Nel riprendere “contatto” con i lettori, mi accingo ad introdurre alcune considerazioni su quella stagione della vita che più o meno ci ha fatto “tribolare”, che qualcuno ricorda ancora con nostalgia, dalla quale forse altri si sono troppo allontanati perdendone la freschezza e la vitalità; soprattutto penso a chi la sta vivendo e di riflesso ai genitori di figli adolescenti.
Spesso sento parlare dei ragazzi in modo preoccupato e talvolta negativo; l’apprensione la percepisco soprattutto nei genitori e la disapprovazione nel contesto sociale più ampio. Nel micro e nel macro però, credo coesistano un senso di “disorientamento”, di incertezza, di impotenza che dà forma a luoghi comuni penalizzanti, quali il “vuoto esistenziale”, la pochezza di valori, la passività, il menefreghismo, l’incomunicabilità, l’“irraggiungibilità”.
Io però, vorrei sottolineare la “bellezza” di questa primavera della vita e l’originalità di un mondo complesso, ma ricco di stati emotivi unici ed intensi. Non è vero che gli adolescenti sono “vuoti”, è un errore credere che i loro “silenzi” siano l’espressione di un nulla da dire, anzi! Inoltre è doloroso constatare che le loro incertezze ed inquietudini possano offuscarne risorse ed energie, capacità e potenzialità.
Spesso nel privato del mio studio e nelle scuole, ho “accompagnato” ragazzi/e in questa fase e ricordo sempre, malgrado le fragilità, la loro energia contagiosa, l’impeto con cui affrontano le piccole-grandi sfide quotidiane. Ricordo la voglia di “raccontarsi”, di condividere, di essere accolti nelle difficoltà comunicative, come il loro bisogno di trovare un interlocutore attento che possa riconoscere e legittimare al di là dello “scontro”, il tentativo, la necessità, il desiderio di affermare se stessi.
Ma cosa accade ad un’adolescente? Credo siano note a tutti le trasformazioni che avvengono nel corpo già dai 10-11 anni circa (preadolescenza), meno padroneggiate invece, sono forse quelle della psiche e le variazioni che si impongono nelle relazioni genitori-figli adolescenti.
I sostanziali cambiamenti corporei sono ben più rapidi di quelli interiori o psicologici che servono per ridefinire ed accettare la propria nuova identità. In un corpo dai connotati adulti, si cela un’anima che fa fatica a tenere il passo e ciò crea andamenti discontinui tra il sentirsi “dipendenti” e il bisogno di essere “autonomi”. Così prendono forma emozioni e comportamenti altalenanti tra mitezza ed ostilità, sono poi più spiccate le “polarità emotive” di paura/coraggio, passività/aggressività, forza/fragilità, determinazione/insicurezza, in cui il giovane si destreggia per compiere le sue scelte, per relazionarsi con un nuovo “sé”, coi pari, con l’altro sesso e con gli adulti.
Tali polarità “spiazzano” l’adulto e lo confondono; una volta un genitore mi ha detto: «non riconosco più mio figlio, mi sembra di avere di fronte un “estraneo”!».
Allora, come approcciare il “nuovo”, l’altro che cambia? Come raccogliere la sfida di “crescere” insieme?
Di questo proverò a dirvi meglio, la prossima settimana.