Parlava al telefono il ragazzo travolto dal treno a Ficarazzi

Stava parlando al telefono Giuseppe, il ragazzo di sedici anni che ha perso la vita investito da un treno sabato pomeriggio mentre camminava lungo la linea ferroviaria Palermo-Messina. A ricostruire l’accaduto è un articolo di Repubblica a firma di Francesco Patanè. Giuseppe, che frequentava l’Istituto nautico di Palermo, aveva avvisato la madre che sarebbe arrivato a casa in ritardo per colpa di una serie di contrattempi. Percorreva la ferrovia invece della normale strada asfaltata. Aveva atteso invano due corse dell’autobus extraurbano in via Lincoln che solitamente utilizzava per tornare a casa, aveva perso in stazione a Palermo per pochi minuti il regionale che fermava a Ficarazzi, dove Giuseppe abitava con i genitori. Gli inquirenti della polizia ferroviaria di Palermo hanno ricostruito la dinamica dell’incidente ferroviario, che ha bloccato per ore sabato pomeriggio la linea Palermo-Messina.

Giuseppe era uscito da scuola dopo le ore 13, era andato da corso Vittorio Emanuele in via Lincoln dove c’è la fermata dell’autobus extraurbano diretto a Ficarazzi. Aveva l’abbonamento annuale con sé e utilizzava sempre il bus per tornare a casa. Ma sabato ha atteso invano fino alle 14.30 il passaggio di due corse. Stanco di aspettare ha deciso di andare in stazione centrale per prendere il treno. Per pochi minuti però non è riuscito a salire sul regionale che ferma a Ficarazzi. Avrebbe dovuto attendere oltre mezz’ora per il successivo, mentre dopo pochi minuti era in partenza un altro regionale, che però non avrebbe fermato a Ficarazzi, ma alla stazione successiva, quella di Bagheria. Giuseppe, stanco dopo una giornata a scuola, con lo zaino sulle spalle, affamato e desideroso di cominciare il fine settimana con gli amici, ha deciso di salire sul treno che fermava a Bagheria. Quando è sceso in stazione a Bagheria avrebbe dovuto camminare per oltre cinque chilometri lungo la strada asfaltata, mentre costeggiando la ferrovia avrebbe accorciato il tragitto di oltre un chilometro. Probabilmente era a conoscenza della scorciatoia perché in molti nella zona hanno la folle abitudine di camminare lungo la linea ferroviara, come hanno sottolineato alcuni macchinisti di Palermo subito dopo la tragedia. Giuseppe non voleva disturbare la madre per farsi venire a prendere e si è incamminato. Non sulla strada asfaltata, ma lungo la ferrovia per impiegare meno tempo.

Camminava sul margine sinistro della ferrovia guardando Palermo. Era convinto che i sensi di marcia dei treni fossero identici a quelli delle auto, con i treni diretti a Messina che viaggiano sul binario di sinistra e quelli verso a Palermo sul binario destro. Invece in Italia la circolazione ferroviaria è a sinistra. Giuseppe era convinto che stando sul lato sinistro della linea ferroviaria avrebbe visto arrivare frontalmente il treno, e non alle spalle. Secondo l’ipotesi degli inquirenti il ragazzo potrebbe aver sentito il macchinista suonare le trombe mentre parlava al telefono, ma non si sarebbe preoccupato, sicuro che il convoglio sarebbe passato nel binario più lontano. Che fosse al telefono con gli auricolari è ancora da accertare: le cuffiette sono state trovate vicino al corpo, ma erano arrotolate e non si esclude che Giuseppe le tenesse in tasca. Di sicuro stava parlando al telefono. Con chi stesse parlando gli inquirenti mantengono il più stretto riserbo.

La tragedia ha colpito i compagni di scuola del Nautico di Palermo, la comunità di Cerda, il paese della madre, e di Ficarazzi dove la famiglia viveva. Decine i messaggi su Facebook degli amici disperati per la scomparsa di Giuseppe. Vicinanza alla famiglia ha espresso il sindaco di Cerda, Giuseppe Ognibene, che parla di “Una famiglia per bene, il nonno materno, il signor Mangano, grande lavoratore, una famiglia di cui nutro una grande stima e ammirazione. Da parte mia e dell’amministrazione comunale le più sentite condoglianze alla famiglia e vicinanza ai genitori che in questo momento vivono un dramma terribile”.

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