I governatori leghisti vogliono tutto

Per i governatori leghisti la ricchezza di cui dispongono i ‘padani’ non è ancora sufficiente, vogliono di più, vogliono la secessione di fatto, senza modificare cioè la forma di Governo

La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori compiuti nel passato, ma purtroppo non è così. Significativa è, a tale proposito, la polemica sollevata dai governatori leghisti sulle limitazioni all’autonomia differenziata proposte dal Governo. Una delle richieste più importanti dei presidenti della Lombardia e del Veneto è l’attribuzione della competenza in materia di infrastrutture. Come sanno bene gli economisti lo sviluppo economico di una regione non può prescindere da una efficiente rete stradale. Ebbene, la storia della costruzione, in alcuni casi della mancata costruzione, delle autostrade italiane evidenzia e spiega il motivo del crescente divario economico tra Nord e Sud Italia, che, adesso, i governatoti Luca Zaia e Attilio Fontana intendono accentuare con la cosiddetta ‘autonomia differenziata’. La rete autostradale italiana ha un’estensione di 6.943,2 km. Il primo tratto è stato inaugurato a Lainate il 21 settembre del 1924. L’autostrada dei laghi si snoda da Milano a Varese. Tre anni dopo è stata aperta la Milano-Bergamo. Nel 1928 nasce la società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova. Negli anni Trenta vengono aperte la Firenze-Mare e l’autostrada Padova-Venezia e la Genova-Serravalle-Scrivia. Al Sud l’unica autostrada costruita in quegli anni è, la Napoli-Pompei, successivamente declassata a strada statale.

La rete autostradale italiana – (foto da wikipedia.org)

La prima programmazione nazionale di un piano di investimenti per costruire anche nel Mezzogiorno una rete viaria degna di questo nome è solo degli anni Sessanta. Nel 1955 la legge Romita stabilì che le autostrade si dovevano estendere in tutte le regioni italiane. I lavori iniziarono nel decennio successivo, ma essi spesso si sono protratti per tempi ‘biblici’ e con risultati a dir poco inadeguati.

Il primo tratto della Salerno-Reggio Calabria è stato aperto nel 1967, ma i lavori di completamento ed ammodernamento si sono conclusi solo alla fine del 2016. L’autostrada A20 Messina-Buonfornello (litorale tirrenico della Sicilia), iniziata nel 1969, è stata completata nel 2005. L’A19, inaugurata nel 1975, è l’unica autostrada che attraversa l’isola e congiunge Palermo con Catania. Oggi è fatiscente ed è interrotta in più punti. Il viadotto Himera crollato nel 2015 ancora non è stato ricostruito. L’autostrada A18 (Sicilia orientale) ancora non è stata completata. Nell’isola non c’è altro. Mentre, in Sardegna ci sono solo strade statali e provinciali. Invece, tra Milano e Bergamo ci sono due autostrade. Una di queste, la Brebemi, costruita dai privati con il sostegno pubblico, rischia il fallimento perché il numero di veicoli che vi transitano è insufficiente. La situazione è paradossale. In Lombardia delle autostrade non sanno che farsene, mentre in Sicilia come in altre regioni del Sud non ci sono o sono fatiscenti. Ecco, è questo quello che bisognerebbe dire ai governatori leghisti che vogliono tutto, anche quel poco che ancora lo Stato italiano investe nelle regioni meridionali, ma, evidentemente, per i padani la ricchezza di cui dispongono non è ancora sufficiente, vogliono di più, vogliono la secessione di fatto, senza cambiare cioè la forma di Governo.

Del resto, gli articoli 116 e 117 della Costituzione, modificati con una legge di riforma voluta ed approvata dal Centrosinistra nel 2001, glielo consentono. E non è un caso che a chiedere maggiore autonomia sono soprattutto le regioni guidate dalla Lega. I leghisti, nonostante la svolta sovranista, rimangono legati alle loro origini. Gli esponenti ‘verdi’, Matteo Salvini compreso, non dimenticano mai di attaccare sul risvolto della giacca la spilletta di ‘Albert de Giussan, considerato dai militanti come il principale simbolo dell’indipendenza padana perduta.

Tutto legittimo. Quello che è incomprensibile è il consenso elettorale che tanti meridionali continuano a riconoscere a chi li considera di Serie B ed ora vuole mandarli in Serie D come è successo al Palermo Calcio di Maurizio Zamparini. Friulano doc, l’ex presidente dei Rosanero è sceso in Sicilia per dimostrare le sue capacità imprenditoriali. Invece, ha solo fatto danni e disastri come un ‘siciliano qualsiasi’, cose da non credere.

Fonte wikipedia.org

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