Dalla breccia di Porta Pia (20 settembre 1870), al 150° anniversario della scelta ufficiale di Roma come Capitale del Regno d’Italia (3 febbraio 1871 – 3 febbraio 2021). Un anniversario ormai dimenticato

Il 20 settembre del 1870 alle cinque del mattino, il capitano Giacomo Segre (1839 – 1894) comandante della 5ª batteria del IX Reggimento di artiglieria da campagna, diede ordine ai suoi uomini di cannoneggiare le mura aureliane, all’altezza di Porta Pia. Iniziava così la presa di Roma che vide confrontarsi due schieramenti: le truppe del Regno d’Italia e quelle dello Stato Pontificio.

In realtà, quel lontano martedì di 150 anni fa, dalla Brigata d’artiglieria di riserva sabauda, venivano sistemate tre batterie: la prima su un piccolo altipiano, nella parte retrostante Villa Macciolini, a mille metri dalla cinta muraria; l’altra, invece, venne posta a Villa Albani a quattrocento metri dalla cinta stessa. Lo scopo di queste batterie fu: […] di aprire e rendere accessibile una breccia nel muro di cinta a destra del primo torrione vecchio che s’incontra alla desta di porta Pia […]. (Cfr. Raffaele Cadorna (1815 – 1897), Operazioni militari del 4° Corpo d’Esercito nelle provincie già pontificie dal 10 al 20 settembre 1870).

Infatti, dopo che l’artiglieria aveva praticato una apertura di circa 30 metri, tra Porta Pia e Porta Salaria, scompaginando gli sbarramenti praticati dai difensori, i reggimenti italiani di fanteria e i Bersaglieri si addentrarono nel territorio papalino.

La breccia di Porta Pia, che consentì l’annessione di Roma al Regno d’Italia, 21 settembre 1870

In questa campagna militare si trovava anche il ventitreenne Edmondo De Amicis (1846 – 1908), conosciutissimo saggista e narratore, noto per aver scritto il celeberrimo romanzo per ragazzi, “Cuore”, pubblicato nel 1886 dalla casa editrice milanese Treves. Il De Amicis aggregato al Regio Esercito, fu presente nel teatro delle operazioni come cronista militare per il quotidiano fiorentino “La Nazione”. Egli così ebbe a scrivere nel suo “Le Tre capitali, Torino, Firenze, Roma”, subito dopo l’irruzione delle truppe italiane nella capitale pontificia.

«[…] La porta Pia era tutta sfracellata; la sola immagine della Madonna, che le sorge dietro, era rimasta intatta; le statue a destra e a sinistra non avevano più testa; il suolo intorno era sparso di mucchi di terra; di materasse fumanti, di berretti di Zuavi, d’armi, di travi, di sassi. Per la breccia vicina entravano rapidamente i nostri reggimenti. […]».

Pertanto, dopo i vani tentativi dei garibaldini per occupare Roma, “Giornata dell’Aspromonte” (1862) e “La battaglia di Mentana” (1867), con l’ingresso delle compagini militari italiane nello Stato pontificio, si sancì la scomparsa dello Stato della Chiesa. Con il plebiscito che si svolse a Roma il 2 ottobre del 1870, si decretò l’annessione al Regno d’Italia del territorio di Roma e del Lazio. Conseguentemente il Parlamento del Regno d’Italia scelse ufficialmente Roma come capitale del Regno, era il 3 febbraio del 1871.

Bersaglieri alla presa di Porta Pia. Opera di Michele Cammarano,1871. Museo di Capodimonte, Napoli

Abbiano chiesto al Generale Mario Pietrangeli (1) di parlarci della Presa di Roma, e dei preparativi militari con il conseguente attacco allo Stato Pontificio.

