Mobbing: che fare?

In continuità col precedente articolo e in risposta all’interesse di molti lettori che ringrazio, continuo oggi ad occuparmi di mobbing sebbene consapevole di non poter essere esauriente data la complessità e la delicatezza del tema.

A proposito dei soggetti coinvolti, alcuni studi evidenziano la presenza di una diversa fenomenologia esistente tra il genere maschile e quello femminile sia per quanto riguarda i mobber che i mobbizzati.

Il “mobber uomo” è più incline a rivolgere la sua condotta verso altri uomini e lo fa attraverso forme velate e indirette quali la mancanza di considerazione, il sovraccarico di lavoro e la pressione psicologica; la “mobber donna” invece è incline a comportamenti più “attivi” o visibili come il parlar male della vittima e ridicolizzarla apertamente o di fronte agli altri, azioni che rivolge verso persone del suo stesso sesso. Rispetto alle risposte delle vittime, le donne tendono ad aumentare i propri livelli di reattività sia psicologica che fisica, mostrando irrequietezza, nervosismo e tendenza ad aumentare la propria laboriosità; gli uomini al contrario cadono in uno stato di passività e di sconforto, accusando una riduzione di resa e di motivazione nello svolgimento del proprio lavoro.

E’ bene dire che le opposte modalità descritte non esitano verso alcuna soluzione, anzi contribuiscono a rinforzare le prevaricazioni dei mobber (T. Bartalucci, a cura di, “Conoscere, comprendere e reagire al fenomeno del Mobbing”, Firenze University Press, 2010).

Esistono dei modi concreti ed efficaci per contrastare il Mobbing? Una prima risorsa delle aziende è la prevenzione primaria che ha lo scopo di impedire l’insorgenza del fenomeno con strumenti quali l’informazione e la formazione: informare significa aiutare a rendere riconoscibili le caratteristiche del mobbing nelle sue molteplici sfaccettature; formare vuol dire insegnare tecniche per migliorare la comunicazione interpersonale e fornire strategie di potenziamento delle risorse personali come l’autostima, il senso di autoefficacia, la determinazione (“Empowerment”).

Quando il fenomeno è in atto occorre organizzare una propria azione difensiva.

Per quanto ciò possa essere difficile e molto sfibrante, alcune indicazioni per potersi tutelare sono: non sentirsi le sole vittime e contrastare il proprio senso colpa (il fenomeno riguarda più persone di quanto si pensi e le ragioni che lo scatenano non attengono al principio della linearità causa-effetto); non cedere alla tentazione di dimettersi dal lavoro; condividere con gli altri la dolorosa esperienza che si sta vivendo, contrastando il vissuto di isolamento; individuare colleghi che possano sostenervi (sebbene sia molto arduo); raccogliere prove scritte e descrizioni precise delle angherie subìte e dei conseguenti disagi psico-fisici (sarà la prima cosa che un legale vi chiederà di fare); denunciare; rivolgersi ad associazioni contro il mobbing; essere consapevoli di aver intrapreso una lunga battaglia in cui sarà necessario non perdere mai la fiducia di potercela fare.

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