Siamo nel periodo delle stelle cadenti, quindi perchè non esprimere un desiderio?
Se vi presentasse la possibilità di chiedere un desiderio relativamente al mondo del calcio, cosa chiedereste? Un trofeo per la vostra squadra? Un campione in più? Una delusione da cancellare?
Io non chiederei nulla di tutto questo. Lo sport è fatto di gioie e dolori le quali si trascrivono in noi sotto forma di emozioni nella nostra memoria e vi rimangono per sempre. Questo è ciò che rende una persona un tifoso di una squadra di calcio. La memoria, lo “storicuum” di una squadra di calcio, è una cosa che non va mai cancellata ne rinnegata. Quindi, che cosa chiederei? Chiederei un calcio diverso, come quello di una volta, povero ma con tanti valori. Un calcio in cui si andava allo stadio per socializzare, per bersi la birra insieme agli amici e per vedere i propri campioni, le proprie bandiere (di cui le nuove generazioni forse nemmeno avranno memoria del concetto stesso), entrare su quel verde prato ed onorare i colori della propria squadra.
Viviamo in tempi difficili per il mondo del calcio, tormentato dal conflitto fra i capitali e la passione dei tifosi. Viviamo in tempi in cui il PSG spende più di 400 milioni di euro (quante cose si potrebbe fare con quei soldi) per pagare due e dico due giocatori (Mbappe e Neymar), che, per quanto forti siano, sono comunque fatti di carne ed ossa. Il calcio, negli ultimi anni, ha visto un incremento pazzesco dei costi, in particolare nei costi di trasferimento e negli ingaggi dei giocatori (ne abbiamo già parlato qui). Con l’entrata in gioco dei “nuovi” mercati, in particolare Cina, India e USA, oltre ai già presenti paesi del medio oriente, le società hanno dovuto “proteggere” il proprio parco giocatori con aumenti di ingaggio anche notevoli. Fino a qualche tempo fa questo è bastato ma, con l’arrivo di potentati economici veri e propri, soprattutto in Inghilterra, la concorrenza sul mercato si è fatta pesante e i costi sono ulteriormente incrementati. Si spiega attraverso ciò il fatto che le società italiane difficilmente riescono ad opporsi ad offerte dall’estero per i propri giocatori e devono quindi fare di necessità virtù.
“Prima non era così, le cose andavano meglio“. Frase più nostalgica di questa non può esistere. Ma cosa è la nostalgia? Si legge da wikipedia, la nostalgia “è uno stato psicologico o sentimento di tristezza e di rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere“. Ebbene si, vorrei rivivere gli anni 90, quegli anni in cui il calcio italiano era fra i più seguiti al mondo, quel calcio in cui campioni come Del Piero e Totti erano praticamente agli inizi. Vorrei rivivere i primi anni del 2000, in cui imprese che sembravano impossibili si realizzavano. Vi ricordate dell’europeo vinto dalla Grecia? O dell’incredibile ribaltone del 5 Maggio? O del Chievo che navigava nelle posizioni alte della classifica? Sembrano tempi lontanissimi. Era un calcio pregno di valori, di passione, di rispetto per i tifosi. Erano tempi in cui un giocatore non costava come il PIL di una nazione e in cui gli stadi erano pieni.
Oggi invece vi è una scollatura fra tifosi e calcio, distacco su cui le stesse istituzioni stanno cercando di limare le distanze, ad esempio sostituendo il protocollo tessera del tifoso con un nuovo sistema che mette il tifoso al centro di un progetto inclusivo (ne parliamo qui). Ma basterà? Sarà sufficiente il cambio di qualche direttiva per riportare le persone allo stadio o la gente ormai si è allontanata da questo sport? E’ davvero così difficile scrivere dei confini in cui il calcio deve muoversi a livello economico? Vi è la volontà da farlo? Oppure si andrà sempre più verso un calcio senz’anima e che naviga in una piscina piena d’oro? Chi vivrà, vedrà.
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