Professore pagato per non fare nulla scrive al ministro

«Vengo pagato per non lavorare e mi vergogno profondamente per chi invece fatica ogni giorno per guadagnarsi da vivere». A parlare è Daniele Costantino, docente di filosofia palermitano, che ha scritto una lettera aperta al ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, al premier Paolo Gentiloni e al presidente della Repubblica. Costantino, 42 anni, è un insegnante di scuola superiore in servizio da undici, da tempo residente in Piemonte per motivi di lavoro. La scorsa estate ha chiesto e ottenuto il trasferimento da Biella. Le sue ambizioni lo hanno portato infatti a chiedere il trasferimento a Torino, dove è stato assegnato allo storico ginnasio Vittorio Alfieri. Il trasferimento da una città piccola ad una grande realtà, però, si è rivelato un boomerang. «Oggi passo 18 ore a settimana a scuola senza fare nulla, aspettando invano in sala professori – spiega l’insegnante in un’intervista rilasciata a Repubblica – Quasi ogni giorno vado a scuola, timbro il cartellino, chiedo ai bidelli se ci sono sostituzioni da fare e aspetto. Quando mi alzo alle sei, la mattina, spero sempre che sia solo un incubo ma le cose vanno avanti così da quattro mesi».
Originario di Marineo Costantino non può insegnare: dopo il trasferimento era risultato in una classe diversa di quella dei professori di storia e filosofia. Questo perché era stato inserito tra i professori di potenziamento, ovvero i docenti aggiuntivi che si occupano di ampliare l’offerta formativa attraverso lezioni extra e corsi di recupero. E Costantino punta il dito proprio contro il sistema del “potenziamento” introdotto nel 2015 dalla Buona scuola per far svolgere a un corpo di docenti aggiuntivi attività di recupero, ampliare e migliorare l’offerta formativa. «E’ una bella idea solo sulla carta – dichiara l’insegnante – perché in realtà vuol dire stare a disposizione 18 ore a settimana, senza un progetto, senza un posto né compiti precisi. Il mio è uno pseudo-lavoro da tappabuchi. Che senso ha sprecare soldi così? Mi sta passando anche la voglia di lamentarmi. Che senso ha sprecare i soldi in questo modo? Spero che qualcuno mi risponda per dirmi se si tratta di un problema generale, della Regione o della scuola. E, soprattutto, per dirmi se potrò riavere indietro il lavoro per cui ho studiato. Se posso andrò in una scuola dove poter dare un contributo attivo. Non voglio abituarmi a pensare al lavoro unicamente come fonte di stipendio».

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