Gli abiti del “Nannu” e della “Nanna” del Carnevale di Termini Imerese (PA) qui per la prima volta analizzati dalla costumista Isabella Cola (1).
La figura del “Nannu” è concordemente considerata la personificazione dello stesso Carnevale; è la maschera principale simbolicamente sacrificata alla mezzanotte dell’ultimo martedì grasso al rituale del rogo, quest’ultimo, evento propiziatorio, retaggio di antichi riti pagani.
In Sicilia, a Termini Imerese, alla figura carnascialesca di questo simpatico e arzillo vecchietto, viene affiancato un altro personaggio di spicco, la Nanna, entità femminile che oggi sopravvive soltanto nella città termitana.
Abbiamo chiesto alla costumista Isabella Cola di affrontare l’ardua impresa dello studio, dal punto di vista “tecnico” e “storico”, degli abiti indossati dalla celeberrima coppia di maschere tipiche del Carnevale di Termini Imerese: il “Nannu” e la “Nanna”.
L’abbigliamento delle due maschere fu probabilmente codificato nella veste attuale nel XIX secolo, quale attardamento stilistico di schemi tardo settecenteschi.
U’ Nannu e A’ Nanna costituiscono l’emblema peculiare del carnevale termitano, mantenendo intatta una tradizione popolare le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
Abbiamo inviato alla costumista una serie di immagini fotografiche in modo da consentirle una dettagliata analisi stilistica degli abiti indossati dalle nostre simpatiche maschere carnascialesche, che offriamo al lettore, in uno con le sue puntuali osservazioni.
«“U’ Nannu”: Il personaggio indossa una giacca “redingote” in tessuto serico damascato con i revers di colore nero, su un pantalone scuro mediamente largo.
Nella storia del costume, questo tipo di redingote della prima metà dell’800, è confezionata in panno di lana con preferenza di colori scuri come grigio, verde scuro, blu e nero ed i “rever” del collo sono di velluto. Nel caso specifico di questo personaggio, la giacca è invece di tessuto damascato in un colore chiaro che ci rimanda alla moda tipica del 1700 (marsina maschile). Questo secondo me – sostiene Isabella Cola – deriva dal fatto che il Carnevale fu “inventato” nei primi anni del 1800 epoca in cui possono essere state usate delle vecchie marsine per vestire il “Nannu”.
Il costume è provvisto anche di un gilet sotto la giacca, ma nell’epoca in questione (1800) è bene sapere che si usava indossarlo in due tipologie: a doppio petto in varie stoffe anche fantasia per il giorno, ad un solo petto con piccoli bottoni gioiello in tessuto nero o bianco per la sera. Anche per quel che riguarda i pantaloni, nel periodo in esame, questo è lungo fino a coprire la scarpa cui spesso è assicurato dalla staffa o sottopiede.
Può essere più o meno largo e, di giorno, sono della stessa stoffa della redingote oppure di tessuto più chiaro o fantasia (quadretti, scozzesi, grigi, beige o nocciola). La camicia, sempre bianca, ha lo sparato ornato di pieghe per la mattina oppure guarnito di merletti per la sera.
Nel caso della camicia indossata dal “Nannu”, è con lo sparato ornato di trine ma, come per il tessuto della redingote che ricorda i tessuti delle marsine settecentesche, la camicia rammenta anch’essa quella che era in voga nel XVIII secolo, decorata da merletti. La mia conclusione è che il costume del “Nannu” è un abito creato nel 19° secolo con la convinzione di “ricreare” le linee del primo abbigliamento di questo personaggio (che è invece del 18° secolo). Successivamente, si sono poi sempre realizzati abiti con un misto di ‘700 e ‘800».
“A’ Nanna”: Per il costume della “Nanna” invece prevale molto di più la linea settecentesca. A prima vista sembra, infatti, voler ricalcare un abito del 1700 senza sottostrutture.
La scollatura quadrata, la linea delle maniche e la punta del busto rimandano alla varietà dell’abito detto “robe volante” (abito fluttuante) tipico del Rococò. Questo abito era composto da un busto aderente e da due gonne amplissime sovrapposte. Il corpetto era sagomato a cono e finiva con una punta al punto vita ed aveva un’ampia scollatura quadrata.
Davanti era decorato da fiocchi e le maniche erano lunghe al gomito, aderenti con giri di trine che potevano essere anche pendenti (“en pagode”). Pizzi trine e “volant” decoravano la scollatura e la parte davanti della gonna.
Osservando il costume della “Nanna” si notano tutti questi particolari (scollatura quadrata, maniche al gomito con trine, una gonna che sembra sovrapposta ad un’altra) assemblati però senza le strutture rigide tipiche del costume rococò».
(1) Isabella Cola è consulente e costumista di abiti storici per varie manifestazioni in Italia dal 1988 a tutt’oggi (Corsa all’Anello di Narni; Gioco del Ponte di Pisa; Regata storica di Genova; Balestro del Girifalco di Massa Marittima; Palio dei Terzieri di Trevi; Festa del Barbarossa di San Quirico d’Orcia; Giostra Cavalleresca di Sulmona). Inoltre è Docente in corso per “Sarti Costumisti” e Docente per “Modellistica del costume storico” presso l’IPSIA di Terni.
Giuseppe Longo
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