Quali sono le mascherine migliori da usare per il coronavirus?

Con l’arrivo della Fase2 le mascherine diventeranno parte integrante della “nuova normalità” che saremo costretti a vivere per non scatenare nuovi contagi. da più parti ci chiedono quali sono le mascherine migliori da usare. Molti lettori vogliono sapere che differenza c’è fra quelle in commercio e soprattutto come vanno trattate le mascherine ad evitare che perdano della loro efficacia. Abbiamo fatto un giro su Internet ed abbiamo scoperto che a queste e ad altre domande risponde l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, Professore Ordinario di Igiene dell’Università di Pisa, dal sito che si trova all’indirizzo “medicalfacts.it”. Proprio all’argomento delle mascherine ha dedicato un articolato intervento che noi cerchiamo di riproporvi.

Quante mascherine esistono?

Lopalco spiega prima quali sono le mascherine protettive, che possono essere distinte in tre grandi categorie: «Quelle di alta protezione (le cosiddette FFP2 o FFP3) con o senza filtro respiratore, che servono a proteggere gli operatori sanitari coinvolti direttamente nella assistenza a un paziente certamente o probabilmente infetto da SARS-CoV-2: filtrano tutte le particelle, anche quelle più piccole». Poi ci sono le chirurgiche (quelle in tessuto che vengono usate spesso anche dai dentisti), che Lopalco descrive come mascherine che «hanno una protezione per chi la indossa molto limitata, ma servono a impedire la emissione di particelle potenzialmente infettanti verso l’ambiente esterno». E poi esistono le mascherine non certificate per uso sanitario «che possono essere confezionate con qualsiasi tipo di tessuto che copra naso e bocca». L’esperto spiega che gli operatori sanitari che lavorano nei reparti a rischio, oltre alle mascherine FFP2 o FFP3, «indossano altri dispositivi di protezione come schermi, occhiali, tute, perché il virus oltre a penetrare da naso o bocca può anche penetrare attraverso le congiuntive, cioè le mucose degli occhi». Inoltre, chi indossa le maschere con filtro, sopra queste maschere «spesso mette anche una mascherina chirurgica, perché il filtro ferma le particelle in entrata, ma non in uscita e, quindi, un operatore che si è infettato e non lo sa potrebbe trasmettere il virus ai suoi colleghi».

Le mascherine sono utili?

Secondo l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco non ci sono molti dubbi. «In teoria – scrive il medico – se tutti indossassero una mascherina chirurgica quando si esce da casa e si incontra un’altra persona, la catena di contagio si fermerebbe presto. Purtroppo, le mascherine chirurgiche non sono disponibili in altissime quantità e all’infinito. All’occorrenza, però, una buona mascherina non sanitaria, ma confezionata con criterio e con diversi strati di tessuti adatti, potrebbe fare anche la sua brava funzione».

Come si usano le mascherine?

Il prof. Lopalco racchiude la risposta in 5 punti: «Quando si maneggia la mascherina prima di indossarla, bisogna essere certi di avere le mani pulite, altrimenti rischiamo di contaminare un oggetto che poi porteremo a stretto contatto con naso e bocca; la mascherina deve aderire bene al volto e coprire completamente naso e bocca; la mascherina dovrebbe essere cambiata quando si inumidisce a causa del respiro o, comunque, ogni 4 ore; bisogna evitare di toccare la mascherina mentre la indossiamo, perché la mascherina dopo un po’ che la usiamo potrebbe essere contaminata sulla sua parte esterna e quindi ci contamineremmo le mani: se la si deve sistemare sul viso, bisogna prenderla dagli elastici; ugualmente, quando ci si toglie la mascherina, bisogna sempre avere ben in mente che la sua superficie esterna può essere contaminata e quindi bisogna gettarla (se monouso) o metterla in un sacchetto se è riutilizzabile e lavarsi subito le mani dopo questa manipolazione».

Il consiglio di Lopalco

Il consiglio del prof. Lopalco è molto semplice e lancia un messaggio molto chiaro: «dovremo imparare a indossare la mascherina così come i nostri nonni hanno imparato a non sputare per terra e in questo modo hanno contribuito a limitare la diffusione della tubercolosi. Per ridurre la diffusione del nuovo coronavirus ci abitueremo a una nuova normalità, fatta di gesti e comportamenti a cui dovremo lentamente (ma non troppo) adattarci».

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