissariato di P.S. di Cefalù dai quali sarebbe emerso che “la struttura balneare risulta realizzata sostanzialmente conforme all’autorizzazione edilizia n. 25/2009, ad eccezione dei due gazebo in legno delle dimensioni di circa ml. 2,9×1,95 e di ml. 2×2, collocati sul lato Nord della pedana nella zona scoperta, non previsti nel progetto autorizzato e del lieve aumento di circa mq. 1,5 della superficie del locale deposito ubicato nel lato Sud Ovest della pedana”.

Con il primo motivo si deduce, da un lato, una carenza in termini di istruttoria tecnica da parte del Settore Edilizia Privata (che si sarebbe limitato a richiamare le risultanze della relazione del Locale Commissariato di P.S. di Cefalù); dall’altro, che con riferimento ad entrambi gli abusi contestati (i due ipotizzati “gazebo” e l’ampliamento di mq 1,5 della superficie del locale deposito) non sussisterebbe neanche una parziale difformità del titolo abilitativo, sicché non sarebbe stata ipotizzabile neppure la sanzione pecuniaria (tantomeno l’ingiunzione a demolire).

Il motivo è fondato.

Secondo condivisibile giurisprudenza “le tettoie e i gazebo sono opere che non rappresentano costruzioni vere e proprie, ma hanno caratteristiche di precarietà strutturale e funzionale destinate a soddisfare esigenze contingenti e circoscritte nel tempo, esenti dunque dall’assoggettamento a permesso di costruire (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 19 settembre 2006, n.5469; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 28 novembre 2014 n.2014; T.A.R. Molise, sez. I, 31 gennaio 2014, n.66; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 3 ottobre 2012, n.976); solo quando esse non sono propriamente precarie, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerate come manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con incremento del carico urbanistico (Consiglio di Stato, sez. V, 1 dicembre 2003, n.7822; sez. IV, 4 settembre 2013, n.4438), costituendo la consistenza e la stabilità della struttura (Consiglio di Stato, sez. VI, 12 dicembre 2012, n.6382), oltreché il carattere impattante della stessa sulla sagoma esterna dell’edificio in modo da determinarne una visibile alterazione, i criteri per la relativa valutazione” (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, 17-10-2016, n. 1980; Cons. Stato Sez. VI Sent., 25/01/2017, n. 306;)

Dalla documentazione (anche fotografica) versata in atti dal ricorrente e non contestata dall’Amministrazione comunale, emerge chiaramente che non siamo in presenza neppure di “gazebo”, nell’accezione sopra richiamata, ma di elementi di arredo per esterno (balè), completamente smontabili e rimontabili, e soprattutto che possono essere spostati facilmente anche nella stessa giornata privi di base (la seduta è sollevata da terra), aperti da tutti i lati e di modeste dimensioni.

Peraltro né nel provvedimento impugnato né nella presupposta relazione del Locale Commissariato di P.S. di Cefalù si dà conto dell’eventuale carattere impattante per consistenza e dimensioni delle opere in questione o della loro idoneità ad una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio.

Sotto altro profilo, il ricorrente ha dimostrato, senza ricevere smentita dalla difesa del Comune, che il “lieve ampliamento, di circa 0.75 x mt 2.20 circa, in corrispondenza del locale deposito e servizio igienico” altro non è che un semplice riparo di impianti tecnologici (motori della macchina del ghiaccio) posti all’esterno, nell’intercapedine tra la parete del locale deposito e il muro di contenimento del lungomare, sottomesso rispetto al marciapiede, e ricadente all’interno dell’area in concessione e al di sotto della copertura del lido.

Tale “lieve aumento”, per la sua esiguità, rappresenta una frazione decimale della c.d. “tolleranza di cantiere”, prevista dal comma 5 dell’art.13 della L.r. n. 16/2016 (secondo cui “Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 3 per cento delle misure progettuali”).

In definitiva, per entrambi gli abusi contestati, non è dato riscontrare alcuna difformità del titolo abilitativo tale da giustificare la sanzione della demolizione.

Infine non merita condivisione l’eccezione mossa dalla difesa del Comune di Cefalù secondo cui nel ricorso non sarebbe stata proposta alcuna impugnativa avverso la parte del provvedimento con cui si obbliga il ricorrente al rispetto delle prescrizioni della Sovrintendenza e del Genio Civile.

Ed invero, come correttamente evidenziato dalla difesa del ricorrente (v. memoria deposita il 19 ottobre 2018), l’Autorizzazione Edilizia n. 25 del 29 luglio 2009 non prevede nessuna condizione, ulteriore o diversa, rispetto a quanto previsto dalla Concessione Demaniale n. 227/2009.

Pertanto il semplice richiamo nei suddetti pareri “a condizione che tutte le opere relative alla diretta fruizione del mare fossero smontate alla fine della stagione balneare (15 ottobre)” altro non vuol dire se non l’obbligo di smontare quelle opere relative alla diretta fruizione del mare e non anche le opere per le attività connesse e collaterali alla balneazione che possono rimanere montate per tutto il periodo dell’anno come ormai previsto dalla normativa regionale di riferimento (art. 2 della L.r. n. 15/2005 e art. 42 L.r. n. 3/2016) come interpretata dalla giurisprudenza (cfr. C.G.A., 25 agosto 2017, n. 376).

Da quanto sopra esposto discende che il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullata l’impugnata ordinanza n. 12 del 5 settembre 2016.

Le spese possono compensarsi in considerazione della peculiarità della vicenda contenziosa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Anna Pignataro, Presidente FF

Giuseppe La Greca, Consigliere

Francesco Mulieri, Primo Referendario, Estensore

 

IL PRESIDENTE
Anna Pitignaro

 

 

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