«Una domenica mattina del 1994, erano circa le 12:45 da casa mia si sentirono le sirene. Si dirigevano al lungomare, ci guardammo impauriti con mio figlio Domenico e spinti dalla curiosità ci recammo sul lungomare». A parlare è Antonio Liberto. Sul lungomare trova le ambulanze ferme alla quarta scal . Il mare era agitatissimo e da lontano si vedevano 3 uomini che si allontanavano dalla battigia. Una signora gridava “aiuto”. Libero si avvicina e apprende che era la sorella di uno dei malcapitati natanti. Un bagnino del lido Poseidon si avvicina e chiede di tenergli i suoi effetti personali. Insieme ad un altro collega si butta in acqua. La situazione purtroppo presto degenera.
Antonio Liberto istintivamente senza riflettere e non pensando alle conseguenze decide di fare qualcosa. Lascia i suoi oggetti personali al figlio e decide di buttarsi per dare soccorso. Filippo Baccellieri che si trovava accanto a lui gli tira un cordino che viene usato per le “calome” quando si effettua la pesca dei caponi – lampughe. Si butta in mare per tentare di raggiungere le persone in difficoltà che erano ormai in balia delle onde. Raggiunge la più lontana perché era quella che mostrava più difficoltà. Era un ragazzo. Liberto gli tira il cordino. Presto si attaccano anche gli altri due malcapitati. Liberto segnala a Filippo di tirare la corda e resta solo a lottare con la corrente. «Era difficile rientrare – ricorda – ma riuscii anch’io a rientrare a riva. Fui felice nel constatare che i tre bagnanti erano salvi. Andai a trovarli poi in ospedale per vedere e constatare le condizioni dei malcapitati bagnanti. La mia più grande soddisfazione è stato il caloroso “grazie” dei parenti, dei carabinieri e degli stessi salvati. Nella mia mente resterà sempre quella terribile giornata che fortunatamente si è conclusa con un lieto fine».