Una giornata storica è cominciata oggi in Messico per la annunciata ampia vittoria nelle elezioni presidenziali, svoltesi ieri, del leader di centro-sinistra del movimento Morena, Andrés Manuel López Obrador, riconosciuta da tutti gli altri candidati. L’importanza dell’evento è stata sottolineata immediatamente da un tweet del presidente americano Donald Trump in cui, dopo essersi congratulato con il vincitore, ha assicurato: “Sono ansiosissimo di poter lavorare con lui.
C’è molto che può essere fatto per beneficiare a Stati Uniti e Messico!”. Poco dopo la chiusura dei seggi, gli exit poll delle principali tv del Paese, Televisa e Azteca, avevano fornito una anticipazione della ‘valanga’ di voti ottenuti dal vincitore, che era al suo terzo tentativo di assicurarsi la massima carica dello Stato, assegnandogli 20 punti di vantaggio sugli avversari. Questa tendenza è poi stata confermata dai primi dati di un ‘conteggio rapido’ realizzato sulla base di seggi campione dall’Istituto nazionale elettorale (Ine), per cui Amlo, come lo chiamano i militanti con un acronimo del suo nome, avrebbe vinto superando la soglia del 53% dei voti. Dietro di lui Ricardo Anaya (Pan-Prd) è sopra al 22% e José Antonio Meade (Pri) si sarebbe fermato fra il 15,7 ed il 16,3%.
L’affluenza alle urne è stata fra il 62,9 ed il 63,8% degli aventi diritto. Mentre decine di migliaia di persone si riunivano nella storica piazza dello Zócalo a Città del Messico, López Obrador ha pronunciato un primo discorso in cui ha invitato i messicani alla riconciliazione. Ed ha assicurato che la coalizione da lui guidata (Juntos Haremos Historia) “non punta a costruire una dittatura, per cui i cambiamenti promessi avverranno in base all’ordine istituzionale esistente”. López Obrador ha infine garantito “libertà di espressione, imprenditoriale e religiosa” ed ha ribadito il primato dei diritti consacrati nella Costituzione.