Il trauma attiene all’immagine forse più evocativa del dolore e della sofferenza psichica, fin dalla psicoanalisi, che lo vide come origine di alcune nevrosi. Sebbene già Freud, lo ritenesse un dato prognostico più favorevole rispetto ad altri fattori scatenanti la psicopatologia, è consueto considerare un trauma come qualcosa che segna per sempre, per tutta la vita.
Esso, che consegue ad eventi improvvisi ed imprevedibili in cui si rischia la propria o altrui esistenza e incolumità, induce reazioni di intensa paura, impotenza ed orrore.
Benché l’impatto, l’elaborazione del suo significato e delle conseguenze, dipendano dall’età, dalla resilienza (capacità di reagire e adattarsi, che esita da fattori soggettivi e relazionali), ci sono esperienze univocamente shockanti: lutti inaspettati, furti, incidenti stradali, ospedalizzazioni, abusi, umiliazioni, violenze psicologiche, catastrofi naturali, attacchi terroristici, aggressioni fisiche…
Vicende sicuramente diverse, ma tutte segnate dall’impossibilità di “prepararsi” a fronteggiarle e dal vissuto di impotenza della vittima. Il profondo e drammatico nucleo del trauma è l’aver subìto senza poter fare nulla, trovandosi in balìa di eventi esterni che hanno profondamente scosso la persona.
Il dolore non elaborato diventa tormento per l’anima, il ricordo che torna insistentemente paralizza e non consente di integrare il danno subìto nella continuità delle nuove e attuali esperienze.
In modo acuto o peggio cronico, si presentano pensieri intrusivi dell’evento, arousal o stato di allerta non motivato da condizioni del qui e ora, evitamento di situazioni-stimolo analoghe al trauma e che possano rievocarlo. E’ immaginabile come un tale stato di sofferenza psichica, possa inquinare e pregiudicare i consueti ambiti vitali della persona traumatizzata, nuocendo al suo equilibrio e alla sua serenità.
I traumi possono essere letti come «… gestalt bloccate ed incapacità di svincolarsi, che vengono a interferire con le nuove esperienze» (Polster, 1973)*, ancora «Situazioni incompiute provenienti dal passato, accompagnate da sentimenti inespressi mai completamente sperimentati o liberati … impediscono la nostra consapevolezza del presente e l’autentico contatto con gli altri» (Perls, Hefferline, Goodman, 1951)*. Ecco che il passato crea un blocco nel presente, offusca la consapevolezza di sé, fa perdere il ground o sfondo delle sicurezze, non permette di accedere alle risorse che ancora si possiedono, turba l’oggi con quelle antiche emozioni che si dovettero reprimere.
Un trauma è per sempre … se si resta fermi all’impotenza di allora; se non si riesce a riattraversare, liberare e condividere il dolore e la rabbia, mai sepolti; se non ci si assolve dal senso di colpa per essere rimasti inermi; se si continua a restare da soli senza cercare il sostegno che allora, non fu possibile chiedere e avere. Da psicoterapeuti ci occupiamo del “dopo” e del “come” aiutare una vittima a riaccostarsi al proprio trauma, non col fine di sopravvivere nonostante tutto, ma del tornare a vivere pienamente e con integrità, finalmente riappacificati con se stessi e con gli altri.
* cfr. G. Francesetti, M. Gecele, J. Roubal, La Psicoterapia della Gestalt nella pratica clinica, F. Angeli, 2014.