Il “gruppo” come fenomeno relazionale tra più individui, è oggetto di vastissima letteratura e di complessi studi di psicologia sociale; K. Lewin, negli anni ’50 lo definì come “una totalità dinamica, qualcosa di più e di diverso dalla somma delle sue singole parti”.
In psicoterapia, i setting di gruppo hanno riscontrata efficacia nel superamento dei malesseri esistenziali e una grande valenza nel promuovere la crescita psicologica degli individui.
Il contatto e il rapporto con gli altri, la condivisione, il confronto, la comprensione altrui, ma anche l’apprendimento interpersonale, la socializzazione, sono storicamente descritti, come alcuni tra i più importanti “fattori terapeutici di gruppo” (I. Yalom).
Riferendoci al quotidiano, famiglia/amici/colleghi, sono i gruppi nei quali maggiormente viviamo le nostre relazioni e in cui sperimentiamo i vissuti del “far parte” e al contempo del “distinguerci”; tali dinamiche psicologiche fondanti ogni esperienza umana, rispecchiano il bisogno di ciascuno di noi di appartenere e di differenziarsi, entrambi indispensabili per poter essere e diventare se stessi. Contrariamente al passato, «… oggi il gruppo è il luogo in cui ritrovare l’appartenenza più che l’autonomia, il senso di sé attraverso il contatto con l’altro, valore dimenticato dalla società efficientista post-moderna» (M. Spagnuolo Lobb).
Ebbene in questa nostra società, gravata dal peso delle solitudini e delle incomprensioni, non possiamo ignorare un fenomeno sempre più diffuso: la creazione dei “gruppi virtuali”, gli immancabili “gruppi WA”!! Non potendo analizzare le complesse dinamiche psicologiche insite ai gruppi reali, mi soffermerò solo su alcune specificità della comunicazione in quelli “virtuali”, lasciando ai lettori la riflessione sugli effetti emotivi compromettenti, che l’odierna tecnologia produce nelle già complicate relazioni interpersonali.
Nell’immediatezza della fruibilità dei messaggi, i contatti tra i membri del gruppo sono spesso caratterizzati dalla fretta e dalla co-presenza di comunicazioni in parallelo, in cui si sovrappongono informazioni e/o commenti per cui è facile non solo perdere il filo del discorso, ma soprattutto pregiudicarne la corretta comprensione, la capacità di ascolto e l’empatia; comunicare può non essere agevole per tutti, soprattutto se il gruppo è numeroso e ci si vede costretti a leggere centinaia di messaggi tutti insieme; inoltre come è implicito alla natura dei gruppi, a un certo punto si manifesta l’aggressività, che sebbene figlia del sano bisogno di non omologarsi con una identità di insieme, produce e moltiplica i litigi -ardui poi da sanare poiché manca il vis a vis-; ancora, la partecipazione al gruppo intesa come svago può facilmente transitare verso la dipendenza, col rischio di perdere il contatto con la propria realtà di vita, per farsi assorbire in un ingranaggio che, nel gruppo reale, sarebbe scongiurato da un “incontrarsi” giustamente scandito da tempi e spazi più definiti o circoscritti, nonché dalla effettiva voglia e volontà di stare insieme agli altri.
Che dire …, reale o virtuale?