Il governo procedette alla costituzione di un Corpo d’osservazione dell’Italia centrale, dopo la sconfitta di Napoleone III a Sedan nella guerra contro la Prussia. In questo contesto furono chiamate sotto le armi anche le classi dei nati dal 1842 al 1845. Il 10 agosto il ministro della guerra Giuseppe Govone convocò il generale Raffaele Cadorna cui assegnò il comando del corpo. Oltre a Cadorna il governo nominò anche i comandanti delle tre divisioni che costituivano il corpo d’armata nelle persone dei generali Emilio Ferrero, Gustavo Mazè de la Roche e Nino Bixio. Cadorna sollevò subito i suoi dubbi sulla presenza di Bixio, considerato troppo impetuoso e quindi inadatto ad una missione che «richiedeva somma prudenza». Govone, che si ritirerà pochi giorni dopo dal governo, accettò le opinioni di Cadorna e nominò al posto di Bixio il generale Enrico Cosenz.

Alla fine di agosto le tre divisioni furono portate a cinque ed il comando di questi nuovi reparti fu affidato al generale Diego Angioletti e a Bixio, richiamato, che non riscuoteva le simpatie del comandante del Corpo. Il totale degli effettivi del Corpo arrivò a superare le 50.000 unità.

Il Generale Raffaele Cadorna

L’esercito pontificio, comandato dal generale Hermann Kanzler, era costituito da 13.624 militari, di cui 8.300 regolari e 5.324 volontari.

Il piano d’invasione dell’esercito italiano prevedeva l’ammassarsi di cinque divisioni ai confini dello Stato Pontificio in tre punti distinti:

A nord-est, presso Orvieto, vi era la II Divisione al comando del generale Nino Bixio;

Ad est vi era il grosso dell’esercito (40 mila uomini su 50 mila), costituito da tre divisioni: l’XI, guidata dal generale Enrico Cosenz; la XII, al comando del generale Gustavo Mazè de la Roche; la XIII, agli ordini del generale Emilio Ferrero;

A sud, sulla vecchia frontiera napoletana, era stanziata la IX Divisione, al comando del generale Diego Angioletti.

Si trattava in tutto di circa 50.000 uomini. Il comando supremo delle operazioni era affidato al Luogotenente generale Raffaele Cadorna. Nino Bixio avrebbe dovuto occupare Viterbo e, con l’aiuto della flotta, Civitavecchia per poi dirigersi verso Roma. Il generale Angioletti, entrando da sud, avrebbe occupato Frosinone e Velletri per poi convergere verso l’Urbe. Qui l’esercito si sarebbe riunito per sferrare l’attacco finale.

La sera del 10 settembre Cadorna ricevette l’ordine di attraversare il confine pontificio tra le cinque pomeridiane dell’11 ed entro le cinque antimeridiane del 12 settembre. Nel pomeriggio del giorno 11, fu Nino Bixio ad entrare per primo nel territorio dello Stato Pontificio: il generale avanzò verso Bagnorea (oggi Bagnoregio) e Angioletti si diresse su Ceprano (poco più di 20km da Frosinone). Gli ordini di Kanzler, comandante dell’esercito pontificio, erano di resistere all’attacco, ma in caso d’invasione dell’esercito sabaudo, l’ordine era di ripiegare verso Roma. Così fecero gli Zuavi di stanza nelle località via via occupate dall’esercito italiano. Il 12 settembre Kanzler dichiarava lo stato d’assedio nell’Urbe.

Nino Bixio. Cartolina Postale

Bixio si mosse lungo la strada che scorre ad est del lago di Bolsena attraversando Montefiascone per finire a Viterbo (in tutto circa 45 km). Gli Zuavi di stanza a Viterbo ripiegarono verso Civitavecchia, dove giunsero il 14 settembre. Nel frattempo il generale Ferrero aveva occupato Viterbo prima di Bixio che, pertanto, accelerò la marcia verso il porto di Civitavecchia. La piazzaforte si era preparata per resistere a un lungo assedio. Ma il comandante, il colonnello spagnolo Serra, la sera del 15 settembre si arrese senza combattere. La mattina seguente la piazzaforte e il porto di Civitavecchia furono occupati dall’esercito e dalla marina italiane.

