La guerra italo-turca. Le torpediniere italiane forzano i Dardanelli

Nel primo decennio del 1900 la sola Libia, ultimo lembo dell’Africa mediterranea, rimase incontaminata da ogni tentativo di ingerenza delle potenze europee. La Gran Bretagna già in precedenza aveva acquisito il controllo fisico di Cipro, Egitto e del Canale di Suez. Mentre, la Francia, dopo essersi impadronita della Tunisia e dell’Algeria, in continuo movimento stava fagocitando anche il territorio del Marocco. In questo quadro geografico – coloniale, l’Italia, dopo aver assopito i disastrosi eventi militari di Dogali (1887) e di Adua (1896), riprese, sotto il Governo di Giovanni Giolitti (1842-1928), le mire espansionistiche verso il continente antico.

Infatti, restaurate le finanze interne e rimesse in efficienza le forze armate, l’interesse nazionale fu rivolto verso la conquista della “Quarta sponda” (ossia le province ottomane della Tripolitania e della Cirenaica), che avrebbe portato l’Italia oltre a riacquisire una centralità nel Mediterraneo, rafforzare anche gli interessi commerciali e finanziari in quei territori. Una sorta di rivincita colonialista dopo le passate sconfitte in Etiopia.

L’attenzione si sveltì quando la Francia si assicurò il possesso di fatto del Marocco. Con tutto ciò, i rapporti di amicizia tra l’Impero osmanico e il Regno d’Italia si incrinarono, quando […] Il governo Giovine-Turco costituzionale in Turchia – pel quale furono fatte in Italia tante dimostrazioni di simpatia – si è mostrato sempre più ostile all’estendersi dell’influenza e della penetrazione economica dell’Italia nella Tripolitania […] (Cfr. Illustrazione Italiana 5 Novembre 1911).

Questa tensione politica tra l’Italia e l’Impero Ottomano, come vedremo, sfociò nel conflitto armato. La violenza nei confronti di cittadini italiani in Cirenaica e Tripolitania fu il casus belli che portò alla campagna di Libia.

Giacomo De Martino

Il giovane Regno sabaudo, dal canto suo preparò l’azione militare in assoluta segretezza, fin quando l’incaricato d’affari a Costantinopoli, Giacomo De Martino (1868-1957), il 28 settembre presentò al Gran Visir e Ministro degli Esteri ottomano İbrahim Hakkı Pascha (1862-1918) un ultimatum (quest’ultimo, il De Martino l’aveva ricevuto telegraficamente da Roma nella notte tra il 26 e 27).

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Marchese di San Giuliano

Per “L’impresa di Libia” fu costituito uno speciale Corpo di spedizione al comando del Generale Carlo Caneva (1845-1922), formato da reparti organici: Reggimenti di fanteria, squadroni, batterie, compagnie del genio, di sanità e sussistenza, in totale, inizialmente, circa 34.000 uomini (1), e fortemente sostenuto dalla Regia Marina. Lo sbarco a Tripoli, delle forze italiane, avvenne in due ondate, e incontrò un’accanita resistenza da parte delle truppe turche e della cavalleria berbera, tanto che l’Italia dovette incrementare le file del proprio esercito.

Pertanto, la guerra in terra di Libia non fu una “passeggiata militare” come la stampa nazionalistica aveva titolato sulle pagine dei giornali, oppure come sovente si era conversato nei circoli militari. Ciò nonostante, le preliminari brillanti operazioni navali della nostra Marina furono salutate in Italia da un’ondata di entusiasmo e ottimismo. Soprattutto per la rischiosa, quanto fulminea operazione navale dei Dardanelli.

In realtà, sin dagli inizi della guerra di Libia, la Regia Marina che aveva il completo controllo dei mari, aveva già predisposto un piano per forzare lo Stretto dei Dardanelli. Inoltre, tentò più volte di costringere la flotta turca ad affrontare i combattimenti in mare aperto. Ma gli ottomani avevano sempre evitato lo scontro, arroccandosi al sicuro, lungo il braccio di mare che collega il mar di Marmara all’Egeo.

La flotta italiana si era spinta sino ai litorali ottomani per assicurarsi le basi d’appoggio, e di conseguenza bloccare la fascia costiera egea. Furono occupate Rodi e le isole del Dodecaneso, e il tanto desiderato piano militare per forzare l’Ellesponto, alla fine si concretizzò. Infatti, l’incursione nel Canale dei Dardanelli (Çanakkale Boğazı), fu affidata al Capitano di Vascello, Enrico Millo (1865-1930) al comando di 5 torpediniere d’alto mare: Astore, Centauro, Climene, Perseo e Spica. Proprio sul silurante Climene era imbarcato il nostro concittadino termitano Agostino Longo (1889-1967), cannoniere scelto.

Nella notte tra il 18 e il 19 luglio la formazione si spinse coraggiosamente per circa 11 miglia, all’interno del braccio di mare, giungendo sino agli sbarramenti di Costantinopoli. L’intento era quello di colpire con i siluri le grandi e pesanti navi da guerra nemiche ormeggiate nella rada di Nagara. Ma, una volta scoperte dalle vedette di sorveglianza ottomana, e nonostante l’incidente allo Spica, le nostre unità navali elusero gli energici tiri di artiglieria, invertirono la rotta e si ricongiunsero alle navi di appoggio: l’incrociatore corazzato Vettor Pisani, e i cacciatorpediniere Nembo e Borea.

