Siamo nella fase dell’anno in cui la parola albero fa immediatamente venire alla mente l’immagine del classico abete addobbato di luci e palle per il Natale: ma perché si utilizza proprio questa pianta? E quali sono le altre leggende legate al mondo verde?
Le leggende sul salice piangente. Partiamo da una delle varietà forse più affascinanti, ovvero l’albero che in alcune zone della nostra regione viene chiamato anche Albiru piangenti o Salaciu frusteri: parliamo, per chi non l’avesse ancora capito, del salice piangente, una tipologia originaria dell’Asia che si è diffusa in Italia a partire dalla seconda metà del Settecento. Sul portale Faidategiardino, in particolare, si descrivono sia la storia che le modalità di coltivazione del salice piangente, chedeve la sua fama innanzitutto alla sua chioma verde, immediatamente riconoscibile e legata a una serie di storie.
L’albero commosso per Gesù Cristo. La prima leggende lega la caratteristica inclinazione verso il basso di questa pianta alla simbologia del cristianesimo più ortodosso: si narra infatti che il salice piangente sia stato testimone di uno dei momenti chiave della Passione di Gesù Cristo, ovvero il cammino con la croce verso il Golgota. Esausto per queste fatiche, Gesù si accasciò ai piedi di questo albero che, impietosito dalla sofferenza, incurvò i propri rami verso il basso per tentare aiutarlo a rialzarsi e sostenerlo con le fronde, restando così anche dopo che il Cristo riprese il cammino, continuando a piangere per sempre.
L’amicizia col ruscello. Ma esiste anche un’altra variante alla storia sulle origini dell’albero, un po’ più romantica: il salice, che all’epoca aveva bellissimi rami diretti verso l’alto, fece amicizia con un ruscello che scorreva sotto il suo fusto, che gli raccontava del mondo al di là delle radici. Sentendo il rumore di boscaioli intenzionati a tagliare il salice, i due amici studiarono uno stratagemma, e il salice iniziò a sporgersi verso il basso fino a toccare l’acqua del fiume, per apparire triste e “maledetto”. Il trucco funzionò, perché i boscaioli cambiarono repentinamente opinione abbandonando l’albero intristito.
La simbologia dell’abete. E veniamo ora all’albero più iconico di questo periodo, l’abete: la tradizione di utilizzare questi esemplari o altri sempreverdi per celebrare le feste invernali non è in realtà legata al cristianesimo e al Natale, perché affonda le radici (è il caso di dirlo…) già nel Paganesimo, quando rami di abeti erano impiegati per decorare le loro case durante il solstizio d’inverno, mentre i Romani facevano lo stesso per i templi durante i Saturnali e gli antichi Egizi adoravano il dio Ra con giunchi di palma. Con il passaggio al Cristianesimo, poi, questi simboli sono stati “adottati” anche dai nuovi credenti.
L’abete e il Natale, un legame storico. Una delle leggende legate all’abete cristiano vede protagonista il monaco benedettino inglese Bonifacio, che nella sua opera di missionario in Germania affrontò un gruppo di pagani tedeschi che stavano compiendo sacrifici di fronte a una possente quercia, albero sacro al dio nordico Thor. Il Santo afferrò l’ascia e tagliò l’albero per fermarli e al posto della quercia nacque proprio un abete che, per la sua forma triangolare, divenne rappresentazione della trinità e di nuova vita. Sempre in Germania, poi, si diffuse l’abitudine di decorare gli abeti con pan di zenzero, noci e mele in occasione del Natale, un’usanza che poi fu adottata dalle corti reali e tra i nobili di tutta Europa all’inizio del XIX secolo.