La psicologia del terrore

La psicologia del terrore, questo l’argomento che propongo oggi. Motivata dalla tragedia che ha colpito il giornale satirico Charlie Hebdo, non posso non dedicarmi a questo fatto partendo dall’impatto emotivo scaturito da tali gravi eventi.
Quando si vive un attentato terroristico nascono in tutti noi cittadini domande che riguardano la sicurezza nostra e delle nostre città. Ma dove abbiamo fallito, dove il sistema non ha funzionato. Ci si chiede come sia possibile che attentati terroristici di tale portata ed entità possano essere compiti con una stupefacente facilità?
Cominciano così i reportage dei media, le interviste, le indagini, gli interrogativi, aumentano i livelli di controllo sociale, si inaspriscono le relazioni con le comunità musulmane, si respira cioè un’ansia diffusa e generalizzata con un retrogusto di terrore e paura che fatti simili possano ripetersi o peggio ancora accadere qui, in Italia.
Si sta cioè diffondendo la psicologia del terrore, si realizza ciò che i terroristi desiderano: dominare le nostre paure, esserne i detentori e i creatori al tempo stesso.
Tralasciando le motivazioni di quest’ultima strage, dinanzi alle quali non basterebbe un articolo per esplicitarne i contenuti e i significati, quello che mi preme trasferire è che ora necessita prendere le distanze, mantenere il distacco dagli eventi che sono accaduti e guardare alle emozioni vissute in quei giorni. Infatti, proprio come l’attentato alle torri gemelle ha segnato la vita emotiva di molte persone (leggi l’articolo 11 Settembre 2001 http://www.cefalunews.net/0_2014/rubriche.asp?id=50040#alto) , questo atto terroristico lascia un segno in ciascuno di noi, che si chiama terrore.
Il terrore alimenta le nostre insicurezze, il senso di impotenza e inizia a prendere forma dentro di noi la frase “può capitare anche qui”; l’elemento psicologico del terrore conduce al concetto di sopravvivenza, all’idea di sicurezza e di conseguenza alla paura che non siamo più al sicuro.
Sembra così facile trovare il capro espiatorio, il responsabile, individuare colui sul quale riversare tutta l’angoscia provata, da attaccare, da distruggere in tutti i modi e con tutti i mezzi. Più ci sentiamo risucchiare dagli accadimenti e dal terrore e più facciamo nostre le angosce altrui, così tendiamo ad amplificare tutto, attribuendo responsabilità ad altri e in fin dei conti a perdere l’obiettività, la razionalità e dunque la capacità di restare integri.
Lo scenario non è certamente facile da affrontare, né semplice da condividere, ma è comunque un punto di partenza dal quale ripartire, dotandosi di buon senso, unica condizione che consente agli uni di vivere in pace con gli altri e soprattutto di non commettere azioni scellerate né scelte sbagliate.

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