Intervista sul Corriere della Sera a Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo ucciso il 19 luglio del 1992. Fiammetta si prepara oggi a una audizione in Commissione antimafia a Palermo. «Consegnerò – dice – inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio». Fiammetta è la più piccola dei tre figli di Paolo. «Questo abbiamo avuto: un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, altri… Chiamarla così è un complimento. Mio padre fu lasciato solo in vita e dopo. Dovrebbe essere l’intero Paese a sentire il bisogno di una restituzione della verità. Ma sembra un Paese che preferisce nascondere verità inconfessabili». Fiammetta dice che i magistrati in servizio al momento della strage di Capaci non hanno mais entito suo padre. «Dopo via D’Amelio, riconsegnata dal questore La Barbera la borsa di mio padre pur senza l’agenda rossa, non hanno nemmeno disposto l’esame del Dna. Non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine. Il dovere di chi investigava era di non alterare i luoghi del delitto. Ma su via D’Amelio passò la mandria dei bufali».
E Fiammetta nell’intervista aggiunge ancora: «A mio padre stavano a cuore i legami tra mafia, appalti e potere economico. Questa delega gli fu negata dal suo capo, Piero Giammanco, che decise di assegnargliela con una strana telefonata alle 7 del mattino di quel 19 luglio. Ma pm e investigatori non hanno mai assunto come testimone Giammanco, colui che ha omesso di informare mio padre sull’arrivo del tritolo a Palermo…». Poi la figlia di Paolo Borsellino svela: «Nessuno si fa vivo con noi. Non ci frequenta più nessuno. Né un magistrato. Né un poliziotto. Si sono dileguati tutti. Le persone oggi a noi vicine le abbiamo incontrate dopo il ’92. Nessuno di quelli che si professavano amici ha ritenuto di darci spiegazioni anche dal punto di vista morale. Nessuno. E con la morte di mia madre, dopo che hanno finito di controllarci, questo deserto è più evidente». E alla domanda del giormalista: “Ha suscitato grande emozione il suo intervento la sera del 23 maggio durante la diretta di Fabio Fazio” Fiammetta risponde: «Dopo la mia esternazione non c’è stato un cane che mi abbia stretto la mano. Fatta eccezione per alcuni studenti napoletani e Antonio Vullo, l’agente sopravvissuto in via D’Amelio. Grande la sensibilità di Fazio. Ma nelle due ore successive mi sono seduta e ho ascoltato. Non sono Grasso che arriva, fa l’intervento e va. C’erano giornalisti, uomini delle istituzioni, intellettuali palermitani. Da nessuno una parola di conforto».
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