Negli stessi giorni Angioletti prendeva possesso delle province di Frosinone e Velletri: entrato in territorio pontificio il 12 settembre, occupò la città di Frosinone il 13 e tre giorni dopo entrò in Velletri. Il Luogotenente generale Cadorna, col grosso dell’esercito si diresse verso Roma lungo la riva destra del Tevere. Ricevette però l’ordine di non seguire una via diretta verso Roma. Secondo il rapporto stilato dallo stesso Cadorna, “motivi politici” avrebbero imposto di allungare la strada. Cadorna occupò alcuni centri minori, come Rignano e Civita Castellana. Il 14 settembre le tre divisioni sotto il suo comando si riunirono alla Giustiniana (circa 12 km a nord-ovest di Roma). Entro due giorni furono raggiunte da Bixio e da Angioletti.

L’attacco alla città fu portato su diversi punti. Il cannoneggiamento delle mura iniziò alle 5 di mattina del 20 settembre. Pio IX aveva minacciato di scomunicare chiunque avesse comandato di aprire il fuoco sulla città. La minaccia non sarebbe stata un valido deterrente per l’attacco, comunque l’ordine di cannoneggiamento non giunse da Cadorna bensì dal capitano d’artiglieria Giacomo Segre, giovane ebreo comandante della 5ª batteria del IX Reggimento, che dunque non sarebbe incorso in alcuna scomunica. Il primo punto a essere bombardato fu Porta San Giovanni, seguito dai Tre Archi di Porta San Lorenzo e da Porta Maggiore. Si udirono altri fragori dall’altra parte della città: si trattava dell’azione diversiva della divisione Bixio, posizionata a ridosso di San Pancrazio. Iniziarono i bombardamenti anche sul “vero fronte”, quello compreso tra Porta Salaria e Porta Pia. Furono le batterie 2º (capitano Buttafuochi) e 8º (capitano Malpassuti) del 7º Reggimento di artiglieria di Pisa ad aprire il fuoco alle 5.10 su Porta Pia.

Poco dopo le ore 9 iniziò ad aprirsi una vasta breccia a una cinquantina di metri alla sinistra di Porta Pia. Una pattuglia di bersaglieri del 34º battaglione fu inviata sul posto a constatarne lo stato. I comandanti d’artiglieria ordinarono di concentrare gli sforzi proprio in quel punto (erano le 9.35). Dopo dieci minuti d’intenso fuoco, la breccia era abbastanza vasta (circa trenta metri) da permettere il passaggio delle truppe. Cadorna ordinò immediatamente la formazione di due unità di assalto per penetrare nel varco, assegnandone il comando ai generali Mazé e Cosenz: si trattava di un battaglione di fanteria e di uno di bersaglieri, accompagnati da alcuni carabinieri Ma l’assalto non fu necessario: verso le ore dieci, dal campo pontificio fu esposta la bandiera bianca Mentre la resistenza cessava a Porta Pia, la bandiera bianca fu issata lungo tutta la linea delle mura. I generali Ferrero e Angeletti la rispettarono, invece Bixio continuò il bombardamento per circa mezz’ora.

Museo Torre di San Martino della Battaglia. Particolare dell’affresco raffigurante il maggiore Giacomo Pagliari, colpito a morte dall’esercito papalino, il 20 settembre 1870, mentre guidava il 34º Battaglione Bersaglieri all’assalto per la breccia di Porta Pia

Mazé e Cosenz proseguirono nel loro assalto; le truppe italiane oltrepassarono la breccia di Porta Pia sparando e facendo prigionieri.

