Cefalù e la “pasta a taianu”

A Cefalù si ritorna a respirare un’atmosfera di (quasi) normalità, in occasione della festa del Santissimo Gesù Salvatore, a cui si rivolgono preghiere e inni di invocazione e che domani, finalmente, rivedremo in processione, dopo due anni di privazione.

La festa affonda le sue origini in un passato lontano, quando Re Ruggero II, per sfuggire a una terribile tempesta che li sorprese in mare, fece voto a Gesù Salvatore per avvistare al più presto terra.

Si inizia tradizionalmente alle 18 di giorno 2 agosto con lo spiegamento della bandiera sulla Chiesa Cattedrale, continuando con lo sparo dei mortaretti ogni mattina, a partire da giorno 4 agosto: spesso un tuffo al cuore, se sei ancora a letto per l’ora tarda fatta la sera prima, o se ti trovi impegnata a svolgere altre attività con la mente sovrappensiero. Lo sparo dei mortaretti si ripete nel pomeriggio della vigilia della festa, il 5 agosto, quando si ricorda lo scampato pericolo in seguito al terremoto del 5 febbraio 1783 che distrusse e sconvolse tutte le zone circostanti alla città di Cefalù, la quale, invece, non subì alcun danno, protetta dalla mano del suo santo patrono, come si evince dai racconti del passato.

Nel giorno della Trasfigurazione di Nostro Signore, la chiese Cattolica e Ortodossa celebrano Gesù e la sua “trasformazione”: Gesù, salito sul monte Tabor, con Pietro, Giacomo e Giovanni, in loro presenza cambiò aspetto venendo ricoperto di vesti candide e avvolto da luce splendente. Il 6 agosto anche Cefalù celebra il suo santo con manifestazioni religiose e pagane che permettono alla città di stringersi solidamente. E tra i tanti momenti di giubilo, fortemente partecipata è la ‘Ntinna a mari, una gara a cui partecipano esponenti delle famiglie dei pescatori della città e si sfidano in bilico su un palo posto orizzontalmente sul mare del porticciolo della Marina, tentando l’impresa, a volte difficile perché il palo diventa sempre più scivoloso quando il sapone si bagna man mano che si risale dal mare, di raggiungere la bandiera con il volto di Gesù Salvatore posizionata dall’altro capo. La presenza del pubblico in acqua, dalle barche e dai balconi fa sentire l’affetto che si prova per una tradizione lunga secoli e che quest’anno riprenderà il suo normale svolgimento.

Ma, a farla da padrone, il sei agosto è una succulenta pietanza, anche questa dalla storia lunga secoli, che portiamo sulle nostre tavole e unisce le famiglie in occasione della festa; si tratta della famosa “pasta a taianu”, da tutti copiata, ma solo dai cefaludesi cucinata come si deve. La ricetta è molto semplice, ma richiede grande attenzione nei passaggi: innanzitutto è necessario procurarsi carne di vitello e di agnello, una grossa melanzana, foglie di basilico, aglio, pecorino stagionato grattugiato, il formato della pasta richiede i rigatoni (almeno nel giorno di festa), mezzo bicchiere di vino dolce e infine 250 gr di estratto di pomodoro da diluire con un litro e mezzo di acqua. Ovviamente sale e pepe da aggiustare in base ai gusti. Fondamentale sarebbe “u taianu”, cioè un grosso tegame, possibilmente di coccio.

La preparazione vuole che, mentre sul fuoco si friggono le melanzane a fette, l’aglio, il basilico e qualche cucchiaio di estratto vengano fatti rosolare, per poi aggiungere il sugo diluito. Una volta lasciate scolare dall’olio le melanzane, mettere a bollire l’acqua per i rigatoni, che dovranno arrivare a metà cottura. Gli ingredienti andranno combinati sul “taianu” a strati, un po’ come si fa con le lasagne, poi mescolarli tutti insieme e terminare la cottura dentro un forno (se possibile a legna), per circa 15/20 minuti.

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