Per la scomparsa di Lorenzo De Lise ho pianto lacrime che non ricordavo più di avere. Le ho trovate disseminate e sparse su un sentiero piccolo e stretto della memoria. Proprio mentre asciugavo i miei capelli che incominciano ad imbiancare. Mi hanno sorpreso quando mi sentivo al riparo, trapelando insidiose da quell’immagine che mi si era piazzata davanti di un bambino ricciolino e dagli occhi grandi che giocava con un pallone a spicchi più grande di lui sotto la sguardo semplice e meraviglioso di una madre napoletana.
A quel bambino gli occhi ridevano di gioia. E come poteva essere diversamente? Era un De Lise. Arruolato dalla nascita in quel ”clan di simpatia”che è stata la sua famiglia, “adottata” dalla nostra comunità da quasi trent’anni e verso cui Cefalù si rivolge con affetto e commozione.
Gli occhi di Lorenzo, crescendo sono diventati grandi in fretta. Hanno contenuto la consapevolezza della fatica che serve per arrivare, nello sport e nella vita, la malinconia e la paura di chi conosce la difficoltà di una prova, e si confronta a testa alta e senza riserve. Con il coraggio e la determinazione di Ciro, la leggerezza fantasiosa di Ciccio e la riservatezza sorniona di chi comprende che sta centrando un traguardo importante verso cui trascinare gli altri.
Quando la strada per la cosa giusta da fare diventa piccola piccola e c’è solo lo spazio di un terzo tempo o di un contropiede per bucare la retina di un canestro, quando il coraggio passa dalla testa e scivola sulla punta delle dita, oltre la linea della distanza più severa, ce la fanno in pochi. Lorenzo è stato tra questi.
Tra coloro cioè che ci hanno “fatto battere il cuore” per una partita di pallacanestro.
Quando esci dalla galleria che porta alla stazione di Cefalù, sé e domenica sera, lo senti, irreale e poi subito riconoscibile, “l’urlo del basket”. E’inevitabile. Ti rimane dentro tutta la settimana. Poi la domenica esplode, liberatorio.
Il popolo del basket a Cefalù è sempre stato qualcosa di cui essere orgogliosi. Non ci ha mai diviso. Ci ha sempre unito. Oggi è il giorno in cui non si possono fare sconti al dolore. Va affrontato nella sua enorme consistenza. La vita di Lorenzo è stata spezzata da quell’intervallo minimo in cui la fatalità diventa errore e la circostanza irreversibile.
Salutarlo avrà la forma dell’urlo di liberazione dal dolore e dall’angoscia, la necessità di esorcizzare il distacco e la perdita. Io però voglio dirgli grazie, anche a nome della comunità sportiva cefaludese, provata da una tragedia di questa portata. In una vita breve ha fatto in tempo a regalarci piccole e grandi emozioni.
Gli esempi che servono sono quelli che rimangono. Si affermano da soli, spontanei e sinceri.
Gli occhi di Lorenzo non si sono spenti.
Giuseppe Bianca