Dopo l’irruzione da parte delle truppe italiane dentro la cinta muraria vi furono ancora scontri qua e là che si spensero in poche ore con la resa chiesta dal generale Kanzler. La divisione Angioletti occupò Trastevere, quella di Ferrero l’area compresa tra Porta San Giovanni, Porta Maggiore, Porta San Lorenzo, via di San Lorenzo, Santa Maria Maggiore, via Urbana e via Leonina fino a Ponte Rotto. Le truppe di Mazè si attestarono tra Porta Pia, Porta Salaria e via del Corso occupando piazza Colonna, piazza di Termini e il Palazzo del Quirinale. Quelle di Cosenz presidiarono piazza Navona e piazza del Popolo. Per ordine di Cadorna, così come convenuto con il governo, non furono occupate la Città Leonina, Castel Sant’Angelo e i colli Vaticano e Gianicolo. Alle 17.30 del 20 settembre Kanzler e Fortunato Rivalta (capo di Stato maggiore) firmarono la capitolazione alla presenza del generale Cadorna Il 21 settembre il generale Cadorna prese possesso della città».

I contenuti delineati dal Generale Pietrangeli si possono trovare consultando il suo nuovo libro dal titolo: “Il fischio del vapore e gli echi delle Battaglie. Strade ferrate e Risorgimento lungo la valle del Tevere”.

(1) Il Generale Mario Pietrangeli (Figlio di Ferroviere) è nato a Gubbio (Perugia). Ufficiale Generale dell’Arma del Genio dell’Esercito, è entrato all’Accademia Militare di Modena nell’ottobre 1978 (160° corso), ha conseguito una laurea in Scienze con il relativo Master presso l’Università di Torino e in seguito la Laurea in Scienze Diplomatiche e Internazionali presso l’Università di Trieste. Ha Comandato, nella sua lunga carriera, anche le unità militari ferroviarie (la Compagnia, il Battaglione e il Reggimento genio ferrovieri a Castelmaggiore di Bologna) e per tre anni il Distretto Militare di Como (Caserma De Cristoforis). Nel novembre 1999 in occasione del centenario del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (CIFI) ha ricevuto il premio CIFI per uno studio sui “Materiali Ferroviari Metallici Scomponibili” realizzato nel 1997 con l’Ingegnere Michele Antonilli dell’ITIS di Fara in Sabina. Nel 2012 ha ricevuto la benemerenza dal Rotary di Gubbio per l’attività Militare – Ferroviaria svolta nei Balcani e successivamente l’ha ricevuta dal Maggio Eugubino di Gubbio PG, Umbria e dal Comune di Fara in Sabina RI Lazio. E’ stato insignito del Premio Nazionale Unuci Paladino delle Memorie nel 2015 a Milano.

ELENCO LIBRI REALIZZATI

Storia delle Ferrovie Sabine e Reatine Edizione Comune di Fara Sabina (RI) 2007;

Storia dei Reparti Militari Stradali e Ferroviari nel Mondo e Storia dei Trasporti Militari. Edizione SME Ufficio Storico, Roma 2009;

Storia del Reggimento Genio Ferrovieri Edizione IVECO DEFENCE, Bolzano 2009;

Storia dei Vari Sistemi di Trasporto Intorno a Roma, a Rieti, alla Sabina e la Centrale ENEL di Farfa Edizione 2011 Comune di Fara in Sabina;

Le Mie Ferrovie, Edizione Lombardo, Como 2011;

Como, Varese Le Guerre d’Indipendenza e la Prima Guerra Mondiale Edizione Lombardo, Como 2011 (il libro ha ricevuto il Logo della Presidenza del Consiglio per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia);

Varese, Como, San Fermo, Lecco, la Valtellina, le guerre d’indipendenza e il Capitano Garibaldino Carlo De Cristoforis Edizione Editore Lombardo, Como 2012;

Le Ferrovie Militarizzate I Treni Armati I Treni Ospedale Nella Prima e Seconda Guerra Mondiale Edizione Editore Lombardo, Como 2013;

