Aver trattato di relazioni genitori-figli, mi porta a condividere una breve premessa storico-teorica su come nel tempo, la psicologia abbia inquadrato l’argomento.
Per anni i genitori sono stati “colpevolizzati”, in realtà soprattutto le mamme e credo che questo sia accaduto quando si è compreso il valore delle relazioni per lo sviluppo psichico del bambino; il rapporto primario era quello con la figura materna, così si credeva che le mamme facessero troppo o troppo poco e condizionassero coi propri atteggiamenti e vissuti il “divenire” più o meno “sano” dei figli. Un bel fardello!
E i papà? Diciamo che venivano visti come quell’“elemento terzo” favorevole a scongiurare la simbiosi madre-figlio ed introdurre nel loro idillio, aspetti relazionali portatori della necessaria “differenziazione”.
Questo esitava nel lasciare un po’ fuori o ai margini i padri, che credo abbiano vissuto una dolorosa esclusione dal poterci “essere” fin dalle prime fasi di vita dei propri figli. Il mondo genitoriale era definito quasi tutto al femminile, sebbene ciò implicasse un sovraccarico materiale per le mamme, di cui inoltre si “esaminava” un po’ troppo e spesso senza alcuna indulgenza, la conseguenza di ogni emozione e di ogni comportamento. Col tempo, gli orientamenti teorici si sono molto evoluti e le esperienze hanno dimostrato la doverosa compresenza di madri e padri fin dalla nascita dei figli o anche prima e l’essenza di entrambi i ruoli nei processi di crescita psicologica dei bambini.
Eppure, quasi a portare il peso di una passata eredità, i papà a volte sembrano ancora rimanere i “grandi assenti” rispetto alle “faccende” dei figli. Per quanto mi riguarda, agli incontri sulla “genitorialità” trovo più numerose le mamme e pure nel privato sono quasi sempre loro a prendere l’iniziativa, contattandomi telefonicamente; poi, quando chiedo di vedere entrambi i genitori prima di incontrare un figlio minorenne, spesso la risposta è: «no guardi, verrei solo io, mio marito a “queste cose” non ci crede …».
E però è un vero peccato! Perché invece, quando “ci credono” o meglio prendono parte alle sedute, i papà sanno essere e diventano una grande risorsa. Gli uomini quasi sempre sono più pratici di noi donne, è un dato antropologico; se c’è un problema si attivano nel cercare una soluzione, sono fattivi e agiscono.
Il “genere femminile” è più “riflessivo”, “speculativo” e però subisce a volte l’effetto contrario delle ansie, che possono bloccare l’azione. Dico ciò senza voler generalizzare né evocando le ombre della “colpa”, anzi, credo ci siano sempre grandi opportunità nelle “differenze” di emozioni, reazioni e comportamenti.
Il segreto è superare l’idea che ci sia un “migliore” e un “peggiore”, muovendosi verso quella condivisione di preoccupazioni, incertezze, decisioni da prendere, che sostiene ogni genitore nelle responsabilità ed attiene all’essere “coppia coniugale” oltre che “coppia genitoriale”.