Negli ultimi vent’anni, Cefalù avrebbe vissuto una trasformazione urbanistica tanto silenziosa quanto evidente. Le sue periferie, un tempo costituite per lo più da terreni agricoli, uliveti e macchia mediterranea, avrebbero progressivamente lasciato spazio a nuove costruzioni, lottizzazioni residenziali e insediamenti turistici.
Secondo un’analisi basata sul confronto tra immagini satellitari del 2005 e quelle del 2025, effettuata attraverso strumenti come Google Earth Pro e Sentinel, la superficie edificata nel territorio comunale sarebbe passata da circa 1,2 km² a 1,7 km². Si tratterebbe quindi di un aumento pari al +40%, distribuito su diverse zone di espansione come via del Giubileo Magno, contrada Monte, via Cirincione, Ogliastrillo, Calura e Ferla.
Queste aree, che nel 2005 sarebbero apparse in gran parte ancora intatte e verdi, oggi mostrerebbero una presenza massiccia di cemento, recinzioni, asfalto e costruzioni, in molti casi realizzate per finalità turistiche o seconde case. La stima complessiva dei terreni trasformati in aree urbanizzate parlerebbe di oltre 220.000 metri quadrati. Una cifra che porta con sé interrogativi e preoccupazioni: come sta cambiando il paesaggio cefaludese? E quali potrebbero essere le conseguenze di una crescita così rapida?
Le prime risposte arriverebbero da alcune evidenze: perdita di suolo agricolo e verde, aumento del traffico nelle zone periferiche, mancanza di spazi pubblici e servizi nelle nuove aree edificate. Inoltre, si calcolerebbe che oltre il 35% delle nuove abitazioni non siano occupate in maniera stabile, restando vuote per buona parte dell’anno, tranne che nei mesi estivi.
Una crescita quantitativa, dunque, che solleverebbe la questione della qualità: com’è cambiato vivere a Cefalù? E come si potrebbe immaginare una pianificazione futura più sostenibile, attenta non solo ai volumi ma anche alle persone?