Il Museo Europeo del Trasporto. “OGLIARI” in Volandia. Edizione aprile. 2017 (ha ricevuto il logo del Centenario della Prima Guerra Mondiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri);

Il Ruolo delle Ferrovie nella Prima Guerra Mondiale (coautore Michele Antonilli) Edizione 2018 Amarganta di Rieti Lazio (ha ricevuto il logo del Centenario della Prima Guerra Mondiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri);

Vademecum dell’Associazione Nazionale Ferrovieri del Genio edizione 2018 (ha ricevuto il logo del Centenario della Prima Guerra Mondiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri);

Il Fischio del Vapore (coautore Ing. Michele Antonilli) Edizione 2020 Amarganta di Rieti Lazio;

Il Ruolo delle Ferrovie nella Seconda Guerra Mondiale (coautore Antonilli Michele) Edizione 2020 Amarganta di Rieti Lazio;

Il Culto di Santa Barbara (patrona dell’Arma del Genio) edizione 2020.

 

ARTICOLI – Numerosi sono gli Articoli pubblicati su importanti testate nazionali:

Analisi Difesa di Gianandrea Gaiani bologna;

Informazione Difesa, Organo dello Stato Maggiore Difesa;

Rivista Militare, Organo dello Stato Maggiore Esercito;

Rassegna dell’Esercito, Supplemento della Rivista Militare;

Il Carabiniere, rivista dell’Arma dei Carabinieri;

Ingegneria Ferroviaria rivista del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (CIFI);

Tecnica Professionale rivista del Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani (CIFI);

Amministrazione Ferroviaria del Collegio Amministratori Ferroviari (CAFI);

Logistica, Tecniche Nuove, Via Eritrea Milano;

Antincendio, rivista Antinfortunistica – Roma;

i Quaderni della Federazione del Nastro Azzurro Roma;

L’Ordine, inserto culturale per “la Provincia” Giornale di Como e di Sondrio

 

Bibliografia – Sitografia

Almanacco Nazionale Pubblicazione del Giornale La Gazzetta del Popolo di Torino per l’anno 1871. Anno 22 – Stamperia Editrice. OPERAZIONI MILITARI DEL 4° CORPO D’ESERCITO NELLE PROVINCIE GIÀ PONTIFICIE DAL 10 AL 20 SETTEMBRE 1870, Relazione a S.E. il Ministro della guerra (Il Luogotenente Generale – Comandante il 4° Corpo d’Esercito R. Cadorna)

Edmondo De Amicis, Le Tre capitali, Torino, Firenze, Roma, Catania, 1898

Raffaele Cadorna, La liberazione di Roma nell’anno 1870, Torino, 3ª ed. 1898

Antonello Battaglia, La capitale contesa. Firenze, Roma e la Convenzione di settembre (1864), Roma, Nuova Cultura, 2013

Giuseppe Longo, Post Terza guerra d’indipendenza: Garibaldi e i giorni di Mentana (1867), Cefalunews.org, 2017

Foto di Copertina: Roma, XX settembre 1870. Porta Pia e la Breccia aperta dall’artiglieria Italiana. La breccia, qualche decina di metri sulla destra di porta Pia, in una foto di Lodovico Tuminello.

Altre foto:

La breccia di Porta Pia, che consentì l’annessione di Roma al Regno d’Italia, 21 settembre 1870, da www.romaierioggi.it

Il Generale Raffaele Cadorna nel Risorgimento italiano, Luigi Cadorna, Treves Milano, 1922

Nino Bixio. Cartolina Postale italiana spedita il 13 Giugno 1916 da Forlì per Forlì. Da ternifil.org

Museo Torre di San Martino della Battaglia. Particolare dell’affresco raffigurante il maggiore Giacomo Pagliari, colpito a morte dall’esercito papalino, il 20 settembre 1870, mentre guidava il 34º Battaglione Bersaglieri all’assalto per la breccia di Porta Pia, da Wikipedia

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longoredazione

 

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