La notte del 31 luglio di cento anni fa il regio sommergibile “Giacinto Pullino”, al comando del tenente di vascello Ubaldo degli Uberti, in missione nell’Adriatico settentrionale, giunto all’imbocco del Golfo del Quarnaro, per un errore di navigazione causato da una fitta nebbia e da forti correnti marine, investiva di prua lo scoglio della Secca della Galiola, arrestandosi tra gli spuntoni rocciosi. Dopo i vani e ripetuti tentativi di disincagliare il sommergibile, l’equipaggio, non prima di avere distrutto i documenti, manomettere le apparecchiature di bordo e predisporre l’autoaffondamento, abbandonò l’unità, mettendosi in salvo su di un’imbarcazione a vela sottratta ai guardiani del vicino faro di segnalazione. Tra i marinai del “Pullino” vi era anche l’irredentista, tenente di vascello Nazario Sauro, istriano di nascita, il quale, subito dopo l’incaglio del sommergibile, da solo, si allontanò volontariamente su di una piccola imbarcazione a remi nel tentativo di raggiungere la terraferma. In realtà, egli, essendo consapevole di essere ricercato dagli austriaci, e punibile con la pena capitale, decise di darsi alla fuga per non mettere ulteriormente a repentaglio la vita i suoi compagni di bordo. Ciò nonostante, l’intero equipaggio italiano fu fatto prigioniero compreso l’Ufficiale Sauro, il quale, tradotto a Pola, e dopo un processo sommario fu condannato alla pena di morte per alto tradimento, mediante l’impiccagione. Per il sommergibile di piccola crociera “Pullino” questa fu la sua 32ª e ultima missione. L’incidente avvenne mentre attraversava il braccio di mare del Quarnaro, diretto nella città austriaca di Fiume per un’azione di disturbo contro navigli, nel porto dalmata. Abbiamo chiesto allo storico navale Virginio Trucco (1) di parlarci dell’incaglio del sommergibile Pullino avvenuto tra le isole Galiola ed Unie, nei pressi di Fiume.
«Il Regio sommergibile Giacinto Pullino (2), costruito presso il Regio arsenale di Spezia e consegnato nel 1913, alle 10.00 del 30 luglio parte da Venezia per la sua 32^ missione di guerra al comando del T.V. Ubaldo degli Uberti, alla sua 4ª missione al comando del battello. A bordo si trova l’infaticabile T.V. Nazario Sauro che per la sua conoscenza della costa nemica imbarca come pilota, questa è la sua seconda missione a bordo del battello, la prima effettuata fra il 3 e 4 luglio portò al danneggiamento del piroscafo “San Mauro”. Quel 30 luglio, per uno di quei strani presentimenti che spesso vengono agli uomini di mare, il comandante Ubaldo degli Uberti lasciò ad un collega un biglietto da consegnare alla moglie nel caso non fosse tornato. Usciti da Venezia, il battello iniziò la navigazione verso Fiume, la sua missione era di porsi in agguato all’uscita dal porto per attaccare il traffico mercantile nemico, la rotta prevedeva il passaggio fra lo scoglio della Galiola e l’isola di Unie, una rotta sicura da attacchi nemici, ma pericolosa a causa delle forti correnti che rendevano difficile la navigazione. Al tramonto del 30, iniziò ad alzarsi la nebbia, che con il passare delle ore diventa sempre più fitta, la navigazione procede con cautela, nella torretta, Sauro, il comandante Ubaldo degli Uberti, che tiene personalmente la ruota del timone, l’ufficiale in seconda Carlo Alberto Coraggio, scrutano la nebbia, un marinaio di vedetta si arrampica sul periscopio nella speranza di poter vedere meglio. Alle ore 00.25 del 31 luglio, viene avvistata una sagoma bianca scambiata per la scia di una nave da guerra, il comandante ordina di arrestare i motori e mette tutta la barra a sinistra, improvvisamente si intravede la sagoma di un faro e si ode un rumore di strisciamento, una violenta scossa, il battello si sbanda fortemente sulla sinistra e si ferma. Il sommergibile spostato da una forte corrente è incagliato sulla Secca della Galiola a 60 m dalla riva, per il resto della notte l’equipaggio tenta di disincagliare il mezzo, si vuotano le casse dell’acqua dolce, tutti i pesi non necessari si buttano a mare, viene persino espulso un siluro nel tentativo di alleggerire il battello ma tutto è inutile. All’alba l’avvistamento di alcune imbarcazioni nemiche che si dirigono verso Unie fanno perdere le speranze di salvare il battello. Ubaldo degli Uberti decide di abbandonare il sommergibile, ma prima distrugge la bandiera i cifrari i documenti e tutta la strumentazione del battello, fa aprire tutte le prese a mare e provoca delle vie d’acqua per far affondare il battello, nel mentre un uomo dell’equipaggio raggiunge la riva a nuoto e si impossessa di un battellino a remi e torna a bordo, con questo l’ufficiale in seconda con alcuni marinai, raggiungono una spiaggia, dove si impadroniscono della barca a vela dei guardiani del faro, e tornano al battello. Nazario Sauro conscio del fatto che se catturato rischia di essere processato e giustiziato, si allontana da solo sul battellino a remi, nel tentativo di raggiungere la costa italiana, il comandante Ubaldo degli Uberti dopo aver liberato un piccione che portò a Venezia la notizia dell’incaglio, con tutto l’equipaggio si allontana sulla barca a vela tentando il rientro. Purtroppo l’allarme è stato lanciato, alle 7.30 la