L’incrociatore Vettor Pisani ormeggiato alla fonda

L’impresa italiana dei Dardanelli ebbe un grosso eco internazionale e generò delle ripercussioni in seno alla politica turca. In realtà, il Governo di Costantinopoli fu costretto a dimettersi, e si formò un nuovo governo più incline alla pace, guidato da Kiamil Pascià (1832- 1913).

 

Enrico Millo circa 1915

 

La flotta turca era composta da due corrazzate, 3 incrociatori protetti, 14 cacciatorpediniere e 25 torpediniere, a queste l’Italia contrapponeva 10 corazzate, 9 incrociatori corazzati, 3 incrociatori protetti, 21 cacciatorpediniere e 40 torpediniere, la superiorità navale italiana era il valore determinante per il successo della spedizione, solo il dominio del mare permetteva all’Italia di inviare uomini e materiali con continuità per la riuscita dell’impresa, preoccupante era il nucleo maggiore della flotta turca che si trovava nel porto di Beirut, anche se inferiori, avrebbero potuto creare problemi nella delicata fase degli sbarchi, tanto che quando il 19 settembre le navi lasciarono il porto, si creò una certa apprensione nello stato maggiore della marina finché non fu informato che il 28 di settembre la squadra aveva dato fondo nei Dardanelli.

Cacciatorpediniere Nembo, nella configurazione originale a due fumaioli

Il 29 settembre il Duca degli Abruzzi al comando dell’ispettorato delle siluranti, ricevette l’ordine di sorvegliare la costa albanese per impedire al nemico di uscire in mare. 

Il risultato militare dell’azione non fu eclatante ma ebbe effetti psicologici tremendi, i forti avevano sparato a casaccio senza vedere ne sapere contro cosa sparavano. Le navi turche erano state sorprese con i fuochi spenti e nonostante avessero acceso i proiettori non erano riusciti ad individuare le torpediniere italiane. Il governo turco fu costretto a dimettersi ed il nuovo governo fu più propenso alla pace che diede un nuovo impulso alle trattative in corso a Losanna, la pace fu firmata il 18 ottobre del 1912.

Sull’onda dell’impresa, gli inglesi tre anni dopo pensarono di porte replicare l’azione contro i Dardanelli, cosa che non si rilevò facile e portò all’insuccesso della spedizione di Gallipoli».

 

Note:

(1) L’Esercito Italiano Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico.

(2) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979,frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Già dipendente di Trenitalia S.p.A. lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).

 

Bibliografia e sitografia

Enrico Corradini, “Cronache della conquista di Tripoli”, Illustrazione Italiana Anno XXXVIII n. 45 – 5 Novembre 1911.

AA.VV. Album ricordo Dardanelli 18-19 Luglio 1912, Macchi, 1913.

Navi e Marinai D’Italia. Le grandi battaglie del XX secolo. Storia della Marina.

Paolo Maltese, L’impresa di Libia, in Storia Illustrata N° 167, ottobre 1971.

Stato Maggiore dell’Esercito. “L’Esercito Italiano”, Ufficio Storico. Roma, Dicembre 1982.

Carlo Rinaldi, “I dirigibili italiani nella campagna di Libia”, Storia Militare N° 18, marzo 1995.

Hall, Richard C. “Le guerre balcaniche, 1912-1913: preludio alla Prima Guerra Mondiale”. Routledge, (2000).

Gian Paolo Ferraioli, “Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo. Vita di Antonino di San Giuliano (1852-1914)”, Rubbettino, 2007.

Ferdinando Pedriali, “Aerei italiani in Libia (1911-1912)” , Storia Militare N°170/novembre 2007.

Alberto Caminiti, “Gallipoli 1915 – la campagna dei Dardanelli”, Koinè, 2008.

Paul G. Halpern, “La grande guerra nel Mediterraneo. Vol. 1 1914-1916”, Editrice Goriziana, 2009.

Giuseppe Longo 2014, “Verso il Centenario della Prima Guerra Mondiale 1914/2014”, Cefalùnews, 5 febbraio.

Giuseppe Longo 2014, “Cento anni fa scoppiava la Prima Guerra Mondiale (1914-2014)” Cefalùnews, 28 luglio.

Fabio Gramellini, Storia della Guerra Italo-Turca (1911-1912), Cartacanta, 2018.

Giuseppe Longo, “Conferenza per il Centenario della Prima Guerra Mondiale”, Società Operaia di Mutuo Soccorso “Paolo Balsamo, Termini Imerese, 24 novembre 2018.

www.marina.difesa.it

www.iwm.org.uk

www.britannica.com

https://encyclopedia.1914-1918-online.net/home/

http://www.agenziabozzo.it

Si ringrazia Angelo Casà dell’Archeoclub d’Italia Himera di Termini Imerese per il materiale fotografico inerente le Torpediniere d’alto mare Astore, Centauro, Climene, Perseo e Spica.

Si ringrazia la Prof.ssa Rosa Lo Bianco, Presidente dell’Archeoclub d’Italia Himera, Termini Imerese.

Foto di copertina: R. Nave “Vettor Pisani” – Torpediniere d’alto mare “Spica” – “Climene”, – “Perseo” – “Centauro” e “Astore”

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longoredazione

 

Giuseppe Longo: