Un tema dibattuto e sicuramente delicato, attiene ai rapporti tra farmaco-terapia e psicoterapia.
Mi occorre premettere che prescrizione, posologia e sospensione degli psicofarmaci non rientrano nel mandato di uno psicoterapeuta, poiché la nostra formazione non è medica. Tuttavia, le conoscenze di psicofisiologia clinica e i nostri strumenti psico-diagnostici ci consentono di individuare i casi in cui è opportuno che un paziente assuma anche psicofarmaci. In tali frangenti noi, inviamo la persona ad uno specialista e se possibile, procediamo parallelamente con la psicoterapia.
A differenza di quanto spesso si pensi, i due approcci non sono in antitesi né si auto escludono, bensì costituiscono una sinergica presa in carico della persona che soffre e garantiscono completezza della cura, laddove la gravità di certi disturbi/sintomi vada ad inficiare o a compromettere significativamente la qualità di vita. Ciò vuol dire ad esempio, che una persona sia tanto depressa da non potersi alzare la mattina dal letto, da non sentire interesse o energia per nessuna attività del quotidiano e per nessuna relazione, oppure che sia così in ansia da vivere tutto ciò che le accade o che teme le possa accadere, con un’angoscia totale che paralizza ogni sua condotta.
In simili casi, l’utilizzo del farmaco è necessario per “stabilizzare” i sintomi e per restituire al paziente un certo “equilibrio”; nelle situazioni meno gravi invece, è auspicabile l’accesso al “lavoro psicoterapico”.
Gli psicofarmaci infatti, sono “sintomatici” e non agiscono sulle cause psicologiche del disagio; tuttavia, intervengono nella regolazione dei livelli organici dei neurotrasmettitori o mediatori chimici cerebrali, i quali in alcuni disturbi possono risultare in eccesso o in difetto. Tali mediatori, fanno passare l’impulso nervoso da un neurone all’altro (sinapsi) e ripristinano l’equilibrio nelle concentrazioni ormonali, agendo sulle connessioni biologiche dell’asse ipotalamo → ipofisi → sistema endocrino → organi bersaglio; queste sono responsabili delle nostre manifestazioni somatiche e neurovegetative.
Benché farmaco-terapia e psicoterapia possano e talvolta debbano coadiuvarsi, spesso gli atteggiamenti verso entrambi gli approcci, risultano dubbiosi e diffidenti: chi si rivolge a noi psicoterapeuti, palesa opposizione verso il farmaco e timore di poterne “dipendere” a vita; chi ha una visione medicalizzata della guarigione, non reputa valido o efficace il nostro intervento.
Ma gli effetti di un’ansia o di una depressione, patologie oggi sempre più frequenti, si riscontrano sia a livello emotivo, comportamentale che negli aspetti fisico-corporei; quindi, che fare?
Solo un’accurata “diagnosi differenziale”, che valuti di volta in volta, la gravità del disturbo e le risorse a disposizione dell’individuo, può guidare verso una corretta prescrizione che sia di natura farmacologica, psicoterapica o psico-farmacologica.