barca a vela viene avvistata da due torpediniere nemiche che gli intimano di fermarsi con un colpo a prua, vengono lanciati gli ultimi piccioni con la notizia della cattura. Purtroppo anche Sauro viene catturato, riconosciuto, viene processato ed impiccato il 10 agosto. Gli austriaci, non vogliono perdere l’occasione di recuperare una così allettante preda, il giorno 1 agosto, arriva da Pola la nave recupero “Hercules” scortata dalle siluranti “Magnet” e “Trabant”, il “Pullino” è disincagliato ed inizia il rimorchio verso Pola, a causa delle vie d’acqua aperte dall’equipaggio, il battello inizia ad appesantirsi, il cavo di rimorchio si spezza ed il sommergibile affonda su un fondale di 56m ad 1.5 miglia dalla Galiola. Il giorno 2 arriva sul posto il sommergibile “Salpa”, inviato dalla Regia Marina a distruggere il “Pullino”, ma nonostante si avvicini a meno di 700m dall’isolotto, non trova traccia del battello, mentre rientra a Venezia, avvista la torpediniera austriaca “Magnet” e gli lancia contro un siluro che gli asporta la poppa e provoca 22 morti. Gli austriaci non demordono ed inviano sul posto due potenti pontoni da sollevamento con l’Hercules, il tutto scortato dalle torpediniere 4T, 6T e 50T, gli italiani venuti a conoscenza della cosa tramite l’intercettazione dei messaggi, inviano il sommergibile “Argo” con l’ordine di impedire il recupero. Giunto sul posto l’Argo lanciò i suoi siluri contro i pontoni, ma dato il loro scarso pescaggio, i siluri passano sotto le chiglie senza provocare danni, subito dopo ingaggia il combattimento con la 50T e si allontana per il rientro inseguito dalle torpediniere, i pontoni pensando alla presenza di altri sommergibili rientrano a Lussinpiccolo. Gli austriaci mettono a punto un accurato piano di recupero, ma senza metterlo in pratica a causa delle molte risorse necessarie. Nel 1929, il piano di recupero viene ritrovato presso l’arsenale di Pola ora diventato italiano, nel settembre dello stesso anno la Regia Marina intraprende il recupero del sommergibile, il 19 marzo partono da Pola i rimorchiatori “Marettimo” e “Parenzo” assieme al Regio Dragamine N°4 con un potente pontone capace di sollevare 250 tonnellate e 4 palombari. Individuato il relitto del “Pullino”, i palombari imbracano il sommergibile a prua e poppa e alle 19.30 del 20 settembre il relitto viene sollevato ad una quota di 20m ed inizia la lenta navigazione verso Pola, la sera del 21 il pontone viene ormeggiato all’interno del porto alla boa 37, al mattino iniziano le operazioni per portare il relitto ad una quota di 10m in modo tale da poterlo immettere in bacino, ma improvvisamente il cavo di poppa cede ed il sommergibile affonda ad una quota di 30m. Occorre aspettare circa due anni, prima che le operazioni di recupero riprendano, nel febbraio del 1931 lo scafo è sollevato fino a 12m dalla superficie ed immesso in bacino. Il giorno seguente sistemate le taccate, il bacino viene vuotato ed il relitto appare integro anche se ricoperto di alghe e incrostazioni marine, vengono aperti i portelli per areare il battello ed una prima ricognizione avviene il 4 marzo, i locali interni nonostante gli anni trascorsi sott’acqua appaiono ancora in buono stato, inizia il lavoro di ripulitura, durante il quale il giorno 6 avviene un’esplosione provocata dai vapori di nafta sprigionatisi da un locale fino allora rimasto chiuso, l’esplosione provoca il ferimento di 4 uomini, pensando ad un incendio il battello viene di nuovo allagato. Prosciugato, il battello viene ormeggiato al molo Carbone, proprio dove nel 1916 sbarcò il suo equipaggio catturato, in attesa di decidere cosa farne, fu deciso per la demolizione, ma prima furono recuperate l’ancora, la ruota del timone e la torretta, che fu donata alla città di Capodistria (città natale di Nazario Sauro), che la pose nel cortile interno del liceo “Carlo Combi” dove rimase fino al settembre del 1952, quando l’amministrazione Jugoslava demolì il monumento inviando la torretta in fonderia».
(1) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A. Lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).
(2) Caratteristiche del sommergibile di piccola crociera Giacinto Pullino: Dislocamento: 355t in superficie; 405t in immersione. Dimensioni: lunghezza 42.30m; larghezza 4.17m; immersione 3.69m. Apparato motore. In superficie 2 motori diesel Fiat da 1460CV in immersione; 2 motori elettrici Savigliano da 520CV. Velocità massima: in superficie 14 nodi; in immersione 10 nodi. Autonomia: in superficie 600mg a 14 nodi, 2700mg a 8 nodi. In immersione 2.5mg a 10 nodi; 170mg a 2.5 nodi. Armamento: 2 tls da 450mm a prua; 2 tls da 450mm a poppa; 2 ls in gabbia da 450 in coperta; 8 siluri. Equipaggio: 2 ufficiali e 17 sottufficiali e comuni. Profondità operativa: 50m. Costruttore; Regio arsenale di La Spezia.
Testi consultati da Virginio Trucco: La travagliata fine del Pullino 1916-1931. Aldo Cherini; Associazione marinara Aldebaran Trieste. La grande Guerra in Adriatico di Lucio Martino il Cerchio iniziative editoriali. Foto a corredo dell’articolo sommergibile Giacinto Pullino, tratta dal sito Navi e Armatori.
Giuseppe Longo
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